Lo scontro sull'Ilva di Taranto sta diventando una questione personale tra il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano, che non intende ritirare il ricorso al Tar contro il decreto ministeriale sul Piano Ambientale disposto per l'acciaieria. Secondo Emiliano si tratta di un decreto "illegittimo" perché "concede di fatto una ulteriore inaccettabile proroga al termine di realizzazione degli interventi ambientali". Ma se il 9 gennaio il Tar accoglierà la sospensiva richiesta, avverte Calenda, la fabbrica sarà costretta a interrompere l'attività e l'investimento da 2,2 miliardi di euro previsto da Arcelor Mittal, il colosso siderurgico franco-indiano che rileverà l'Ilva, si trasformerà in un conto da pagare per i contribuenti. I sindacati, intanto, si schierano con il governo, preoccupati dalle ricadute occupazionali di un blocco della produzione.
L'incontro istituzionale tenutosi ieri nella sede del dicastero doveva servire a superare le ostilità e invece le ha riaccese. Emiliano e il sindaco di Taranto Melucci hanno espresso la disponibilità a ritirare l'istanza cautelare ma per il ministro non basta: restando in piedi il ricorso, l'acquirente Arcelor Mittal subordinerà l'avvio degli investimenti per 2,2 miliardi al rilascio di idonee garanzie, che il governo non ha intenzione di fare eventualmente pagare agli italiani. Calenda sbotta: se il ricorso non viene ritirato, il tavolo è concluso e la trattativa con Arcelor Mittal salterà e se resta la sospensiva le acciaierie bloccheranno l'attività il 9 gennaio. Emiliano non solo nega questi rischi bollandoli come "sciocchezze" ma è pronto a proseguire la trattativa in 'autogestione', senza il ministro che d'altronde - dice - è "pro-tempore".
Emiliano: "Da Calenda una crisi isterica". Il Mise: "Dichiarazioni scomposte"
Ad aggravare le divergenze sono poi i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni. Per il ministro "non si può accettare che la valutazione del danno sanitario venga fatta sulla base di una legge regionale quando la Corte Costituzionale ha detto che va fatta su una legge nazionale. E lo scontro diventa personale quando il presidente della Regione Puglia addebita ad "una crisi isterica" l'atteggiamento di Calenda al tavolo, sostenendo che i nervi sono saltati dopo uno scambio di sms con il ministro della Coesione territoriale Claudio De Vincenti.
Pronta la replica di via Veneto: "dichiarazioni scomposte" di chi aveva già deciso di non raggiungere l'accordo. E l'sms arrivato durante la riunione non era del collega di governo ma proprio di Emiliano. Anche De Vincenti risponde: "Dichiarazioni farneticanti, Emiliano non sa quel che dice e, forse, neanche quel che fa".
Il sindaco di Taranto da parte sua parla di "un epilogo particolarmente teso come se si volesse sempre alzare l'asticella" durante un incontro che era apparso buono e costruttivo. E infatti Calenda aveva spiegato di aver fornito molte risposte alle richieste degli enti locali, dando assicurazioni sull'anticipo dei lavori di copertura dei parchi minerali e fossili e prevedendo la valutazione del danno sanitario, che però deve basarsi per legge su criteri nazionali e non regionali come chiedeva Emiliano.
I sindacati con Calenda: "Piano serio e concreto"
I passi avanti sono stati riconosciuti anche dai sindacati, i quali sono unitamente schierati contro il ricorso di Regione e Comune: "Il Piano di Calenda è stato serio e concreto - è il pensiero di Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl - Quello di Emiliano è un estremismo senile: vuole i lavoratori ostaggio per la campagna elettorale". "I risultati ci sono - sostiene il segretario confederale della Cgil Maurizio Landini - Ci vuole un atto di responsabilità da parte del Comune e della Regione per ritirare il ricorso". "Se il ricorso non viene ritirato rischiano il posto di lavoro 20 mila persone", avverte il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. "Devono ritirare il ricorso", dice anche la segretaria generale Fiom Francesca Re David, secondo cui continuare la trattativa senza Calenda è una follia.
Si terrà però regolarmente alle 10 di domani, 22 dicembre, l'incontro al ministero dello Sviluppo economico sul piano industriale e ambientale di Ilva. Saranno presenti - oltre ai commissari del governo - i delegati di Arcelor Mittal, i rappresentanti del ministero del Lavoro e i sindacati. Seguirà un nuovo incontro relativo agli stabilimenti il 10 gennaio.
E ora il governo deve recuperare 84 milioni di aiuti. Lo chiede la Ue
Il giorno dopo arriva la notizia che la Commissione europea ha completato l'indagine approfondita sulle misure di sostegno a favore dell'Ilva e ha concluso che due prestiti concessi dall'Italia nel 2015 comportavano aiuti di Stato illegali. L'Italia ora dovrà procedere al recupero di circa 84 milioni di euro. Calenda ha reagito con "grande soddisfazione", in quanto è stata riconosciuta la legalità di larga parte delle misure, costate complessivamente oltre due miliardi. Il verdetto della Ue, ha spiegato la commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, non dovrebbe interferire né con l'attuazione delle misure ambientali essenziali per porre rimedio all'inquinamento del sito, che "dovrebbero procedere senza ritardi", né con la procedura di vendita, oggetto di un'altra indagine della Ue per valutare se l'acquisizione da parte di Arcelor Mittal minacci la concorrenza nel settore. "Se l'Ilva viene gestita oculatamente, il suo futuro è sostenibile", ha sottolineato Vestager, "come ha evidenziato la procedura di vendita gestita dal governo italiano, vi sono diversi potenziali offerenti disposti ad investire nel futuro dell'Ilva e a adeguare lo stabilimento alle norme ambientali vigenti".