AGI - Augustarello sui libri di storia non c’è finito come Buffalo Bill, ma una soddisfazione se la tolse l’8 marzo 1890 quando dimostrò che i butteri dell’agro laziale erano di caratura pari se non superiore ai cowboys che avevano colonizzato il Far West. Augusto Imperiali (1865-1954) prestava servizio per il duca di Sermoneta, Onorato Caetani, il quale aveva raccolto il guanto di sfida lanciato da William Frederick Cody (1846-1917), protagonista dell’epopea della corsa a Ovest della nazione americana che raccontava in giro per il mondo dal 1883 con un gigantesco spettacolo itinerante, il Wild West Show, approdato a Roma nell’attuale piazza Mazzini, all’epoca non urbanizzata tant’è che vi si tenevano le manovre militari.
Buffalo Bill era solito sfidare gli allevatori locali a gareggiare con i suoi cowboys e a batterli, ma era tanta la fama accumulata e tanta la perizia dimostrata nello spettacolo che nessuno accettava. Era però accaduto che durante un pranzo a Palazzo Caetani di via delle Botteghe Oscure la duchessa di Sermoneta avesse detto all’ospite americano di non essere rimasta molto impressionata dall’esibizione perché aveva visto fare le stesse cose dai suoi butteri di Cisterna di Roma con i puledri dell’Agro pontino. E così si stabilì quella singolare disfida, per la quale Buffalo Bill mise in palio mille lire, programmata dopo l’incontro col papa Leone XIII fissato per il 3 marzo.
Bagno di folla e incassi record
Le date prescelte furono il 5 e il 7 marzo (poi slittato all’8), e naturalmente per il circo arrivato dagli Stati Uniti ci sarebbero stati incassi stratosferici. Il Messaggero rilanciò sulle sue colonne quel singolare confronto e contribuì a catalizzare una gigantesca folla pagante per biglietti che costavano da 1 a 5 lire: nella prima sfida nel primo pomeriggio del 5 gli incassi superarono le 25.000 lire, nonostante la forte pioggia, e altrettanto avverrà l’8. Il duca Caetani mise a disposizione sette stalloni della sua tenuta di Cisterna che erano stati rifiutati da potenziali acquirenti per il carattere nevrino. Su come andarono le cose le versioni divergono: stando al Messaggero ai cowboys occorsero 7 minuti per atterrare gli stalloni e 16 per sellarli e cavalcarli nel giro d’onore; secondo altri i tempi sarebbero stati più lunghi; il New York Herald riportò che per la doma erano bastati appena cinque minuti. Sempre il Messaggero titolò «La vittoria degli Americani» e ne scrisse come «clamorosa, sublimemente bella».
I butteri, e pure gli spettatori, furono turbati dai metodi violenti adoperati sui sauri. Qualcuno disse che tutti erano buoni a domare in quel modo, in gruppo e provocando ai cavalli dolore e ferite. Il secondo round sarebbe stato con i cavalli selvaggi del West, i broncos tanto apprezzati nei rodei per il carattere e la propensione a sgroppare. La somma messa in palio da Buffalo Bill era l’equivalente della paga di un anno dei butteri, e il premio ingolosì molti di loro.
Un giro trionfale troppo lungo
L’8 marzo, pioveva a dirotto ma stando alle cronache c’erano non meno di ventimila persone ad assistere all’arena di Prati. Si presentarono dieci butteri, tutti laziali (e non toscani come si favoleggerà in seguito), tutti determinati, 4 a cavallo e 6 a piedi: Domenico Bucci, Francesco Costanzi, Cesare Fabbri, Achille Fasciani, Alfonso Ferrazza, Augusto Imperiali, Achille Laurenti, Angelo Petecchi, Bernardino Quinti e Filippo Valentini. Valentini bloccò il primo stallone americano, che venne sellato e poi montato da Ferrazza. Anche il secondo fu preso al laccio e sellato, Imperiali gli salì in groppa e fece un giro trionfale guidandolo con una sola mano, tra applausi e ovazioni. Per il terzo cavallo non ci fu tempo perché Buffalo Bill, entrato sull’arena sul suo sauro bianco, interruppe l’esibizione sostenendo che il tempo limite prefissato (5 minuti a cavallo, quindi dieci minuti per i due) era stato superato di 30” a causa del giro di campo.
Naturalmente non pagò quanto promesso. Si racconta che al ricevimento serale comunque tenuto dal duca abbia ammesso la sconfitta, senza dare comunque seguito al corrispettivo. Augustarello rimaneva con le tasche vuote ma si godeva il momento di gloria, immortalato pure in posa fotografica. Il Messaggero, il 9 marzo, rovesciò il titolo di qualche giorno prima con «Vittoria dei butteri romani». Cody, da subito, venne ribattezzato dai romani “er cappellaccio”. Si disse che le mille lire che Buffalo Bill non volle pagare gli vennero sfilate comunque e con gli interessi: approfittando della poca dimestichezza degli americani con la valuta italiana, alla cassa vennero rifilate alcune banconote false di alto taglio.