AGI - Due mostre, con il Mediterraneo al centro, sono il primo atto della nuova governance del Maxxi di Roma. Il direttore del Maxxi Architettura Lorenza Baroncelli chiama due artisti diversi, ma legati da stessa origine e vocazione internazionale, a indagare sul Mare Nostrum come luogo di convivenza e dialogo, custode di un patrimonio culturale e identitario comune che oggi più che mai è necessario ribadire. E la lente è quella dell'arte, dell'architettura e del design.
A Riccardo Dalisi (Potenza 1931 - Napoli 2022), a un anno dalla scomparsa, dedicata una retrospettiva, mentre Mimmo Jodice è omaggiato dall'esposizione di un suo nucleo di fotografie della serie Mediterraneo, aprendo così la stagione autunnale della nuova programmazione del Maxxi Architettura.
"La sfida è quella di considerare il museo al pieno delle sue potenzialità ed essere consapevoli che la programmazione culturale è uno strumento di diplomazia culturale. Una responsabilità da interpretare con drammaticità e fantasia, proprio come ci insegnano i due artisti", sottolinea Alessandro Giuli, presidente Fondazione Maxxi. "Dalisi e Jodice sono accomunati da uno sguardo sul Mediterraneo, o forse dovremmo dire uno sguardo verso il Sud - spiega Baroncelli - entrambi hanno avuto la capacità di anticipare temi attualissimi al punto tale che ancora oggi, forse soprattutto oggi, le loro domande ci mettono in discussione. Passato e presente si intrecciano in una ricorrenza senza tempo di temi e problemi".
'Radicalmente', l'esposizione dedicata a Dalisi, uno dei più poliedrici progettisti italiani degli ultimi decenni, presenta per la prima volta la sua opera nella sua estrema varietà e vastità, dai laboratori creativi con i bambini di Napoli (quelli al Rione Traiano sono raccontati da una serie di fotografie di Mimmo Jodice), al rivoluzionario lavoro nel campo del design; dall'architettura costruita (come la Borsa Merci di Napoli, realizzata con Michele Capobianco e Massimo Pica Ciamarra nel 1964, o gli interventi di restauro creativo nei paesi dell'Irpinia colpiti dal terremoto del 1980) a quella immaginata.
Ma ci sono anche pitture e sculture, spesso in grande formato, in cui rivivono i personaggi della cultura partenopea e mediterranea. Esposta per la prima volta la Sedia del cece, serie di disegni che Dalisi chiese, tra gli altri, a Andy Warhol, Joseph Beuys, Ettore Sottsass, Enzo Mari, Bruno Munari, Paolo Portoghesi, Gae Aulenti e Hans Hollein, avendo come punto di partenza, la suggestione di una piccola sedia realizzata da una bambina napoletana con legno di scarto e una molletta per i panni, con adagiato un cece.
Tra le sue opere più famose c'è la rielaborazione della caffettiera napoletana, frutto di una ricerca svolta tra il 1979 e il 1987 per l'azienda Alessi e premiata con il Compasso d'Oro. Questa ricerca ha generato, oltre a un modello andato in produzione, centinaia di oggetti a metà tra la caffettiera e la marionetta, in cui si fondono la ricerca funzionale, il design anonimo e la dimensione rituale del caffè, in forma di "Totocchi" (Totò + Pinocchio), guerrieri, cavalieri, robot, Pulcinella e altri personaggi fiabeschi e mitologici.
Attraverso disegni, schizzi, arredi, ricami, oggetti, libri, sculture, dipinti, fotografie, documenti d'archivio, filmati e altri materiali, si scopre il carattere radicale e rivoluzionario della sua opera, sbocciata nel clima culturale e artistico della Napoli degli anni Sessanta e Settanta, espressione di una mediterraneità resistente a una modernità omologante e fallimentare nutrita di influenze ben più ampie, dal punto di vista geografico e disciplinare che la mostra punta a valorizzare.
'Mediterraneo', poi, è uno dei progetti più noti di Mimmo Jodice (Napoli, 1934), autore partenopeo tra i maggiori interpreti della fotografia contemporanea. Dal 10 novembre 2023 al 14 aprile 2024, il Centro Archivi del Maxxi Architettura espone un nucleo di fotografie vintage di questa serie, entrate a far parte della Collezione di Fotografia del museo grazie al contributo degli Amici del Maxxi.
Esposti anche documenti d'archivio, provini a contatto, interviste, materiali di studio e bibliografici per approfondire la genesi del progetto, elaborato da Jodice nel corso degli anni '80 e '90 quando, dopo le sperimentazioni degli anni '60 e '70, sviluppa un crescente interesse per i temi dell'antico, della memoria, delle origini e al contempo precisa la sua poetica incentrata sul concetto di "perdersi a guardare", vale a dire inseguire visioni che si collocano al di fuori dalla realtà.
Tutto questo si traduce in diversi progetti dedicati alla cultura mediterranea e all'archeologia, che iniziano con una prima esplorazione dell'area a lui più vicina (Paestum, Neapolis, Pompei, Cuma, Baia) per poi estendersi al Mare Nostrum - dalla Grecia alla Tunisia, dalla Giordania alla Libia - fino ai musei di tutto il mondo.
L'incontro con gli Atleti della Villa dei Papiri al museo Archeologico di Napoli intorno al 1985, testimoniato in mostra da un video dell'epoca, rappresenta un momento di snodo per questa ricerca, che viene ripresa in modo sistematico negli anni Novanta e trova pieno riconoscimento internazionale in una grande mostra al Philadelphia Museum of Art del 1995.
In 'Mediterraneo' i volti e i corpi delle statue, così come le architetture, i paesaggi, le antiche rovine, i miti, sono trasfigurati attraverso profonde ombre, superfici mosse, improvvisi bagliori, assottigliamenti e dilatazioni dei contorni realizzati attraverso sapienti movimenti in camera oscura, che restituiscono la dimensione espressiva del linguaggio di Jodice.
La differenza tra i provini, presentati nelle teche, e l'opera finale mette in luce l'unicità di ogni stampa e la complessità di questo processo, raccontato dallo stesso autore in un video inedito prodotto dal Museo di Capodimonte di Napoli.