di Luisa Berti e Sonia Montrella
Roma - L'economia sommersa, ossia tutte le attività economiche che contribuiscono al prodotto interno lordo e non sono regolarmente tassate, è stata stimata dall'Istat in 211 miliardi, pari 13% del Pil. Ma come fa l'istituto di statistica a scattare la sua fotografia nelle acque torbide del lavoro e delle attività in nero?
Il metodo di calcolo del 'sommerso' è quello suggerito dall'Eurostat (Istituto statistico dell'Unione Europea) a tutti i Paesi membri, compresa L'Italia. Per prima cosa l'Istituto di statistica analizza i dati sull'occupazione, mettendo a confronto la domanda e l'offerta di lavoro (rilevazioni presso le famiglie).
Il dato sull'occupazione irregolare deriva dalla differenza tra il numero di occupati dichiarato dalle famiglie e quello rilevato nelle imprese. L'eccedenza di occupati dal lato delle imprese rivela la presenza di più posizioni lavorative in capo alle stesse persone, i cosiddetti doppi lavori. Dal confronto tra i due insiemi di dati si quantifica un numero totale di occupati, che comprende anche l'occupazione nel sommerso.
Il metodo non permette di tracciare un confine preciso tra produzione legale e illegale, ma garantisce un'attendibilità del 70% della stima del valore aggiunto non osservato, ovvero del giro d'affari dell'economia sommersa. (AGI)