Nessun accenno alla politica, né al governo. L’unica eccezione è una breve dichiarazione alle telecamere dove dice solo: "Sono molto contento che si sia sbloccata questa situazione e sono sicuro che Giuseppe Conte sarà all’altezza della situazione. Gli faccio un grande augurio di portare avanti il suo compito con serietà e professionalità, che penso abbia". Ma a margine della presentazione del suo rapporto sull'e-commerce in Italia, Davide Casaleggio, 42 anni, amministratore delegato della Casaleggio Associati e titolare dell'associazione proprietaria della piattaforma Rousseau, si lascia avvicinare per qualche minuto e si concede a qualche domanda. Non su questioni politiche, ma solo scenari sul mercato del digitale in Italia che per Casaleggio ha un grande potenziale. E dal suo osservatorio traccia alcune direttrici per farlo esprimere appieno.
Non c'è digitale senza Internet, e nel programma del cambiamento del prossimo governo si parla di Internet gratuito per tutti, è fattibile?
"Credo che Internet debba essere accessibile a tutti, è un bene fondamentale, come l'acqua. Senza Internet non potremo sviluppare né la nostra conoscenza personale, né le nostre imprese. E legato al tema del diritto di accesso per tutti a Internet ci sono molti temi, come quello della cittadinanza digitale, su cui lavoreremo nei prossimi giorni. Certo è che bisogna capire come dare a tutti accesso alla rete".
A proposito di Internet e imprese, l'Italia non è riuscita in questi anni ad aumentare i propri investimenti in startup e in innovazione. Cosa andrebbe fatto?
"L'Italia ha grandi potenzialità ma per far crescere il mercato dell'innovazione credo dovremmo partire da un coordinamento nazionale che razionalizzi i vari investimenti fatti a livello locale, spesso fatti da finanziarie regionali e fondazioni bancarie. Il modello che dovremmo valutare è quello francese, che ha portato Parigi sul tetto d'Europa per investimenti in startup. Sono sicuro che anche l'Italia può fare lo stesso. L'e-commerce, come racconta il nostro rapporto, oggi vale 35 miliardi di euro, ma il mercato dell'innovazione e del digitale non ha ancora espresso il suo potenziale. Per farlo, secondo noi, serve una strategia nazionale in cui si coinvolgano le grandi aziende italiane con programmi di open innovation (ovvero accordi tra grani aziende e nuove società digitali, ndr) e corporate venture capital (cioè investimenti diretti nel capitale di imprese innovative, ndr), in maniera tale da favorire il mercato degli investimenti, e poi quello delle exit".
È una tesi piuttosto dibattuta da anni, ma finora non si è riusciti a farlo.
"Credo che la strada passi da una riorganizzazione dei finanziamenti fatti a livello regionale dalle finanziarie, sarebbe un primo passo per sviluppare questo mercato. Oggi ci sono molte finanziarie che investo piccole somme in molte startup. E spesso si tratta di investimenti a cui non seguono altri investimenti più cospicui, magari fatti da privati, quelli che poi davvero permettono alle neo imprese innovative di crescere. A queste imprese dopo un po' manca liquidità e servono investimenti da diversi milioni di euro per continuare a sviluppare le loro tecnologie dopo le fasi iniziali della loro vita d'impresa".
Cosa fare quindi?
"Cercare di fare in Italia quello che è riuscita a fare la Francia con l'istituzione della Bpifrance (la banca pubblica di investimento francese, ndr). Loro soffrivano dello stesso problema italiano e, proprio attraverso una razionalizzazione delle finanziarie regionali, sono riusciti a creare un percorso di sviluppo delle aziende. Il pubblico investe nelle fase iniziali, ma in modo più cospicuo e strutturato, così si porta il privato a investire nelle fasi successive della vita aziendale. Un'altra soluzione potrebbe venire dal coinvolgimento delle fondazioni bancarie. Oggi le fondazioni bancarie spendono ogni anno circa 800 milioni di euro a livello locare. Mi chiedo, perché non trasformare questa spesa in investimenti veri in startup, magari anche a livello locale, così da generare nuovi capitali per le stesse fondazioni? Serve un cambio culturale nel Paese sui temi dell'innovazione".
Durante la presentazione del rapporto sull'ecommerce ha detto che un ruolo fondamentale lo hanno i media. Cosa intendeva?
"Non voglio certo dire ai media quello che devono fare, ma per fare in modo che in Italia si parli di startup e innovazione bisogna creare dibattito, e anche i media possono fare la loro parte".
Torniamo brevemente sul governo. Paolo Savona è stato indicato come ministro dell'Economia, se dovesse diventarlo sarebbe il primo ministro al Tesoro con una buona conoscenza della tecnologia blockchain e dell'intelligenza artificiale. Secondo lei da queste tecnologie potrebbero arrivare delle soluzioni innovative nell'azione di governo?
"Non parlo di quello che potrebbe fare il governo, ma è un fatto che la blockchain non è qualcosa che riguarda il futuro prossimo, ma è già attuale, già servirebbe alle imprese italiane nella gestione dei contratti e delle reazioni tra imprese in maniera trasparente. Pensi a quanto ne potrebbero giovare le piccole e medie imprese, di cui il tessuto produttivo italiano è pieno".
È entrata in vigore la Gdpr, il nuovo regolamento sulla privacy online dei cittadini. Rousseau è pronto?
"Abbiamo lavorato molto sulla sicurezza della nostra piattaforma e degli iscritti, sono sicuro che anche il garante della privacy sarà soddisfatto di quello che abbiamo fatto".
Per approfondimenti: Come ha fatto la Francia a diventare un modello di "Startup nation"