AGI - Per gli Alleati esiste un solo modo per mettere all’angolo l’Italia e costringerla a chiedere la pace accelerando le trattative di armistizio, e la scelta politica passa attraverso l’opzione militare del bombardamento. Era ben nota la reazione dei civili ai raid notturni della Raf e diurni dell’Usaaf, e gli italiani non capivano perché, caduto Mussolini, il governo Badoglio non ancora la facesse finita con quella guerra.
Il triangolo industriale Milano-Torino-Genova nell’agosto del 1943 era è particolarmente sotto tiro. Il 13, con il generale Giuseppe Castellano già inviato per un abboccamento con gli angloamericani in Portogallo, Roma veniva nuovamente colpita da una flotta di 106 Fortezze volanti scortate da 45 Lightning della Northafrican Strategic Air Force. Il generale James Doolittle, già protagonista del raid dimostrativo contro Tokyo per vendicare l’attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, va a colpire gli snodi ferroviari ma gli ordigni devastano anche i quartieri vicini.
Le quattro ondate prevedono pure il martellamento degli scali aeroportuali con 162 bimotori B-25 e B-26. Danni e vittime a Prenestino, Casilino, Appio, San Lorenzo, Porta Maggiore e San Giovanni. Il cinegiornale Luce usa queste parole: «Una coltre di morte è distesa sull’Urbe».
Le bombe su Roma
Pio XII scende ancora una volta tra la folla, accompagnato in automobile soltanto dal sostituto della segreteria di Stato monsignor Montini e dall’ingegner Galeazzi. Il Papa si trovava nel suo studio quando si era sentito il rumore dei quadrimotori; alla fine del raid aveva raggiunto la chiesa dei Santi Fabiano e Venanzio.
Le immagini girate dall’Istituto Luce sono eloquenti. A piazza San Giovanni recita il Pater Noster e il De Profundis. Quel bombardamento provoca una ventina di vittime: ogni vita è stata pagata con 450 tonnellate di bombe. Badoglio corre ai ripari e il giorno di Ferragosto dichiara unilateralmente Roma città aperta, attraverso i giornali, in base a un testo elaborato il 14. Per il diritto internazionale quella dichiarazione non vale nulla, e sostanzialmente è un appello agli Alleati a cessare i bombardamenti.
Il governo italiano si era mosso già il 31 luglio attraverso la Santa Sede affinché all’Urbe fosse applicato il regolamento dell’Aja del 1907 sugli usi e regolamenti di guerra che vietava di «bombardare o di attaccare città o villaggi o anche semplici abitazioni che non siano difesi». La rinuncia alla difesa (contraerea, palloni frenanti e strutture militari) sarebbe stata applicata nella misura in cui gli Alleati l’avessero accettata.
Roosevelt si oppone a Roma città aperta
Ma il presidente Roosevelt non aveva alcuna intenzione di concedere lo stato di città aperta a Roma e aveva idee talmente chiare da averle messo nero su bianco a Churchill il 31 ottobre 1942: «Deve essere nostro irrinunciabile programma un sempre maggior carico di bombe da sganciare sopra la Germania e l’Italia», in linea con la strategia militare secondo la quale un «incessante e sempre crescente bombardamento aereo» avrebbe provocato un «rivolgimento interno o il crollo». Radio Londra, pertanto, comunica subito che la dichiarazione di Roma città aperta è unilaterale e gli Alleati si riservano un comportamento a discrezione.
La notte tra 14 e 15 agosto 140 Lancaster della Raf sono apparsi sui cieli di Milano dove ancora divampavano i fuochi del precedente bombardamento; la notte dopo saranno 199 e colpiranno ancora duramente. Su Milano in 4 giorni sono state sganciate oltre 2.300 tonnellate di bombe. La stima britannica sui rapporti dei piloti e sulle fotografie dei ricognitori traccia questo bilancio: distrutto o danneggiato «il 44% dell’intera superficie edificata», 239 fabbriche «ritenute colpite, con un bilancio di 19 totalmente distrutte e 47 gravemente danneggiate».
La realtà era molto peggiore. Torino è bombardata la notte del 16 agosto da 154 quadrimotori con il coinvolgimento dell’intera città, con devastazioni maggiori nei distretti industriali e residenziali nord e nord-est; gravi danni a otto dei dieci padiglioni Fiat. Il 17 agosto si conclude la campagna di Sicilia durata 38 giorni. E qui si terranno le trattative finali dell’armistizio, che è in realtà una resa senza condizioni.