Di sassolini, Carlo De Benedetti, se n'era tolto più d'uno. dando sfogo a tutta la propria delusione: nei confronti delle scelte fatte dall'azienda che ha appena donato ai figli; dal fondatore del giornale che ha finanziato per decenni e di una certa sinistra in cui aveva creduto.
Il 2 dicembre, in una intervista al Corriere della Sera, l'ex presidente della Gedi aveva, tra le altre cose, sconfessato la decisione di affiancare al direttore di Repubblica, Mario Calabresi, un condirettore. "Nessun grande giornale al mondo utilizza questa formula anche se penso che Tommaso Cerno sia tra i migliori giornalisti della sua generazione" diceva al Corriere, "la condirezione ha funzionato una sola volta, alla Stampa di Mieli e Mauro; che però avevano entrambi una loro agenda, e non pensavano certo di convivere a lungo".
E poi la battuta che ha preoccupato la redazione del giornale: "Non penso proprio che i miei figli venderanno. Non ne vedrei la ragione, tenuto conto che la Cir, l’azienda che ho loro donato, ha più di 300 milioni di liquidità. Il problema è come investire, non certo come disinvestire".
Per questo l’assemblea di redazione di Repubblica ha sollecitato un chiarimento ai vertici del gruppo Gedi. La risposta del presidente Marco De Benedetti è arrivata con una lettera in cui prende le distanze dal padre: "Le opinioni espresse nell’intervista non rappresentano né il pensiero degli azionisti, né quello del vertice della Società, che sono tutti determinati a proseguire sulla strada tracciata".
In sintesi De Benedetti jr assicura di credere "nel valore del giornale e del Gruppo", di essere "impegnato a lavorare per un futuro solido e vincente" e che la "riforma del giornale rappresenta molto di più di un semplice restyling. Riflette la consapevolezza della necessità di dare risposte nuove che mettano al centro qualità e professionalità e la volontà di fare un giornale che vada incontro a quanto ci chiedono i nostri lettori, che sono e sempre saranno l’unico nostro riferimento".
La frattura nella famiglia De Benedetti sembra consumata, dopo quella di Carlo con Eugenio Scalfari ("è stato talmente un grande nell’inventare Repubblica e uno stile di giornale che farebbe meglio a preservare il suo passato") e con il Pd di Matteo Renzi ("ha deluso non solo me, ma tantissimi italiani. È stato un elemento di novità e freschezza, e ha fatto bene il primo ministro. Ma ha sbagliato sul referendum, e soprattutto ha sbagliato dopo a non trarne le conseguenze").