Roma - C'e' una differenza sostanziale tra i grani prodotti in Italia e quelli che invece vengono importati dall'estero e, in particolare dal Nord Amerca, soprattutto dal Canada. La varieta' di grano chiamata Manitoba, che cresce nelle grandi praterie canadesi e' ricchissima di glutine. "Una caratteristica - spiega all'AGI Francesco Loreto, direttore del Dipartimento di Scienze Bio-Agroalimentari - che rende questo grano particolarmente richiesto per le produzioni agroalimentari". Se vi piacciono gli spaghetti al dente, insomma non potete fare a meno del grano canadese, che, nel corso degli anni, gli agricoltori nordamericani hanno selezionato proprio per esaltare la quantita' di glutine all'interno delle spighe.
"Parliamoci chiaro: il glutine e' molto importante perche' e' quella sostanza che fa la differenza tra un grissino e uno sfilatino. Tuttavia - spiega Loreto - con l'aumento della concentrazione di glutine in questo tipo di grani, e' aumentato anche il numero delle persone che hanno manifestato una serie di problemi". Non sono aumentati i celiaci, "e' pero' aumentata l'esposizione al glutine" dice il direttore del dipartimento del Consiglio Nazionale delle Ricerche che si occupa proprio di sviluppare il settore bio-agroalimentare. "Per ovviare a questi problemi - aggiunge Loreto - si stanno affermando negli ultimi anni diverse nuove produzioni, che cercano di mettere in risalto proprieta' nutraceutiche diverse. Per esempio, si sta affermando la coltivazione di ibridi di grano e orzo (tritor deum) o tra grano e segale (tricale). Ma si stanno usando anche nuove farine provenienti da altre piante come la kinoa e l'amaranto". L'Italia ha una lunga tradizione nel settore della cerealicoltura essendo il Paese dove sono state sviluppate due tra le varieta' piu' diffuse: il "creso", piu' recentemente e, prima ancora il "Senatore Cappelli".
"Nonostante questo, sotto il profilo della produzione il nostro Paese - dice Loreto - e' molto lontano dalla possibilita' di produrre in casa il grano necessario a soddisfare il fabbisogno nazionale, soprattutto in virtu' del fatto che in Italia e' presente una forte industria di trasformazione". "Tuttavia - aggiunge il dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche - occorre sottolineare che ' molto difficilmente in Italia potremo mai raggiungere questo obiettivo". E anche a voler destinare tutte le aree agricole idonee alla coltivazione di grano a questa produzione, "resteremmo - ha sottolineato - molto al di sotto del fabbisogno complessivo, con in piu' il problema di aver tolto coltivazioni, come per esempio un frutteto, che garantisce ai agricoltori un maggior valore aggiunto".
Proprio intorno alla questione dei prezzi Coldiretti ha ingaggiato in questi giorni una campagna molto forte, la "guerra del grano", per sostenere le produzioni nazionali colpite da un calo consistente dei prezzi sui mercati internazionali. "I prezzi del grano - spiega Loreto - sono molto suscettibili di variazioni anche in virtu' di problemi di natura geopolitica. In questi anni, la crisi in Crimea e in Ucraina, aree a grande vocazione cerealicola, hanno profondamente influenzato i prezzi che ora stanno subendo delle variazioni". (AGI)