AGI - Una collettiva di 17 artisti per il lungo addio di Vittorio Sgarbi a Sutri. Il sottosegretario alla Cultura ha presentato "Triste, Solitario y Final", la settima mostra organizzata da sindaco del comune della Tuscia che potrebbe essere anche la sua ultima, visto che a maggio si vota e lui potrebbe non ricandidarsi.
"Non lascerò comunque Sutri che amo e amerò sempre. Resterò il patrono di questa capitale dell'anima e della bellezza", ha assicurato illustrando l'esibizione a Palazzo Doebbing, l'ex palazzo vescovile.
Il titolo della mostra riprende quello di un romanzo di Osvaldo Soriano che a sua volta è una citazione del finale de "Il lungo addio" di Raymond Chandler. "Quando si lascia non si può essere che tristi, soli e alla fine", ha detto Sgarbi che ha alle spalle un quinquennio da sindaco in cui ha ammesso che più che alla gestione ordinaria ha badato ad alimentare "il Pc, cioè il Partito della cultura".
Il critico ha poi illustrato la mostra collettiva realizzata con il patrocinio di Intesa SanPaolo e ha spiegato come ha scelto i 17 pittori e scultori che spaziano in generi ed epoche diverse, da metà '900 ai giorni nostri. "Meriterebbero tutti di essere a Venezia o a Roma, anzi meriterebbero addirittura di più e così la gente potrebbe vedere cose mai viste", ha detto Sgarbi.
Alcuni sono noti al grande pubblico, a partire dall'angolo riservato a Benito Jacovitti, l'indimenticabile fumettista del Vittorioso, dispensatore di inconfondibili 'salami'. Tanti altri sono "maestri dimenticati del secolo scorso" ad artisti misconosciuti dei giorni nostri. Sgarbi li ha descritti uno a uno, Pinot Gallizio "il Pollock italiano", Saverio Rotundo, un artista di strada che ha definito il "Bernini di Catanzaro", Bruno Canova "maestro della pittura esistenziale", Gianfranco Ferroni "l'equivalente italiano di uno dei più grande pittori viventi, Antonio Lopez Garcia".
E ancora: Chiti Batelli "tra De Pisis e Schifano", Anne Donnelly, la pittrice irlandese madre della scrittrice Margaret Mazzantini che ha scritto cose magnifiche sulla sua arte, il pittore americano Simon Gaon. E ancora Dyalma Stultus, Wolfgang Alexander Kossuth, Marialuisa Tadei, Filippo Bodrilla, Matteo Peretti, Marco e Roberto Ferri, "artisti molto diversi ma uniti dal cognome e dalla loro potenza interiore" esposti in due sale una di fronte all’altra.
Due gli artisti siciliani rappresentati: Giovanni Iudice, la cui "singolare ricerca figurativa si staglia nel sociale tra la pittura di Lopez-Garcia e la luminescenza dei mari di Guccione", raccontando "l'infelicità sociale e la felicità naturale", e un artista a lui vicino per linguaggio, Emanuele Giuffrida, "l'Hopper siciliano".
"Le mie opere esposte a Sutri, scelte da Sgarbi, raccontano il mio recente lavoro tra dramma e incanto, uno sguardo sulla Sicilia dove vivo, impastata di realtà parallele, mio modo di essere realista", ha spiegato all'AGI Iudice.
"In questo corpus di opere, non è da meno la visione grottesca, oltre ai sereni bagnanti e agli sfortunati migranti che sbarcano a Venezia, un disegno, 'Mare italiano', descrive un paesaggio con figure che galleggiano in acqua, una barca vuota in alto mare che non sa dove approdare, e un asino godersi il panorama sotto l’ombra di un ulivo…".
Nella sala dedicata a Giuffrida, anche lui gelese come Iudice, sono esposte nove opere realizzate in periodi diversi, "un racconto esistenziale dell'uomo attraverso la rappresentazione degli spazi interni/esterni, presenze/assenze", in un'evoluzione tenuta insieme da "un'unica 'fede' di rigore figurativo".
La mostra è un progetto di Contemplazioni e resterà aperta fino al primo ottobre.