AGI - "Venite a scoprire il Benin, il nuovo crocevia culturale del continente africano, in occasione della sua prima, storica, partecipazione del Paese alla Biennale di Venezia". L'invito, a grandi lettere, compare sulla copertina del 'Mag du Pavillon', pubblicazione uscita in occasione del debutto del Benin alla 60ma edizione della Biennale di Venezia che spiega il senso del padiglione beninese e il messaggio che questo piccolo (ma relativamente stabile) Stato dell'Africa subsahariana vuole veicolare con i suoi artisti, presenti e passati, nel mondo.
Un paese ricco di storia, tradizioni e creatività che oggi si candida a diventare "una piattaforma internazionale delle industrie culturali".
Ad affermarlo sulle pagine del 'Mag du Pavillon' è il ministro beninese del Turismo, della Cultura e delle Arti, Jean-Michel Abimbola, secondo cui la prima volta del Benin alla Biennale "fa parte di una strategia globale per lo sviluppo dell'industria e dell'economia creativa su cui il governo ha puntato". "Questa partecipazione - ha aggiunto - segna anche l'impegno del Benin a promuoversi attivamente sulla scena artistica mondiale".
La mostra del Benin, costruita intorno al tema "tutto ciò che è prezioso è fragile", combina la memoria collettiva del paese con una riflessione sulla fragilità del mondo globalizzato contemporaneo. Temi importanti del retaggio storico come la tratta degli schiavi, la figura dell'amazzone, la spiritualità e i riti voodoo, sono analizzati dagli artisti alla luce della loro creatività e dell'esperienza che le donne beninesi, in primis, ne hanno fatto. L'interpretazione creativa di questi temi è al centro della mostra del Benin il cui Padiglione - spiega il curatore, il nigeriano Azu Nwagbogu, - avrà come leit-motif il femminismo africano di ieri e di oggi.
"Intrigante", a detta di molti commentatori, il titolo del progetto che sarà in mostra fino al 24 novembre: "Everything Precious Is Fragile". Un ambizioso progetto espositivo per il quale Nwagbogu ha selezionato quattro artisti locali di spicco: Chloé Quenum, il cui lavoro affronta temi politici, sociali ed ecologici; Moufouli Bello, nota per i suoi ritratti femminili su sfondi di colore blu 'elettrico' (come quello, di grande impatto, sulla copertina del 'Mag du Pavillon'); Ishola Akpo, che crea opere d'arte mescolando tradizione a modernità e Romuald Hazoumé, famoso in tutto il mondo per le sue maschere, realizzate con taniche di benzina in plastica usate.
È stata l'attesa restituzione, nel 2021, da parte francese, di 26 tesori risalenti all'antico Regno di Dahomey (una potenza regionale, tra il 18mo e il 19mo secolo, quando è stata il centro nevralgico della tratta atlantica degli schiavi) a 'nutrire' il progetto che il Benin ha portato a Venezia. Come ha spiegato Abimbola, tutto è nato dal successo della mostra sviluppata da quella restituzione, dal titolo "Arte del Benin di ieri e di oggi: dalla Restituzione alla Rivelazione". "Mostra che sta tuttora facendo il giro del mondo e che ha preparato la partecipazione del Paese a Venezia", ha chiarito il ministro.
"Questa partecipazione alla Biennale di Venezia - si legge ancora sul Mag du Pavillon - è una tappa fondamentale del Programma d'Azione di Governo lanciato nel 2016 per fare dell'arte e della cultura (con il turismo) il secondo pilastro di sviluppo del Paese dopo l'agricoltura". I nuovi settori che in futuro dovranno trascinare l'economia del Paese fra l'altro beneficiano anche di un piano d'investimenti pubblici tuttora da quasi 2 miliardi d'euro per la preparazione d'infrastrutture e riforme che interessano le cinque discipline artistiche 'maggiori': cinema, danza, musica, teatro e arti plastiche.
Sul fronte dell'arte contemporanea, Cotonou sta anche lavorando per concludere accordi di cooperazione con i grandi musei internazionali e per l'acquisizione di altre opere d'arte beninesi (cosiddette della diaspora). Il governo vorrebbe anche far nascere un ecosistema dell'arte, portando gli artisti del Benin sui principali mercati internazionali, creare un distretto creativo dell'arte nella Capitale e intensificare le partecipazioni del Paese ai grandi appuntamenti mondiali del settore dopo l'applaudito lancio a Venezia.
La 60ma edizione della Biennale di Venezia sarà soprattutto ricordata per la straordinaria partecipazione (numerica) africana con i padiglioni di ben 13 paesi: Camerun, Repubblica democratica del Congo, Costa d'Avorio, Egitto, Kenya, Tanzania, Etiopia, Nigeria, Senegal, Uganda, Sudafrica, Zimbabwe e Benin. Senza considerare che 3 dei 4 paesi debuttanti, con il Benin, sono stati Tanzania ed Etiopia. Paesi diversi accomunati dall'identica voglia di esserci e diffondere una nuova narrativa per il Continente