Somiglia a una cabina telefonica. Solo che è una gabbia, ideata per trasportare il lavoratore nel magazzino e proteggerlo. È un brevetto depositato da Amazon nel 2016, rispuntato in uno studio di Kate Crawford (New York University) e Vladan Joler (Università di Novi Sad) sull'intreccio tra etica e intelligenza artificiale.
Come funziona “la gabbia”
La postazione di lavoro è dotata di una pedana in grado di muoversi. Ha un braccio mobile per maneggiare i pacchi e un joystick per manovrarlo. L'accesso avviene tramite una semplice porta, dotata di una serratura che si sblocca digitando un codice. Gli obiettivi sarebbero due: trasportare il magazziniere e consentirgli di lavorare in sicurezza in un ambiente ibrido, fianco a fianco con macchine autonome. Una visione che, in meno di due anni, sembra già superata dall'evoluzione del settore.
I precedenti di Amazon
La gabbia, però, fa impressione. Il progetto era passato, come molti altri brevetti, sotto silenzio. Ma la sua scoperta e l'idea di un uomo imprigionato ha provocato parecchio clamore. Anche perché Amazon non è un'azienda come le altre. Sono molte i reportage sulle condizioni di lavoro nei magazzini, sullo stress dei dipendenti. E non è la prima volta che un brevetto del gruppo fa discutere. All'inizio dell'anno si era parlato di un braccialetto elettronico da tenere al polso dei dipendenti, per tracciare i loro movimenti.
Tutto si era risolto con l'intervento del governo, dichiaratosi contrario, e con la replica di Amazon, non intenzionata a introdurre quella tecnologia nei magazzini (anche se comunque l'attività dei lavoratori è già in parte monitorata attraverso gli scanner usati per gestire la merce).
Un brevetto già superato
Anche questa volta, a proposito della gabbia, si è fatta sentire Amazon. Ha parlato (anzi, ha scritto su Twitter) il vicepresidente Dave Clark, affermando che il gruppo ha già messo da parete il brevetto. “A volte anche le cattive idee vengono registrate. Questo brevetto non è mai stato utilizzato e non abbiamo in progetto di utilizzarlo”. Anche perché l'idea di proteggere un uomo da un robot con una gabbia sembra già anacronistica. “Abbiamo sviluppato – continua Clark - una soluzione di gran lunga migliore, che può essere indossata da un piccolo giubbotto che causa l'arresto di tutte le unità di trasmissione robotizzate nelle loro vicinanze”.