Tutti in fila per Amazon. Il gruppo di Seattle ha annunciato la volontà di costruire una nuova sede in Nord America. Ma non ha deciso in quale città. Ha aperto le candidature e c'è già mezza America che bussa. Fanno gola i 5 miliardi di investimento che Amazon ha deciso di mettere sul piatto e i 50mila posti di lavoro che dovrebbe garantire. Senza contare le tasse. E l'indotto: calcolare la portata complessiva di una struttura del genere non è semplice.
Amazon a Seattle ha portato 38 miliardi
Ma, nella pagina in cui spiega il progetto, la società guidata da Jeff Bezos ha indicato l'impatto economico avuto su Seattle, la città che ospita la sede storica del gruppo: un giro d'affari di 38 miliardi tra il 2010 e il 2016 e 1,4 dollari generati nell'economia locale per ogni dollaro investito. La casella postale di Bezos, in questo momento, sarà piena. Hanno già espresso la volontà di candidarsi il Colorado, il Kentucky e Chicago. Dan Gilbert, potente immobiliarista, ha invece affermato che si spenderà perché Amazon punti su Detroit. E la lista si sta ampliando: secondo Bloomberg, sperano anche Pittsburgh, Memphis, Tulsa, Philadelphia, il Rhode Island, Hartford, Nashville e St. Louis. D'altra parte quale città non vorrebbe nuovi investimenti e posti di lavoro provenienti da un gruppo ricco e solido?
"Vogliamo un'area ricca di talento nello sviluppo software"
Un conto però sono le candidature e un altro sono le reali possibilità di successo. Perché, prima di tutto, non è un bando pubblico: sarà Amazon a decidere. E poi perché, per quanto la gara sia aperta a tutti, ci sono delle caratteristiche necessarie. In parte esplicite e in parte dettate dal buon senso. Amazon ha affermato che la prossima sede dovrà essere in un'area "ricca di talento, specie nello sviluppo di software". Dovrà inoltre avere "uno stabile ambiente business-friendly" che permetta di "continuare ad assumere e innovare". Traducendo in termini (ancora più) concreti: Bezos cerca aree metropolitane con una forte capacità di produrre e attirare professionalità. Da questo punto di vista, la presenza di università di prestigio potrebbe essere un plus. Ma soprattutto serve essere "business-friendly", cioè esigere costi (del lavoro, degli spazi e delle costruzioni) più bassi e soprattutto incentivi fiscali.
Una città decentrata, che costi poco, con un'università. E raggiungibile facilmente
Sarà poi importante che la città sia ben collegata, cioè dotata di un hub aeroportuale. Dovrà quindi essere decentrata abbastanza da ridurre i costi. Ma raggiungibile. Dal punto di vista geografico, poi, Amazon potrebbe cercare una maggiore differenziazione. Il che escluderebbe la costa ovest (dove si trova Seattle) per favorire gli Stati orientali o centrali. E poi dovrà essere una sede capace. Servono grandi spazi e un'ampia platea di potenziali dipendenti: 50 mila non sono pochi. Per Conor Sen, editorialista di Bloomberg, è sensato prendere in considerazione aree metropolitane superiori al milione di abitanti e con una forza lavoro in crescita. Alla luce di questi criteri, quali sono le papabili?
Detroit è l'ipotesi più affascinate
Detroit è un'ipotesi affascinante. Sarebbe, in un certo senso, un esempio di riconversione industriale dopo il collasso di una città fondata sull'automotive. Dalla sua ha infrastrutture e università (University of Michigan e Michigan State University). Ma rappresenterebbe una sfida forse poco conveniente per Bezos. Chicago avrebbe molte carte da giocare, ma lo stato delle sue casse (in crisi) potrebbe rendere complicato concedere i vantaggi fiscali che Amazon pretende. New York e San Francisco sono centri molto costosi (e, per quanto riguarda la Bay Area, si rischierebbe di avere una seconda sede troppo vicina alla prima). Passando le città al setaccio, Sen indica solo "sei candidate credibili": Denver, Washington, Boston, Atlanta, Toronto e Dallas. Ma, in questa prima fascia, non tutti sono sulla stessa linea.
Ma a Washington Bezos ha il Post
I costi elevati potrebbero andare a scapito di Boston e Washington. Nella capitale, poi, è da considerare (in positivo o in negativo?) il fatto che Bezos possiede già un presidio: è il proprietario del Washington Post. Non sarebbero poi da sottovalutare alcune ragioni politiche. Le grandi imprese tecnologiche sono molto attente ai diritti Lgbt. Potrebbero dunque indietreggiare gli Stati con spinte più conservatrici, come Georgia (e quindi Atlanta) e Texas (quindi Dallas, zavorrata anche dall'assenza di università di rilievo). Avanza allora l'unica papabile extra Usa, la canadese Toronto. Su cui però pesa l'incognita delle politiche di Trump: portare la sede oltreconfine esporrebbe il gruppo a eventuali scelte protezionistiche della Casa Bianca. Un problema, anche perché i rapporti tra Bezos e il presidente degli Stati Uniti sono tutt'altro che distesi (in campagna elettorale Trump disse che Amazon avrebbe avuto "grossi problemi" in caso di elezione). Delle "candidate credibili" resta quindi Denver. Lo stato di cui è capitale (il Colorado) ha già manifestato interesse. Abbiamo un favorito?