Il tribunale ha dato torto ai rider di Foodora sulla base di una sentenza anni '80

Francesco Russo
Foodora cibo a domicilio
Foto: Nicolas Liponne / NurPhoto  - Foodora

Le motivazioni

  • Non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa.
  • I «nuovi strumenti di comunicazione» quali «e-mail [...] internet[...] apposite “app” dello smartphone» sono stati utilizzati per dimostrate esigenze di coordinamento e così in particolare: la determinazione di luogo e di orario di lavoro; la verifica della presenza dei rider nei punti di partenza; le telefonate di sollecito e rilevazione della posizione del rider finalizzate al rispetto dei tempi di consegna pattuiti.
  • Sono risultati esclusi nei fatti il «costante monitoraggio della prestazione», l’obbligo di seguire percorsi predefiniti e di prolungare l’orario di lavoro.
  • È stato escluso l’esercizio di qualsiasi potere disciplinare da parte dell’azienda nei confronti dei riders. È Invece emerso che i rider potessero non presentarsi nonostante fosse stata confermato la loro presenza, utilizzando la funzione "swap" oppure senza avvisare (cd. no show), senza alcun tipo di sanzione.
  • È stata esclusa la violazione delle norme antinfortunistiche.
  • Sul controllo a distanza il Tribunale ha ritenuto "che le applicazioni dello smarthphone venivano utilizzate dai ricorrenti per rendere la prestazione lavorativa".
  • Con riguardo alla privacy ha ritenuto esauriente l’informativa sottoscritta dai riders al momento della stipulazione del contratto di collaborazione.
 (Afp) -  Foodora

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Foodora cibo consegne a domicilio (foto twitter)

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