AGI - Sono passati vent'anni dalla scomparsa di Alberto Sordi, avvenuta a Roma il 24 febbraio 2003. L'Italia è cambiata (come tutto il mondo) in maniera significativa un quattro lustri.
Cosa è rimasto del grande attore che, alla sua scomparsa, vide riversarsi in strada per l'ultimo addio centinaia di migliaia di persone? "È rimasto lui, i suoi film, la sua leggenda, il suo modo di essere italiano, la sua ironia, i suoi pezzi in televisione con la sua capacità di essere spiritoso con eleganza senza essere mai sboccato, senza mai esagerare. È rimasta l'impronta che lui ha voluto dare a questo Paese guardandolo, un'impronta di copia, di imitazione, di rappresentazione del Paese. Insuperabile". Parlando con l'AGI, lo sceneggiatore e regista Enrico Vanzina, figlio di Steno (al secolo Stefano Vanzina) e amico da sempre di Sordi che vide crescere sui set del padre lui e il fratello Carlo (morto a Roma l'8 luglio 2018) e poi frequentò sempre la loro casa, ricorda il grande attore a vent'anni dalla scomparsa.
"Sordi è assolutamente speciale nel panorama delle icone del cinema italiano: ha osservato molto bene gli italiani e li ha riportati sullo schermo grazie ai suoi sceneggiatori e i suoi registi. C'è un'operazione iniziale di osservazione degli italiani che lui porta sullo schermo, poi il modello è stato così forte che sono stati gli italiani a copiare lui - spiega Vanzina - ha fatto dei ruoli in cui metteva sempre qualcosa di suo, ma la cosa straordinaria è che lui creava un modello e poi diventava un modello egli stesso. C'è un modo di vedere la vita alla Alberto Sordi - spiega Vanzina - io conosco persone, soprattutto a Roma, che ancora dopo tanti anni parlano come lui, fanno le battute come lui. Vuol dire che è diventato un modello".
Secondo Vanzina c'è una cosa che distingue Sordi da tutti gli attori di oggi che potrebbero stare nella commedia ed è che "in ogni personaggio che faceva, ruoli scritti dai maggiori sceneggiatori dell'epoca, ci metteva sempre qualcosa del suo carattere. Sordi in qualsiasi ruolo rimaneva sempre un po'... Sordi", chiarisce.
Parlando di attori di oggi, Vanzina non vede eredi di Albertone. Neppure Carlo Verdone, che ha sostituito Sordi nel cuore degli italiani in quanto ad affetto e popolarità. "Verdone ha giustamente detto che non è l'erede di Sordi - spiega - perché Carlo ancora più di Sordi mette se stesso nei suoi personaggi".
Non Verdone, dunque, ma neppure un altro comico popolarissimo, campione d'incassi al cinema e amatissimo dal pubblico, Checco Zalone. "Non ricorda Sordi piuttosto ricorda Totò che ha incarnato il 're degli ignoranti', l'uomo che vien dal basso e svela la verità dei potenti cialtroni - spiega - stessa chiave di Checco Zalone che col suo candore rompe i conformismi".
A proposito di Totò, Vanzina ci tiene poi a ricordare che "l'unico film in cui Totò e Sordi recitano insieme lo ha fatto papà con Monicelli ed è 'Totò e i re di Roma' in cui Sordi fa il personaggio di un saputello e ha delle scene con Totò che sono le uniche insieme ed è un peccato che questi due giganti non abbiano mai fatto un film completo", aggiunge.
Al tempo dei social network, in un'epoca storica in cui la moneta più rara e ricercata e al contempo la più volatile è l'attenzione, il rischio concreto è che l'abbondanza (ipertrofica) di offerte audiovisive sulle piattaforme e sulle tv, con centinaia di serie e fiction, facciano sì che pellicole 'antiche' di attori fantastici come Alberto Sordi o Totò vengano proposte sempre meno e le nuove generazioni perdano la memoria di questi artisti e dui questi grandi film del cinema italiano.
"La televisione tra i tanti pregi che ha, oltre ai tantissimi difetti, ovviamente, è mantiene viva la memoria storica del Paese - commenta Enrico Vanzina - se abdica da questa sua funzione, sbaglia perché l'impianto narrativo di un Paese passa attraverso anche il riproporre cose del passato. Noi non potremmo essere gli italiano che siamo se non abbiamo conosciuto Totò e Sordi", sottolinea.