AGI - “Le immagini della marcia su Roma sono la prima fake news creata ad hoc da un partito, se per fake news intendiamo una narrazione che sia solo funzionale ad un altro tipo di esigenza: il potere politico, nel suo raggiungimento o mantenimento”.
È appena tornato dal Festival del cinema di Venezia, Tony Saccucci, regista, sceneggiatore, professore (insegna storia e filosofia al liceo classico Mamiani di Roma), autore di ‘Marcia su Roma’, il film diretto dal regista irlandese Mark Cousins che ha aperto questa edizione del Festival in laguna sollevando un putiferio per via di un’immagine di Giorgia Meloni infilata alla fine del film, insieme a quella di Le Pen, Orban e Bolsonaro.
Saccucci ha anche scritto con Cousins la sceneggiatura di 'Marcia su Roma' che andrà in sala qualche giorno prima del 28 ottobre, cento anni dopo l’ascesa al potere del Duce, e a mente fredda si dice colpito dalla rissa a mezzo stampa che è scoppiata a Venezia per quel passaggio (forse sotto elezioni, c’era da aspettarselo) invece che sull’evidenza, “sicuramente poco valutata anche dagli storici”, di quell’impresa ‘cinematografica’, “una gigantesca messa in scena, architettata da registi sapienti, un film che ha cambiato la storia del mondo”.
Chi fu il vero regista della marcia, della marcia del 28 ottobre 1922?
“Alcuni contemporanei definirono la marcia su Roma un’opera buffa, una goffa kermesse”, risponde all'AGI il regista di Vallinfreda, un paesino sui monti alle porte di Roma. “Quello che però ancora resiste nell’immaginario collettivo, anche a cent’anni dai fatti realmente accaduti, è la loro rappresentazione. Bisogna stare attenti a non confondere i fatti con la rappresentazione dei fatti stessi, perché ciò che passa alla storia, ciò che si tramanda nella memoria di un popolo è quella rappresentazione che diventa essa stessa verità storica. La questione ‘marcia su Roma’ è emblematica in questo senso. Quello che è giunto fino a noi è l’eco della sua mitologia. Un mito creato mentre si svolgevano gli eventi”.
Immagini in presa diretta, ma non spontanee, capiamo bene? Il Duce e i gerarchi recitarono un copione, erano attori e comparse su un set?
“Le uniche immagini in movimento esistenti della marcia su Roma sono quelle del film di Umberto Paradisi dal titolo ‘A Noi! Dalla sagra di Napoli al trionfo di Roma’. Quelle immagini sono proprio la prima fake news creata ad hoc da un partito, se per fake news intendiamo una narrazione che sia solo funzionale ad un altro tipo di esigenza: il potere politico, nel suo raggiungimento o mantenimento”.
Saccucci, regista di due film su quel periodo premiati entrambi con due Nastri d’argento – ‘Il pugile del Duce’, sulla storia di Leone Jacovacci, e ‘La prima donna’, che racconta la tragedia di Emma Carelli, direttrice del Teatro Costanzi di Roma dal 1912 al 1926 – è convinto che dietro la marcia e la sua messa in scena c’erano diversi registi, dentro il partito fascista, ma anche fuori, la massoneria, per esempio. Una tesi non certo nuova. “Vero, ma io ho trovato le prove”.
Spieghi meglio, che prove?
“Renzo De Felice nella sua intramontabile opera sul fascismo riconosce senza titubanze un ruolo alla massoneria per la buona riuscita della marcia. Lascia però aperta la domanda su quanto questo ruolo fu “importante”. La massoneria di Raoul Vittorio Palermi ebbe un ruolo importante nei giorni immediatamente precedenti la marcia ma non fu ovviamente l’unico regista. Diciamo che la marcia ebbe una regia a più mani. Di regista vero abbiamo Umberto Paradisi. Fino al 13 ottobre del 1922 Paradisi era presidente della F.A.C.I. (il produttore del film Gloria. Apoteosi del Soldato Ignoto del 1921 sullo spostamento del Milite Ignoto, il più grande kolossal degli anni Venti): ho scoperto che suo vice era Amleto Palermi, figlio proprio di Raoul Palermi”.
Scusi, ma questo nel film non si vede.
“Tra un paio di settimane presenterò alla Sapienza il mio dottorato di ricerca dal titolo ‘Il film della marcia’. Per quattro anni ho studiato la rappresentazione della marcia su Roma, cioè il film A Noi!, nella sua genesi tecnica e produttiva. Proprio attraverso il disvelamento di quella rappresentazione ho provato a ricostruire i fatti reali, a dare un nome ai protagonisti. Ho smontato e rimontato i 64.945 fotogrammi che compongono le 436 scene di A Noi!”
E cosa ha scoperto che già non si sapesse?
“Penso di essere riuscito a smascherare la costruzione propagandistica di quell’evento, anche attraverso l’aiuto dell’intelligenza artificiale. A più di un secolo dalla nascita del cinema, la storiografia è pronta ad accogliere tra le file dei testimoni l’occhio della cinepresa. Forse, parafrasando Marc Bloch, è giunto il tempo in cui l’orco della fiaba cominci a fiutare carne umana tra i fotogrammi delle pellicole”.
Immagini girate e montate ad arte per creare un evento di propaganda che spostasse consenso. Oggi con i social lo fanno quotidianamente tutti i politici.
“Il Duce col film sulla marcia è stato il primo. La marcia su Roma è stata la prima fiction della politica italiana. Il regime ha usato il cinema e le immagini per creare una fake news che poi si è avverata. Tra qualche giorno alla Sapienza racconterò chi furono i registi e ‘i social media manager’ di quell’evento”.
Mussolini è ancora così presente nella società italiana?
“No. Non penso che dopo un secolo Mussolini sia ancora presente. Le generazioni cambiano. Quello che senza dubbio è presente è una sorta di memoria genetica di quello spirito del popolo italiano che aveva portato Mussolini al potere. In questo senso, iperbolicamente, potremmo dire che Mussolini era presente ancor prima che nascesse. Gli inglesi continuano ad aver bisogno della taumaturgia della Corona che ai nostri occhi sembrerebbe un anacronismo”.
Sta dicendo che gli italiani hanno il fascismo nel sangue, scusi?
“Sto dicendo che ogni popolo ha una sua antropologia, un suo DNA storico che si costruisce e modifica attraverso lente cristallizzazioni. È questo il motivo per cui su un film così importante come 'Marcia su Roma' è stato fondamentale un occhio esterno: quello di Mark Cousins".
Cosa aggiunge il film di Cousins alla narrazione dell’ascesa del Duce che già non sapevamo?
“Bertolt Brecht, in 'Vita di Galileo', scrive che “per capire il movimento di una sfera bisogna porsi dall’esterno”: è quello che abbiamo fatto con la magistrale regia di Mark. Uno straniero riesce a vedere meglio se e quanto noi abbiamo metabolizzato l’esperienza del Ventennio”.