“Dopo le navi delle Ong, potremmo fermare anche quelle che arrivano nei nostri porti cariche di riso cambogiano”: è l’obiettivo del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha parlato così in un’intervista al Corriere della Sera."Siamo assolutamente a fianco della Coldiretti”, ha detto Salvini aggiungendo: "Siamo pronti a bloccare le navi cariche di riso asiatico”. Ma a cosa si riferisce nello specifico?
“Dall’Asia la metà del riso importato in Italia”
Per l’associazione è di fondamentale importanza fermare le importazioni di riso asiatico a dazio zero che stanno facendo concorrenza sleale alle produzioni nazionali e comunitarie. Stando ai dati, nell'ultimo anno - sostiene Coldiretti - sono arrivati in Italia 22,5 milioni di chili di riso da Cambogia e Birmania. Una quantità tale da dimezzare sostanzialmente le quotazioni riconosciute agli agricoltori italiani, giunte a "livelli insostenibili". "Un pacco di riso su quattro venduto in Italia - spiega la Coldiretti - contiene prodotto straniero con la produzione asiatica che rappresenta circa la metà del riso importato in Italia. Non c'è dunque tempo da perdere per salvare la risicoltura italiana da una situazione in cui nell'ultimo anno i prezzi riconosciuti agli agricoltori italiani hanno fatto registrare contrazioni consistenti per le principali varietà di riso, quali:
- -58 % per l'Arborio
- -57 % per il Carnaroli
- -41 % per il Roma
- -37% per il Vialone Nano
Una caduta che dura da 10 anni
“Tutto è cominciato alla fine degli anni Ottanta – ha raccontato al Sole24Ore il risicoltore Alessandro Beccaro - in Europa mancava la varietà Indica, quella a chicchi allungati per intenderci. Veniva tutta importata da fuori, ma era la più consumata nel Nordeuropa, che la usa come contorno. Così la Ue cominciò a dare incentivi a chi seminava questo riso. Io ho iniziato così”. E come lui molti altri. Racconta Paolo Carrà, presidente dell’Ente nazionale risi: “Fino al 1982 in Italia il riso occupava 169 mila ettari, nel 2011 siamo saliti a 247 mila: i 70 mila in più sono tutti nuovi campi ricavati per la varietà Indica. Per molti anni va tutto bene, i risicoltori italiani passano dalle 300 mila tonnellate esportate nel 2004 alle 600 mila del 2008. Poi, arrivano gli accordi con i Paesi in via di sviluppo del Sudest asiatico. Così entrano in Europa 10 mila tonnellate di riso a chicco lungo nel 2008 e ben 370 mila del 2016”, spiega Carrà. “Un’invasione. E il prezzo crolla. A quel punto, i risicoltori italiani che avevano imboccato la via dell’Indica tornano sui loro passi e ricoltivano le varietà nazionali. Ma il mercato italiano è quello che è, più di tanto risotto non può mangiare. E così, per eccesso di offerta, crolla anche il prezzo del carnaroli e dell’arborio”.
“Ue non favorisca importazioni”
Secondo Coldiretti, la crisi è drammatica e mette a rischio il primato nazionale in Europa dove l'Italia è il primo produttore di riso con 1,50 milioni di tonnellate su un territorio coltivato da circa 4 mila aziende di 234.300 ettari, che copre circa il 50 % dell'intera produzione Ue con una gamma varietale del tutto unica. Seguono:
- Spagna
- Francia
- Portogallo
- Grecia
- Romania
- Bulgaria
- Ungheria
"Non è accettabile che l'Unione Europea continui a favorire con le importazioni lo sfruttamento e la violazione dei diritti umani nell'indifferenza generale", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare "è invece necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l'ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore. Bisogna fare presto - conclude - per chiudere l'inchiesta e attivare la clausola di salvaguardia per affrontare concretamente una crisi che già da troppo tempo compromette il futuro di migliaia di risicoltori e delle loro famiglie”.
Ma si possono fermare i ‘barconi’ di riso asiatico?
Se lo chiede il Corriere che prova a fare il punto. Le importazioni nella Ue a dazio zero di riso lavorato proveniente dalla Cambogia e da Myanmar (Birmania) sono regolate in base agli accordi europei Era che anche l’Italia, in quanto Stato membro dell’Unione, è tenuta a rispettare.
Cos’è l’Eba
Dal primo settembre 2009 c’è la piena liberalizzazione delle importazioni di riso lavorato senza limiti qualitativi e a dazio zero da una lista di Paesi meno avanzati (Pma) . La Cambogia gode dell’esenzione dei dazi per l’esportazione di riso verso la Ue dal settembre 2009 mentre il Myanmar dal giugno 2013 (con effetto retroattivo dal 2012). Con il Vietnam è stato firmato un accordo di libero scambio nell’agosto 2015 con un tetto però alle importazioni a dazio zero. L’obiettivo della politica che sta alla base del sistema delle preferenza tariffarie generalizzate (Spg) della Ue è aiutare i beneficiari a integrarsi meglio nel commercio mondiale, contribuendo al loro sviluppo attraverso riduzioni dei dazi doganali per determinati prodotti importati nel mercato europeo.
Nell’ambito dell’attuale regime speciale a favore dei Pma, i dazi della tariffa doganale comune sono aboliti per tutti i prodotti provenienti da una serie di Paesi (regolamento delegato Ue n. 1421/2013) tranne per le armi e le munizioni, secondo il principio conosciuto con l’acronimo inglese Eba: Everything but arms (Tutto tranne le armi).
L’Italia cosa ha fatto finora per proteggere i propri risicoltori?
Il 16 febbraio scorso l’allora ministro dello Sviluppo Carlo Calenda insieme all’allora ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina hanno presentato ufficialmente alla Commissione europea, con il sostegno di altri sette Paesi che hanno attività di produzione di riso nell’Ue (Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Romania, Bulgaria e Ungheria), la richiesta di attivare la clausola di salvaguardia sulle importazioni del riso Indica originario dalla Cambogia e dal Myanmar perché queste importazioni hanno causato serie difficoltà ai produttori dell’Unione europea di riso Indica. Il 16 marzo la Commissione Ue ha pubblicato l’avviso dell’apertura di un’inchiesta che dovrà concludere con una decisione entro 12 mesi, anche se può adottare degli atti prima di quella scadenza.