Di Maio sta pensato ai dazi 'all'italiana'. Lo afferma La Stampa che dedica un ampio retroscena alle parole, sibilline, pronunciate dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico durante l'assemblea di Confartigianato.
Ma cosa ha detto il capo politico di M5s per spingere a pensare che sia lui - e non Matteo Salvini con la sua politica contro i migranti - il vero emulo di Donald Trump sull'italico suolo? "Non ho detto che voglio mettere i dazi, ma non devono essere più un tabù" ha affermato, "Difendere al massimo il Made in Italy" e spingere l’Europa "a fare qualche sforzo in più" contro la concorrenza sleale.
Secondo il quotidiano di Torino, l’Italy First grilloleghista "è un’idea in evoluzione, l’incrocio di pensieri economici differenti, anche opposti, che cercano un sintesi che sembra impossibile". Sullo sfondo c’è sempre la sfida per l’egemonia sul governo tra Salvini e Di Maio. Entrambi cavalcano le derive della globalizzazione.
Contro i pomodori marocchini, l’olio tunisino e le arance egiziane Di Maio ha fatto grande raccolta di voti al Sud, tra i coltivatori della Sicilia. E ora si riprende la scena, strappando dalle mani a Salvini una materia che è di competenza del ministro dello Sviluppo economico. Prima le sanzioni, contenute nel decreto Dignità, alle aziende che ricevono finanziamenti pubblici e delocalizzano anche in Europa. Ora i dazi: "Chiudere con quei Paesi che minacciano le nostre specialità con i prodotti a basso costo".
La filosofia economica dei 5 Stelle
"Si tratta di sfruttare misure che si possono realizzare anche all’interno del mercato unico europeo e che permettono un maggiore margine di protezione a singoli Paesi membri qualora venga ravvisato un dumping ambientale, sociale e fiscale" spiega a La Stampa Lorenzo Fioramenti, deputato-economista, già consigliere di Di Maio, oggi sottosegretario al ministero dell’Istruzione. In effetti da tempo l’Ue sta lavorando per arginare queste violazioni. Dopo aver imposto dazi a oltre 50 prodotti cinesi, nel novembre 2017 gli eurodeputati hanno adottato regole ancora più severe, rinforzate lo scorso maggio: "Ben vengano - aggiunge Fioramonti - riforme più compatibili con le produzioni locali, a misura d’ambiente e a svantaggio di quelle internazionali".