Il tentativo di Trump di isolare Teheran, uscendo dall'accordo sul nucleare e costringendo i Paesi europei a digerire nuove sanzioni con la minaccia di colpire anche loro, rischia di essere controproducente per due motivi principali. Il primo è che, se il greggio iraniano smettesse di fluire nel vecchio continente (che conta per il 40% delle esportazioni iraniane), il risultato sarebbe un probabile rialzo dei prezzi a livello globale, che potrebbe vanificare gli sforzi di Washington per spingere l'Arabia Saudita, la grande rivale dell'Iran nel risiko del Medio Oriente, ad aumentare la produzione al fine di abbassare le quotazioni. Il secondo è che uno dei maggiori produttori mondiali di idrocarburi rinuncerebbe una volta per tutte a guardare a Ovest (magari con una leadership più intransigente e antioccidentale in luogo del moderato Rohani) per entrare in maniera forse definitiva nell'orbita russo-cinese.
Se la Cina è il più grande consumatore di greggio iraniano (600 mila barili al giorno al dicembre 2017), i rapporti con Mosca non sono solo di natura economica. I militari iraniani sono intervenuti in Siria accanto al Cremlino per difendere il governo di Assad, sebbene ora i russi inizino a vedere la loro ingombrante presenza come un ostacolo per la stabilizzazione del Paese. E di fattura russa sono le tecnologie che hanno consentito alla Repubblica Islamica di modernizzare la propria economia, nonché di lanciare il proprio controverso programma nucleare. È in questo contesto che Mosca sarebbe pronta a lanciare un piano di investimenti da 50 miliardi di dollari nell'industria del petrolio e del gas iraniana. Investimenti che consentirebbero di risolvere i problemi di obsolescenza del settore energetico del Paese. Alla Federazione, che è un altro importante produttore, non interessano tanto gli idrocarburi iraniani. Interessano le sinergie, le reti, la possibilità di una progressiva integrazione.
Cooperazione tecnica e militare
Ad annunciare le intenzioni di Mosca al Financial Times è stato Ali Akbar Velayati, consulente per gli Affari Internazionali della Guida Suprema Ali Khamenei. Nei giorni scorsi Velayati è stato in missione a Mosca, dove ha avuto anche un colloquio con Putin. "La cooperazione tecnica e militare con la Russia è di enorme importanza per l'Iran", recita una nota del Cremlino, "la discussione si è concentrata sulla cooperazione russo-iraniana nonché sulla situazione nella regione, inclusi gli sviluppi in Siria. Le parti hanno riconfermato il loro impegno per il Jcpoa", ovvero l'accordo sul nucleare iraniano che Trump vuole smantellare.
Una grande compagnia petrolifera russa, ha spiegato il funzionario iraniano, ha già firmato un accordo da 4 miliardi di dollari e i due colossi energetici pubblici Rosneft e Gazprom hanno avviato trattative con il ministero del Petrolio iraniano per contratti fino a 10 miliardi di dollari. È invece stato firmato pochi mesi fa un accordo tra un consorzio russo-iraniano, composto da Zarubezhneft e dalla compagnia iraniana Dana Energy, e la National Iranian Oil Company (NIOC) per il rilancio dei giacimenti di Aban e Payder, con un investimento totale previsto a 740 milioni di dollari. Il ministro dell'Energia di Mosca, Alexander Novak, ha invece fatto sapere di avere allo studio un accordo che preveda la consegna di prodotti finiti a Teheran in cambio di petrolio.