Di lorenzo d'avanzo
Roma - L'aggregazione delle imprese bancarie è certamente auspicabile come anche per le imprese di altri settori, dall'industria all'agricoltura: le decisioni spettano agli azionisti e al management, ma è necessario un quadro normativo favorevole e questo vuol dire che occorre rimuovere gli ostacoli europei e nazionali, come le surrettizie richieste di aumenti di capitale da parte di Bruxelles (come nel caso Bpm-Banco Popolare) e l'abolizione dell'Iva infragruppo attualmente in vigore nel nostro Paese. E i processi di aggregazione possono essere estesi anche fra le società di prodotto o di servizi bancari e parabancari, come i centri di servizio informatici, i centri di servizi di consulenza, le società di leasing e di factoring. è quanto ha detto all'AGI il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, all'indomani della relazione del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, che ha auspicato un processo di aggregazione del mondo bancario. E guardando al quadro attuale, il presidente dell'Abi - in linea con il governatore di Bankitalia - ha sottolineato la necessità di una modifica della normativa europea sulle banche e del 'bail-in'. "Il mondo delle banche ha vissuto anni difficili, ora la situazione sta cambiando ma - osserva Patuelli - viviamo in un momento di passaggio, dall'ottobre scorso è come se fossimo stati seduti tra due sedie: non avevamo piu' i vecchi strumenti nazionali e non avevamo nemmeno i nuovi strumenti concordati in Europa".
In particolare, Patuelli ricorda i "tardivi e surrettizi interventi di cambiamento delle burocrazie di Bruxelles, che definivano come pubblico il fondo interbancario di tutela dei depositi anche se i quattrini erano e sono privati. La natura pubblica attribuita da Bruxelles al Fondo ha cosi' impedito all'Italia di utilizzarlo per il salvataggio delle quattro banche poi andate in risoluzione". "Per fortuna che c'è stata una tempestiva inventiva italiana che ha prodotto in poche settimane la nascita con risorse privatissime di Atlante, oltre alla trasformazione e il potenziamento del ramo volontario del fondo interbancario di tutela dei depositi per prevenire le risoluzioni che rappresentano la forma di crisi bancaria piu' pericolosa per tutti". Riguardo al processo di aggregazione, Patuelli rileva che "occorre sviluppare le aggregazioni per ogni tipo e livello di impresa, perchè le aziende industriali hanno mediamente una dimensione troppo piccola, le aziende agricole hanno una superfice media molto piccola e conseguentemente, in Italia, c'è un numero significativo di banche che, però, è sempre molto inferiore al numero delle banche che ci sono in Francia e Germania. E visto che le banche italiane sono tutte private dovranno essere gli azionisti e gli amministratori a decidere. Le fusioni devono andare avanti - ha aggiunto- su progetti industriali ma per favorirle occorrono due innovazioni". Prima di tutto, secondo Patuelli, "serve un nuovo atteggiamento da parte europea, la Bce di fronte a disegni di fusione con una strategia industriale, da parte di due banche che hanno buoni indicatori patrimoniali - sufficienti ad andare avanti da sole - non può pensare che occorre sempre aumentare il capitale, è una contraddizione che frena le fusioni". "L'altra innovazione è una modifica fiscale: in Italia - ha ricordato - c'è ancora l'Iva infragruppo che impone il pagamento di questa imposta alle prestazioni fra società dello stesso gruppo. Ed è chiaro che anche questo non favorisce le aggregazioni". E sempre a proposito di concentrazioni, Patuelli fa presente che "esistono importanti possibilità di aggregazioni anche fra le società di prodotto o di servizi bancari e parabancari". "Penso ai centri di servizio informatici, ai centri di servizi di consulenza, a società di leasing come di factoring. Ci sono tante possibilità ma, naturalmente c'è bisogno che le autorità competenti rimuovano gli ostacoli esistenti".
Riguardo il bail-in, il presidente dell'Abi ha sottolineato che è "in contrasto con l'articolo 47 della Costituzione che afferma che la Repubblica tutela il risparmio". "E questo è un ostacolo insormontabile perchè il dettato costituzionale non può essere surrettiziamente stravolto e la materia è anche di competenza della Corte Costituzionale, perchè non esiste solo quella tedesca di Karlsruhe, ma anche una autorevolissima a Roma". Mentre riguarda la questione del numero degli sportelli bancari, "I numeri delle statistiche - dice Patuelli - sono già datati, nel frattempo sono stati chiusi altri sportelli e ne vengono chiusi tutt'oggi, non a caso o per moda, ma sulla base dei progetti industriali di ciascuna banca, perchè gli sportelli sono fattori produttivi delle imprese bancarie e pertanto la loro struttura deve essere di competenza della singola impresa bancaria. Vorrei poi ricordare - sono parole del presidente dell'Abi - che il nuovo presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, ha invitato le banche a essere piu' presenti, andando a visitare le aziende e non limitandosi a valutarle sulla base dei bilanci e dei documenti e questa è una sollecitazione significativa. Inoltre non dobbiamo trascurare che il pluralismo bancario significa concorrenza con evidenti vantaggi per i clienti". In relazione infine, all'invito rivolto dal governatore di Bankitalia alle banche in difficoltà affinchè riducano i costi anche del personale, Patuelli, ricorda che il recente contratto nazionale di lavoro "è lungimirante e prevede possibilità da concordare caso per caso, come è già accaduto negli anni appena trascorsi". "Il problema è per i prepensionamenti ed è necessario che lo Stato li favorisca quanto meno evitando di dirottare altrove le imposte che vengono dal mondo bancario che devono essere utilizzate per gli ammortizzatori sociali a sostegno del personale bancario". (AGI)