Diavoli e Dragoni I: Quando Xi chiese a Berlusconi: "vendi il Milan?"

di Alessandra Spalletta
 Milan web

2011 - IL PRIMO APPROCCIO CON LA CINA

Ottobre 2014 – LE ORIGINI: IL THAILANDESE BEE TAECHAUBOL

La storia inizia nell’ottobre 2014 con l’annuncio di Lazard (banca d’affari di origine americana) della “possibile cessione del Milan". Li Yonghong è il primo a farsi avanti.

Chi è Li? Nato nel 1969, di lui non si sa molto. Il giornalista sportivo Marco Iaria, inviato in Cina dalla Gazzetta dello Sport nell’ottobre 2016 per realizzare una inchiesta dettagliata sul campo, scriverà di lui:

Si diceva che fosse billionaire e che possedesse due società quotate in Borsa, ma non ci sono riscontri in Cina sulla sua consistenza patrimoniale, anche perché i suoi affari si perdono in un reticolo di società e prestanome.

Non solo: la stampa cinese lo descrive come un uomo dedito ad affari loschi, coinvolto in diverse truffe per falsi investimenti. Come rivelerà infatti Paolo Salom sul Corriere della Sera in un articolo del 2 marzo 2017, il quotidiano finanziario Shanghai Zhengquan riporta dei “precedenti inquietanti sulla famiglia del capocordata per una truffa di fine anni Novanta e per un progetto mai realizzato”.

Nell’ottobre 2014, la società Jie An De, di cui è presidente, avrebbe dato l’incarico a un broker newyorkese di origini italiane di trattare l’acquisto del Milan. Si tratta di Salvatore “Sal” Galatioto, considerato dallo “Street & Smith Sports Business Journal” nel 2010 uno dei 50 uomini più influenti dell’industria sportiva americana. La notizia sarà vera? Nel giro di poco tempo questi due signori svaniscono nel nulla. Riappariranno più avanti.

Il 14 febbraio 2015 Fininvest nega l’imminente acquisto del 30% delle quote del Milan da parte di un gruppo thailandese, smentendo le indiscrezioni circa “incontri decisivi in agenda” pubblicate da un quotidiano italiano. Eppure a Bangkok qualcosa si sta muovendo. Nel dicembre scorso Silvio Berlusconi ha ricevuto ad Arcore Bee Taechaubol, un imprenditore thailandese di origini cinesi. Bee proviene da una ricca famiglia di Bangkok, è cresciuto in Australia dove a 14 anni ha fatto il cameriere.

Laureato in ingegneria e con un Master in Business Administration, ha iniziato la sua carriera a 19 anni creando una piattaforma online nel settore immobiliare. E’ la prima volta che i due si vedono. A favorire l’incontro è Pablo Victor Dana, managing partner di Heritage Wealth DWC a Dubai (società finanziaria di gestione patrimoniale), braccio destro di Bee nella trattativa con Fininvest. Bee e Dana sono amici di vecchia data e soci d’affari: Bee ha sponsorizzato la Global Legal Service, una società di cui Dana è azionista. I due mettono in piedi un team di legali e advisor, lavorano per sette mesi. Puntano ad acquisire il 48%. Il closing verrà fissato il 30 settembre ma verrà rinviato. L’ anno dopo, l’affare salta.

"Un bluff senza precedenti"

La stampa parlerà di “mesi di inferno” e di “un bluff senza precedenti”. “La storia è un’altra”, spiega Dana ad AgiChina. “Bee proponeva a Fininvest una strategia di valorizzazione puntando all’internazionalizzazione della tifoseria in Asia”, sottolinea il manager, “Tra il mio partner e Berlusconi c’è sempre stato feeling e coerenza di vedute”. Eppure il destino è traverso. Inizia il fund raising: Bee vuole costruire una cordata di investitori asiatici composta da alcuni membri della sua famiglia e da due banche.

L’obiettivo di lungo periodo è di quotare una parte del club per dare la possibilità ai tifosi di diventare azionisti. Qui Bee commette un grave errore: “Va a cercare capitali in Cina: ma nessuno gli dà credito”, spiega Alberto Forchielli, managing partner del Fondo Mandarin, il primo fondo di private equity ad aver ottenuto capitale in gestione dal governo cinese. “E’ come se un albanese andasse a chiedere soldi alle banche italiane”, dice Forchielli, il quale non mette in dubbio la serietà di Bee, che ha alle spalle una famiglia solida ma non disposta a mettere soldi.

Ai detrattori che puntano il dito contro l’indecisione del thailandese e alla sua incapacità di raccogliere capitali, Dana oppone una visione diversa: “I messaggi discordanti arrivavano da Fininvest, poco decisa a vendere”. E’ stato poi scritto di una faida interna al gruppo Mediaset che vedrebbe la primogenita di Silvio Berlusconi, Marina, determinata a vendere il prima possibile, contro altri manager Fininvest che temono di perdere privilegi con l’ingresso di investitori stranieri. Ne emergerebbe il quadro di un’azienda inefficiente che teme un reale riassetto. Ma Berlusconi lo ha sempre detto: venderà solo se chi compra oltre ai soldi ci mette la testa, e il cuore.

Vi sono anche fattori esterni che incidono negativamente sulla trattativa, come la gravissima crisi delle borse cinesi a giugno: a quel punto Bee chiede una proroga di due settimane per la presentazione della cordata di investitori. Da Casa Milan il gelo: “Non vendiamo più, ci teniamo la squadra”, fanno sapere a Bee i dirigenti Fininvest. La trattativa ha una breve ripresa ma presto Bee e Dana fanno un passo indietro: sono loro a non fidarsi più di Fininvest. La stampa italiana fa ricadere le colpe dei rinvii sull’indecisione di Bee. Fininvest lo mette in un angolo. Incideranno sul suo allontanamento anche i problemi di salute di Berlusconi. Qualcuno non esclude le possibili ripercussioni della politica lombarda: la candidatura di Berlusconi alle amministrative del giugno 2016 potrebbe aver rallentato le trattative per la cessione del club.

Maggio 2015 - LA “DAMA CINESE”

Ma nella scacchiera è apparsa una nuova pedina: la “dama cinese”. Nel maggio 2015 il Sole 24 Ore scrive che dietro alla decisione di Berlusconi di prendere tempo con Bee ci sarebbe una donna orientale. Due giorni prima che il presidente rossonero e il broker thailandese si incontrassero ad Arcore per definire il negoziato, una donna si è messa in contatto con i manager di Fininvest presentandosi come emissaria del governo cinese, trasmettendo l’interesse di Pechino ad acquisire il controllo della società calcistica.

Che il governo cinese abbia messo gli occhi sull’industria calcistica non è una novità: il presidente Xi Jinping sogna di sviluppare il calcio cinese, anche attraverso l’acquisto di campioni stranieri e di club calcistici.

Il biennio 2015-2016 segnerà un vero e proprio boom negli investimenti esteri: Pechino fa shopping di squadre inglesi, svizzere e spagnole. Sigla partnership per creare 50 mila scuole di calcio in Cina entro il 2025. Che Xi abbia o meno la passione del pallone, una cosa è certa: vorrebbe vedere un giorno la nazionale cinese partecipare e magari vincere un Mondiale. La proposta della dama cinese sarebbe infatti collegata alla volontà della Cina di organizzare i Mondiali di calcio. La dama cinese spariglia le carte: la trattativa con Bee, che sembrava chiusa, si arena. Nessuno saprà mai il nome della ormai famosa dama.

Alcuni ipotizzano che dietro vi sia lo zampino di un uomo di affari di Hong Kong, un certo Lee, che però non ha mai presentato un’offerta concreta. Altri sospettano che la dama sia una figura fittizia uscita dal cilindro di Fininvest per fare pressioni su Bee, oppure per eliminarlo. “La fazione anti-Bee interna all’azienda proprietaria del Milan ha creato un personaggio strategico per mettere in luce la possibilità di altri investitori interessanti”, dice una fonte ad AgiChina. “La dama esisteva realmente, ma si trattava di una investitrice interessata puramente a operazione immobiliari nel gruppo. Non ha mai parlato dell’acquisto del club rossonero con Fininvest”. Secondo un articolo della Gazzetta dello Sport del 12 maggio la signora si chiama “Wang Xingxian ed è direttore della commissione "The power of dream, come with love" dell’organismo Apecf, una sorta di consorzio d’imprese creato dal governo cinese per incrementare gli investimenti in Europa e, nell’anno di Expo, soprattutto in Italia".

Bee Tacheaubol sparirà definitivamente di scena nell’aprile del 2016. “Gli hanno fatto perdere la faccia – dice oggi Pablo Victor Dana – ma la stima per Berlusconi è intatta. Bee è ancora qui, interessato a riaprire la trattativa”.

Nel dicembre 2015 in un appartamento di New York un telefono squilla. Sal prende la telefonata che arriva dalla Cina. Dall’altro capo del filo c’è Li Yonghong. Si riapre il canale sino-americano, ma per il momento resterà ancora sottotraccia.

Marzo 2016 - FININVEST CONFERMA: “ALTRI INVESTITORI”

Il 18 marzo del 2016 Fininvest rivela che ci sarebbero “altri e autorevoli investitori”, anche se la proposta di Bee non è ancora stata scartata. Si legge nel comunicato della Fininvest: "Altri investitori sono interessati ma non è mai stata in discussione la cessione di quote di maggioranza e la valutazione complessiva della società su cui si ragiona è in linea con le proposte di mister Bee".

Aprile 2016 - LA PARENTESI ALIBABA

Un mese dopo, il 27 aprile, il quotidiano La Repubblica diffonde la notizia secondo cui a capo della cordata cinese che vuole comprare il Milan ci sarebbe Jack Ma, fondatore del gigante dell’e-commerce Alibaba. Si tratta di una indiscrezione: nessun commento da Fininvest e da Pechino. Jack Ma è anche comproprietario del Guangzhou Evergrande, la più blasonata squadra di calcio cinese.

L’ipotesi al vaglio dei dirigenti Fininvest è la cessione subito del 70% delle quote, con il restante 30% trasferito ai cinesi a distanza di un anno. Il Milan è valutato 500 milioni di euro. La smentita arriva il giorno dopo proprio da Jack Ma con una battuta pubblicata sul suo profilo Weibo (il twitter cinese): “Il Milan è di Milano?”. Fonti vicine ad Alibaba escludono all’AGI l’interesse di Ma.

Il 28 aprile l’AGI scrive: “Silvio Berlusconi non cederà il Milan ad Alibaba. Lo dichiarano all'AGI fonti vicine ad Alibaba che escludono una trattativa fra il gigante dell'e-commerce cinese e il club rossonero nonché un reale interesse da parte del primo, a dispetto dei rumors in circolazione. Le fonti hanno maturato la sensazione "che il Cavaliere non sia ancora pronto a cedere il suo giocattolino a un gruppo finanziario cinese".

Più fattibile, come emerso nei giorni scorsi, la trattativa di Suning con l'Inter che una ipotesi Alibaba-Milan. Anche da parte del patron di Alibaba, Jack Ma, si sarebbe sempre registrata freddezza circa l'opportunità di rilevare la squadra italiana: "Jack Ma mi disse: io ho già finanziato un club in Cina, cosa mi darebbe in più il Milan?", proseguono le fonti. Il club cui si fa riferimento è il Guangzhou Evergrande, la squadra di Canton fin all'inizio dello scorso anno allenata da Marcello Lippi. Si avvalora piuttosto l'interesse al club rossonero proveniente da più parti "non solo cinesi". La Cina ha i capitali per forti investimenti nel calcio, ma - concludono le fonti - "non penso che un gruppo cinese faccia una follia senza un programma preciso per reggere questo tipo di investimento".

Questo è la prima parte di un ebook in cui Agi ha ricostruito tutta la vicenda legata alla cessione del Milan. La seconda sarà pubblicata giovedì 23 marzo 2017.

Vai all'articolo…