Uno status apposito per i lavoratori della gig economy (lavoratori on demand), con ferie pagate, paghe minime e più poteri in sede di dibattimento. Sono alcune delle indicazioni contenute nel report “Good Work. The Taylor Review of Modern Working Practices” rivolte alle nuove forme di lavoro. Lo studio (commissionato dal governo britannico a Matthew Taylor, capo della Royal Society for the encouragement of Arts, Manufactures and Commerce) non si rivolge solo alle piattaforme online, ma è significativo che citi solo sue aziende: Uber e Deliveroo.
ECCO CHE COSA PROPONE:
Principi generali
Il report inizia con alcuni indicazioni generale per muovere verso misure più concrete. Afferma che “ogni lavoro” dovrebbe essere “giusto” e partecipare “allo sviluppo” dell'economia e alla “realizzazione” degli individui. Si tratta di “principi basilari” che dovrebbero essere applicati “a qualunque lavoratore”.
Un nuovo status
Taylor raccomanda al governo di varare una nuova legislazione, con una definizione “più chiara” di cosa sia un lavoratore. In particolare, dovrebbe essere superata la dicotomia tra “lavoro dipendente” e “autonomo”. Servirebbe una terza categoria, che rappresenta “una sfumatura” intermedia tra le due attualmente esistenti: il report la chiama “dependent contractors”. Cioè “dipendenti a contratto” o “autonomia-dipendenti”. Sono coloro i quali, “sono idonei a ricevere le tutele dei lavoratori pur non essendo dipendenti”.
I diritti dei nuovi lavoratori
Le nuove tecnologie, continua il documento, “impatteranno sul mondo del lavoro e sulle tipologie di impiego” e “sarà necessario adattarsi”. Ma ci sono anche “nuove opportunità”. In particolare, “le piattaforme sono le benvenute” se offrono “una reale flessibilità”. Il report la definisce “a due direzioni”: una flessibilità i cui vantaggi devono essere distribuiti tra impresa e lavoratore, senza “scaricare” su quest'ultimo “tutti i rischi”. La flessibilità resta quindi un valore, a patto che sia “una reale scelta”. Il lavoratore dovrà essere libero di rifiutare incarichi e operare quando desidera.
Taylor non ignora casi “di sfruttamento”, che devono essere “prevenuti” assoggettando anche i lavori della gig economy alla paga oraria minima nazionale. Servono però nuove regole: lo studio raccomanda una riforma della legislazioni “a cottimo”. Che preveda paghe minime anche in assenza di una base oraria (cioè di un contratto classico). Si potrebbe, suggerisce Taylor, compensare il lavoratore in base alle consegne o ai viaggi portati a termine. Ma le piattaforme dovrebbe fornire alle autorità i dati relativi al tempo speso dai “dipendenti autonomi” sulla piattaforma. Obiettivo: comparare ore e incassi per non scendere sotto la paga minima nazionale (con una tolleranza del 20%).
Nuove protezioni
Il report riconosce che i “dependent contractors” sono coloro che “risentono maggiormente di una flessibilità ingiusta”. Per questo occorrono “nuove protezioni”. In questo nuovo sistema di incentivi e disincentivi, Taylor propone una revisione fiscale orientata a “ridurre al minimo” le differenze tra dipendenti e autonomi. In sostanza: l'attuale tassazione rende troppo conveniente per le imprese appaltare a terzi (anche se con un'app) piuttosto che assumere.
Ferie pagate
“Il governo dovrebbe intensificare gli sforzi” per garantire a una platea più ampia le ferie pagate. Anche a chi ha un contratto a zero ore se ha lavorato per lo stesso committente per un anno. Con la possibilità di affidare al singolo lavoratore la scelta di usufruire delle ferie o liquidarle con un aumento del 12% della propria paga oraria.
Assunzioni
Se il lavoratore non riscontra la “flessibilità a due vie”, può chiedere alla compagnia di essere assunto. Con un contratto che “rispecchi la realtà del rapporto” se persiste con lo stesso committente da almeno 12 mesi. Taylor incoraggia il governo a definire una procedura apposita. Anche se non parla di obbligo di assunzione da parte delle imprese. Ma di “obbligo di valutare la richiesta in modo adeguato”.
Cause più facili
Per equilibrare i poteri tra impresa e lavoratore, il report suggerisce di “rendere più semplice” intraprendere una causa. La formula potrebbe essere legata a una sorta di giudizio preliminare, nella quale il lavoratore non è chiamato a pagare alcuna commissione. In altre parole: portare la società in tribunale dovrebbe costare poco o nulla, in modo che le barriere economiche non limitino l'azione dei dependent contractors. Dall'altra parte, il governo dovrebbe “istituire pene più severe” per le imprese che decidono di ignorare le sentenze.
La gig economy nel Regno Unito
Il report ha anche raccolto alcuni dati sulla gig economy in Gran Bretagna. Al momento impiega circa 1,3 milioni di persone, cioè il 4% della forza lavoro. Nella maggior parte dei casi (58%) si tratta di dipendenti che hanno già un altro impiego. Segno che è ancora usata più per arrotondare che come alternativa al posto fisso. La quota del 4%, però, è “destinata a crescere”. Lo dicono due dati: il 12% dei cittadini britannici in età lavorativa afferma di valutare un impiego governato da piattaforme online. Una percentuale che sale al 25% tra i 16 e i 30 anni.