Drillionaire feat. Lazza, Blancoe Sfera Ebbasta – “Bon Ton”: Se sei un producer in gamba, e Drillionaire lo è senza alcun dubbio, devi trovare voci e penne che siano capaci di reggere il suono che hai architettato per il tuo brano, altrimenti è come vestire trendy tuo nonno; insomma, il giochino non funziona. Ecco, per questa “Bon Ton” le convocazioni sono di tutto rispetto, Lazza, Blanco, Sfera Ebbasta, sono artisti se non eccezionali, se non da includere tra i nostri grandi autori (proprio no, il trapper di Cinisello Balsamo in realtà quello status la vedrà, sospettiamo, solo col binocolo), perlomeno centrati, con stili e caratteri precisi. Certo però che non è che un brano diventa un buon brano solo perché accanto al titolo ci sono buoni artisti, poi questi artisti qualcosa devono metterla insieme. “Bon Ton” in questo senso è un brano piuttosto superficialetto, manifesto di una generazione di ragazzi ultrafighi ma che in quanto a cose da dire, quando va bene, ne azzeccano una su dieci; questa non è quella volta lì. Merk & Kremont feat. Tananai e Marracash – “Un altro mondo”: Non è che questo recupero della dance cantata anni ’90, con queste casse che macinano impietose, ci faccia impazzire, sarà che conserviamo un’idea di quel mondo lì abbastanza leggera e poco esaltante; però la storia cambia se il suddetto cantato viene affidato a due artisti veri come Tananai e Marracash, che forse sbagliano, paradossalmente, proprio nell’andare ben oltre Merk & Kremont, appoggiando un contenuto articolato e autoriale (d’altra parte sono autori) su una base forse eccessivamente martellante. Il tutto alla fine funziona, fossero sempre questi i tentativi di hit, però diciamo che le due linee, musica e testo, viaggiano su due binari diversi. Levante – “Canzone d’estate”: Un brano davvero affascinante, la fine di un amore mentre la stagione esplode di colori e gioia, un agrodolce che ti immortala lì, da solo, nel mezzo, con questo ritmo andante che bussa alla porta, che ti tira fuori per i capelli, e il cuore a pezzi, l’anima sotto le scarpe e nessuna certezza in tasca. “Canzone d’estate” suona come la hit che non è, perché è molto di più, ed è comunque la migliore hit dell’estate, forse tra i migliori brani proposti dalla Levante post rivoluzione indie. Management feat. Lo Stato Sociale – “Non la vedo bene”: A colpi di schitarrate i Management e Lo Stato Sociale suonano una sirena d’allarme per come impieghiamo il nostro tempo a disposizione; tentano di liberarci da routine, ossessioni, meccanismi mortali che ci incastrano rubandoci pezzi di vita senza darci in cambio alcunché. “Non la vedo bene” si inserisce perfettamente nella narrazione del bellissimo “Ansia capitale”, risultando, a guardar bene, anello fondamentale di quella catena di brani volti non solo a confermarci quanto i Management siano una delle più interessanti proposte musicali della nostra scena, ma anche quanto il nostro pensiero abbia bisogno di stimoli per evolversi e migliorarsi, magari anche attraverso un’analisi impietosa e onesta. Oppure con una buona canzone. Rhove – “Ancora”: Come si possa utilizzare il sample di un brano così delicato come “I’m Yours” di Jason Mraz per tirare fuori dal cilindro una cafonata ti tale livello è una roba che servirebbe un pool di scienziati per spiegarla come si deve. Azzeccare un brano non fa di te un artista, fa di te un ragazzo fortunato, ma quella fortuna poi presenta il conto, te la devi meritare, andando oltre, dando qualcosa, in questo senso Rhove al momento ci risulta arido come il Sahara. Gio Evan – “Carrà”: Leggiamo che questo pezzo sarebbe stato direttamente consegnato in sogno a Gio Evan da nientepopodimeno che Raffaella Carrà; non si spiega il motivo per cui la divina abbia scelto, tra tutta l’immensità di artisti a disposizione nel panorama musicale italiano, proprio Gio Evan, ci sfugge proprio la connessione. Sarà che invece, semplicemente, “Carrà” ricorda fortemente (o si ispira, questo non è specificato) “Tanti auguri” della Raffaellona nazionale, pace all’anima sua, che cerca di replicarne anche l’allegria genuina e definitiva, ma ottenendo solo un’altra sequela di sfacciato ed irritante ottimismo. “Difficile da credere ma ho scritto questo brano con lei” ci tiene a comunicare Gio Evan; no, non è difficile, mica sei l’unico ad essersi preso una sbronza, noi una volta, uscendo dal bar, eravamo convintissimi di aver scontrato per sbaglio camminando Fabrizio Bracconeri, ma gli amici, con la geniale perfidia che li contraddistingue, dopo avermi lasciato libero di sguinzagliare un paio di chiacchiere amichevoli su “I ragazzi della Terza C” ed il significativo ruolo che ha avuto nella nostra vita Sharon Zampetti, ci hanno fatto notare che si trattava di una cabina del telefono. Insomma, capita, ma mica ce ne vantiamo dopo. Colombre feat. chiello – “Adriatico”: Un tuffo in un mare di musica rigenerante, offerto da due artisti, Colombre e chiello, che da quando hanno incrociato le spade ci regalano solo illuminanti scintille di cantautorato puro, sensato, espressione artistica autentica e significativa. “Adriatico” è un brano splendido, che ha il sapore dell’acqua salata, quello buono però, quello quando si è stanchi al tramonto, birretta in mano, amici accanto, costume umido, stanchezza rasserenante, una calma atavica nel cuore come di chi si trova nel posto giusto al momento giusto, nudo e ricco. Un brano inciso in punta di penna e che si incastra alla perfezione dentro “Realismo magico in Adriatico” di Colombre, uno dei migliori album della stagione. svegliaginevra – “La tua ragazza”: Pop non memorabile ma contemporaneo, svegliaginevra si conferma ragazza dotata di orecchio e gusto, ora forse serve giusto tradurre con maggiore autorialità l’indole alla narrazione, smussando angoli, ricercando le parole oltre alle situazioni. Ma è giovane, canta per un pubblico giovane e racconta storie di giovani e spesso ai giovani le storie, semplicemente, le storie, bastano, desiderosi di riconoscersi in qualcosa ancor prima di alzare la mano per farsela spiegare. Ecco “La tua ragazza” racconta molto bene, senza dare spiegazioni, ma scattando una semplice foto, venuta particolarmente nitida. Federico Rossi – “Maledetto mare”: Un brano che ci conferma solo quanto questa separazione di Benji & Fede sia stato un passaggio inutile e anche discretamente dannoso per noi; nel senso che le canzoni hanno lo stesso inesistente spessore, ma essendosi separati ora sono il doppio, un problema, lo assicuriamo, se di lavoro ti tocca ascoltarle. “Maledetto mare” non gira, le intuizioni proposte sono stantie, la costruzione del testo da scuola media, l’intento artistico superficiale, non è che non ci da alcuna ragione per scriverne bene, non ci da proprio alcuna ragione per ascoltarlo. Neima Ezza – “Bella”: Un ritratto semplice ed efficace, la bellezza di una ragazza raccontata non come vuoto canone estetico ma come resistenza ad un mondo che ti può togliere tanto ma non tutto. Un percorso interessante che fa scopa con l’interessante modalità con la quale il producer Dystopic lo fa suonare. Bravi tutti insomma. Vegas Jones – “Jones”: Il rap di Vegas Jones suona proprio bene; flirta con il pop ma non casca nella trappola del trend a tutti i costi, porta a casa dei featuring con colleghi in grado di arricchire l’offerta e non solo il parco stream, per dire, i duetti con Gemitaiz, con Quentin40 ed MV Killa, con Nitro e Nayt, e con Mostro (specialmente) sono perfetti. Vegas Jones sembra avere una chiarissima idea del concetto di canzone, canzone cui fine è la canzone stessa, canzone mezzo di espressione da tenere separato dalle logiche del mercato, canzone che deve arrivare a chi ascolta ma, per l’amor di Dio, deve anche partire, ingranare, arricchirci. “Jones” è un ottimo disco che speriamo non rimanga intrappolato tra le liane di questa giungla discografica. Cricca – “Cricca”: Ci prova, Cricca ci prova, Cricca perlomeno ci prova. Le canzoni sono gracili, inutile negarlo, alle volte talmente sottili da risultare quasi trasparenti, la sua voce poi è poco incisiva, troppo pulita e priva di carattere, ma almeno Cricca ci prova. Intendiamo proprio a dire qualcosa che non strizzi necessariamente l’occhio al pubblico, specie il suo, ereditato da un programma televisivo, quindi che ama essere imboccato e se non lo accontenti si volta dall’altra parte, posto che dall’altra parte si volterà già quando partirà la nuova edizione dello show. Cricca non imbocca, Cricca ci prova, in certi punti ci riesce perfino, come “Supereroi rework” e “Non mi chiamare amore”; deve migliorare, ma chi è che non deve migliorare, signora mia? Lucrezia – “Fulmini”: Brano schizofrenico, moderno, affascinante, intrigante, Lucrezia fa proprio centro, se questo è il codice con il quale intende parlarci, allora noi spalanchiamo porte e finestre per farla entrare. Finalmente quel talento intravisto a X Factor si stiracchia nella giusta direzione, torna a fare capolino, quindi no, “Molecole” non fu un colpo di fortuna, ma solo l’embrione di una visione che oggi si fa nitida anche per noi. E ci piace. Ci piace assai. Sierra – “Ti volevo dire”: Tutto molto semplice, quadrato, poco sgargiante, tutto privo di appeal, abbastanza noioso perché troppo riferito al sound che va per ora. Sulla carta è un no, visto che i Sierra sanno mettere qualità in ciò che fanno, diciamo proprio no. Junior Cally – “Miracolo”: Un pezzo assembrato male, la produzione dance spinge da un lato, l’intento concettuale dall’altro, entrambi sono sviluppati con troppa superficialità. Non leggerezza, superficialità, che sono due cose diverse. Il brano, semplicemente, non funziona. Linda – “17 anni (panico)”: Una sonora sculacciata generazionale, una canzone talmente diretta da farti sentire quasi in imbarazzo, l’intento è ascoltare e recensire, ma in realtà ti verrebbe quasi da chiedere scusa, anche se non gli hai fatto niente alla Gen Z, almeno credi, ma Linda con questo brano ti mette all’angolo e tira sberle. Non hai modo di difenderti perché è tutto dannatamente corretto ed è anche tutto dannatamente moderno, va veloce, come loro, i cciovani, e tu fai fatica a stargli dietro, riconoscendo, comunque, anche se da lontano, che sono nettamente migliori di noi, affrontano un mondo estremamente complicato con una sensibilità spiccata che li rende vulnerabili, infatti noi ne approfittiamo regolarmente. Brava. No, grazie. No, scusa. Tancredi feat. EDONiCO- “Disperato”: Inutile rivisitazione a quattro mani del classico di Nada “Amore disperato”, inutile perché “Amore disperato” è una canzone perfetta, più attuale di quanto queste nuove quattro mani potranno mai rendere. Infatti il risultato è imbarazzante, presuntuoso, spoglio di quell’ammiccamento, di quella disperazione, quel lacerante graffio. Bocciati. chiamamifaro feat. Asteria – “Santa subito”: Brano colorato che sdrammatizza le menate che ammorbano più o meno ogni coppia mai esistita. La santità in relazione alla pazienza dimostrata in una coppia è un grande classico del dire popolare, una del tutto appropriata celebrazione di ciò che tiene insieme due persone, l’accettazione dell’altro. Tenete lontana “Santa subito” dalle vostre compagne, potrebbero cogliere la palla al balzo per rinfacciarvi pure gli auguri di Natale alla vostra ex del 2011, o magari distraetele con i balletti divertenti ed improbabili che la canzone ispira. O magari amatevi, divertitevi e non se ne parla più. Brave. Giacomo Lariccia feat. Peppe Voltarelli – “L’attendente Cancione in bicicletta – (Dieci)”: Un brano dal sapore di Collodi, la solidità dei grandi narratori insomma, in questo caso alle prese con una furiosa e divertente ricerca della libertà, all’inseguimento delle promesse dell’orizzonte, a bordo di una bicicletta. Pura poesia. Imperdibile. Caffellatte feat. Haiducii – “Troppo Chic (Dragostea Din Tei)”: Pur decretando che più che un brano è il risultato di un brief di marketing, non male l’idea di tentare la hit sulle spalle di un’altra hit, sfruttando forse quel trend, manifestazione plastica della pochezza della musica di oggi, basato sul recupero di brani andati forte vent’anni fa (quando uscì la famigerata “Dragostea Din Tei”) per proporli ad un pubblico che ancora non era nemmeno nato. Quindi “Troppo Chic” è colpa nostra? Si, è anche colpa nostra, che ai tempi quando la wave ci propinò “Dragostea Din Tei” non siamo scesi in strada con mazze chiodate e forconi. Vergo – “Videocall”: Un ritmo leggero che tende al reggeaton per il racconto di una relazione a distanza, che vive, appunto, di videocall. Sarà che il reggaeton “It's not my cup of tea”, sarà che la modernità smorza un po' la poesia, sarà anche che, volendo sorvolare su questi due punti, il pezzo comunque è di una noia mortale; ma per noi è un secco no. Lowy feat. Maestro Pellegrini – “Ci vorrebbe il mare”: Pensavamo ad una versione di quel capolavoro di “Ci vorrebbe il mare” di Marco Masini, in realtà quello che Lowy e l’eccellente Maestro Pellegrini fanno è cantare il rovescio della medaglia. “Ci vorrebbe il mare tra noi” recita il testo, quindi un mare per dividere, per mantenere le distanze, giustificare l’assenza e la malinconia. Che è una scelta, come poi viene spiegato, da stupidi…che poi è quello che gli innamorati sono: stupidi.