C'e' anche l'Ilva, oltre ad Alitalia ed Embraco, tra i dossier che il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, affronterà martedì a Bruxelles nell'incontro con il commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager. Ferma la trattativa in Italia - annullato l'incontro previsto per oggi al Mise tra Am Investco, sindacati, commissari Ilva e Governo - il fronte europeo resta probabilmente l'unico, al momento, per capire come sta avanzando la questione relativa al passaggio dell'Ilva dai commissari dell'amministrazione straordinaria alla nuova società di cui è leader Arcelor Mittal.
Due date chiave
Dopo l'ultimo incontro al Mise, lo scorso 12 febbraio, non ci sono infatti novità circa la trattativa sindacale. E se prossimamente ci fossero nuove date di convocazione, appare davvero difficile che questi incontri possano approdare alla firma. Pesano molto la campagna elettorale e la conclusione dell'attività del Governo, del cui ruolo, in una trattativa così complessa, non si può fare a meno. E così, non essendoci le condizioni per una stretta, ora si punta a riaffrontare il negoziato con Mittal dopo due date: 4 e 6 marzo prossimi. Ovvero, le elezioni politiche e la nuova udienza al Tar di Lecce, dove Regione Puglia e Comune di Taranto hanno presentato il ricorso contro il Dpcm che, a settembre scorso, ha approvato il nuovo piano ambientale dell'Ilva. La prima udienza al Tar, lo scorso 9 gennaio, si è chiusa con un nulla di fatto perché i due enti locali avevano ritirato la richiesta di sospensiva verso l'atto impugnato.
Adesso il 9 marzo il Tar di Lecce dovrà decidere se è sua competenza pronunciarsi sul merito, come sostengono Regione e Comune perché, dicono, il Dpcm impugnato dispiega in quest'area territoriale i suoi effetti, oppure dichiararsi incompetente e quindi trasferire il fascicolo al Tar del Lazio. Che è la tesi dei legali dell'Ilva, per i quali la questione va rimessa ai giudici amministrativi laziali trattandosi di un provvedimento del Governo.
Sindacati e Mittal rimangono distanti
Prima dell'incontro di lunedì scorso al Mise, soprattutto Fim Cisl e Uilm avevano tentato l'affondo con l'obiettivo di mettere in sicurezza l'accordo sindacale - pezzo importante di tutta la questione - ed evitare di arrivare a ridosso delle elezioni. Ma una proposta che i sindacati reputano prioritaria, ovvero la tutela dei 14mila posti di lavoro, non è riuscita a farsi strada nella controparte. Mittal, per ora, resta fermo sulla disponibilità iniziale: assumere 10mila dei 14mila totali dell'Ilva lasciando gli altri 4mila in carico all'amministrazione straordinaria. I sindacati, invece, puntavano ad un piano graduale e scaglionato sino al 2023, anno in cui Mittal dovrà completare gli investimenti industriali e ambientali. In sostanza, chiedevano i sindacati, Mittal parta con i 10mila assunti e poi, man mano che gli investimenti vanno a regime e la produzione dell'Ilva sale, assume gradualmente tutti gli altri in modo da avere alla fine del percorso, nel 2023, zero esuberi.
Tutto questo senza escludere esodi volontari e altre misure incentivanti per ridurre in modo indolore la platea dei 14mila. Ma forse perché i nodi da sciogliere sono ancora diversi e perché c'è un'incertezza generale, da Mittal in queste settimane non è venuta alcuna apertura sulla richiesta sindacale. E così, se non si puo' chiudere l'accordo con i sindacati, è quanto meno utile capire come sta avanzando il dossier Ilva a Bruxelles. E di qui l'incontro di martedì tra Calenda e Vestager. Il via libera dell'Antitrust europeo è infatti determinante per chiudere tutta l'operazione e trasferire gli asset di Ilva ad Am Investco. Il pronunciamento dell'Antitrust è atteso ai primi di aprile e le parti - commissione Ue e Am Investco - stanno lavorando sul dossier.
I paletti di Bruxelles
Ci sono già delle prime condizioni che Bruxelles ha posto: uscita di Marcegaglia dalla compagine di Am Investco e cessione, da parte di Mittal, dell'impianto ex Magona di Piombino. L'Antitrust, infatti, non vuole che dall'unione del più grande produttore mondiale, Mittal, col più grande trasformatore europeo, Marcegaglia, nasca una realtà in grado di nuocere al mercato e alla concorrenza. Da rilevare che Mittal si è impegnato a non fare alcun taglio nel perimetro Ilva qualora l'Unione Europea ponesse ulteriori condizioni per validare l'acquisto da parte di Am Investco. Intanto alle richieste già avanzate da Bruxelles si dovrebbe far fronte con la cessione di Piombino - Arvedi rileverebbe il sito da Mittal - e con un riassetto della stessa Am Investco con l'uscita di Marcegaglia e l'ingresso, come partner di Mittal, di Banca Intesa e Cassa Depositi e Prestiti.
A Taranto, infine, tiene banco il problema copertura dei parchi minerali dopo che il gruppo Cimolai, che realizzerà l'opera, ha dichiarato che l'acciaio necessario (60mila tonnellate), pur essendo fornito dall'Ilva, sarà lavorato in Friuli, dove hanno sede gli stabilimenti del gruppo, e poi trasportato di nuovo a Taranto. Questo perché a Taranto non ci sono aziende e impianti in grado di intervenire sulla quantità di acciaio necessaria. Confindustria Taranto ha chiesto a Cimolai un confronto per vedere quali spazi di inserimento delle imprese locali ci sono, mentre Cgil Taranto ha parlato di "inevitabile limite" del sistema imprenditoriale locale e di "miopia di tutti gli attori istituzionali e sociali che da anni conoscono l'esito di una gara che assegnava proprio a Cimolai il compito di questi lavori".