Non solo il vino. Ai cinesi piace sempre di più anche il formaggio italiano. Quello vero. A parlare sono i numeri: le esportazioni dei prodotti caseari verso la Cina sono cresciute del 27% nel 2017. Il massimo storico.
Mentre lo scontro tra Stati Uniti e Cina sul commercio continua a produrre forti attriti tra le due sponde del Pacifico, a trarre vantaggi dalla guerra commerciale potrebbe essere questa volta il gorgonzola Made in Italy. Lo dice un’analisi della Coldiretti su dati Istat divulgata dopo l’annuncio del governo cinese di contro-dazi su una serie di prodotti americani, in risposta al rinnovato protezionismo dell’amministrazione targata Donald Trump. Una contromisura della stessa portata della rappresaglia americana che colpisce una lista di prodotti tecnologici cinesi per un importo di 50 miliardi di dollari.
Tra i due litiganti il terzo gode.
Sì perché nel mirino dei nuovi balzelli cinesi - che entreranno in vigore a partire dal 6 luglio (659 merci dal valore di 50 miliardi di dollari che verranno soggetti a tariffe del 25%) - figura una vasta gamma di prodotti agroalimentari a stelle e strisce. C’è un po’ di tutto: dai formaggi alla soia, dal mais al grano, dallo yogurt al burro, dal riso alla carne di maiale e di manzo; fino a pollame, pesce, nocciole e frutta e verdura come arance, patate, pomodori, asparagi, melanzane.
Si aprono così interessanti opportunità per le esportazioni italiane. A partire dai formaggi che l’anno scorso hanno toccato il record delle vendite nel mondo: 412 milioni di chili. In Cina – appunto – la crescita è stata a doppia cifra. Coldiretti è convinta che l'Italia potrebbe sostituire l'offerta degli Stati Uniti nel mercato cinese.
In fondo gli americani un po’ se lo meritano, suggerisce l'associazione. Non sono loro i maggiori produttori di formaggi contraffatti? Inondano i supermercati di falsi: dal ‘parmesan’ al provolone, dall'asiago al gorgonzola. La Confederazione è in perfetta sintonia con la boutade sovranista di Matteo Salvini contro l’italian sounding: la contraffazione dei prodotti italiani. “Dopo le navi delle ong, potremmo fermare anche quelle che arrivano nei nostri porti cariche di riso cambogiano. Io sono assolutamente a fianco della Coldiretti”, ha detto il vice premier e ministro dell'Interno in un'intervista al Corriere della Sera.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare. I dazi cinesi avranno l'effetto di riaprire alle specialità italiane spazi sugli scaffali sino ad oggi ingiustamente usurpati dalle imitazioni americane, dice Coldiretti.
Non finisce qui. Grandi vantaggi si profilano all’orizzonte anche per il settore ortofrutticolo. Soprattutto per i kiwi e gli agrumi, su cui le autorità cinesi hanno dato il via libera dopo la rimozione nel 2016 del bando sulle carni suine italiane (in vigore dal 1999).
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Del resto il 2017 è stato l’anno doro per l'export agroalimentare italiano in Cina, che ha segnato una crescita del 18% e più di 460 milioni di euro in valore. Non solo. 1,4 milioni di turisti cinesi hanno visitato l’Italia, scoprendo un’enorme ricchezza agroalimentare forte di 292 tesori Dop e Igp, 523 vini Docg, Doc e 5.047 specialità alimentari tradizionali.
Certo, per alcuni prodotti – pere, mele, erba medica disidratata - resta da superare l'ostacolo delle barriere fitosanitarie imposte da Pechino.
Ma una guerra commerciale è per principio una calamità da scongiurare. A fronte delle opportunità per il cibo tricolore, l'estendersi della guerra dei dazi ai prodotti agroalimentare tra le due maggiori economie del mondo – dice Coldiretti - apre scenari inediti e preoccupanti nel commercio mondiale di alcuni prodotti base: dalla soia al sorgo fino alla carne.