A causa di Airbnb i prezzi della case in vendita e degli affitti stanno crescendo. Lo scrive il Sole 24 Ore citando una ricerca dell'Università della California Los Angeles (UCLA), pubblicato in anteprima dal Wall Street Journal, che ha analizzato i dati provenienti dalle principali 100 aree metropolitane degli Stati Uniti.
I dati mostrano una tendenza che pone Airbnb al centro di un meccanismo che sta cambiando la disponibilità immobiliare in moltissime regioni, aumentando gli affitti a breve termine e penalizzando chi è in ricerca di un domicilio per un tempo medio-lungo.
L'impatto dell'home sharing sul mercato
- Nelle zone dove il servizio Airbnb aumenta del 10% si registra, allo stesso modo, un aumento della media annuale degli affitti (+ 0,39%) e del costo delle case (+0,64%).
- Dal 2012 al 2016 il prezzo degli affitti è salito del 2,2%. Secondo lo studio americano la variabile legata all'aumento del 10% del servizio della piattaforma sarebbe dunque responsabile per un quinto di questa percentuale
- Lo studio ipotizza, inoltre, che Airbnb prenda le caratteristiche di un mercato, quello degli affitti a lungo termine, riassegnandolo a quello degli affitti a breve termine. Un mercato rivolto non più a persone in cerca di domicilio, ma a turisti o visitatori temporanei. Questa migrazione porterebbe a un aumento dei costi, e una diminuzione delle possibilità di scelta, per i primi.
- Airbnb, infine, consente ai proprietari di generare reddito dalle loro proprietà aumentandone il valore e il prezzo di vendita. Questo spiegherebbe il leggero aumento del prezzo delle case.
Capire le intenzioni del proprietario (e agire di conseguenza)
Secondo Edward Kung, uno dei tre curatori del documento, "qualsiasi cosa che spinga verso l'alto i prezzi delle case è motivo di interesse e preoccupazione pubblica". Soprattutto in un momento in cui molte città stanno pensando di regolarizzare l'operatività di servizi come Airbnb. Di fronte a questi dati ci troviamo, secondo Kung, davanti a una sfida difficile e importante: arrestare questa conversione degli affitti dal lungo al breve periodo imparando a comprendere le intenzioni di chi affitta case. L’obiettivo dovrebbe essere da una parte quello di scoraggiare chi “noleggia” una propria dimora, dove non vive, per brevi periodi quando invece avrebbe la possibilità di affittarlo per tempi lunghi e, dall’altra, tutelare maggiormente chi mette in affitto stanze inutilizzate o case per brevi periodi a causa di vacanze o trasferimenti temporanei.
La risposta di Airbnb
L'azienda, fondata 10 anni fa, risponde all’articolo del Wall Street Journal, smentendo questi dati e sottolineando come, al contrario, la presenza sul territorio di Airbnb abbia aiutato molte persone a pagare l’affitto e a rimanere nelle loro case. La nota, inoltre, cita un sondaggio per cui “il 95% degli economisti e degli esperti in ambito immobiliare non credano che il servizio abbia un impatto significativo sull’aumento degli affitti”.