P rendete Quentin Tarantino di ‘Pulp fiction’ e ‘Le belve’, aggiungete ‘Dieci piccoli indiani’ di Agatha Christie e uno spruzzo di fratelli Coen, quelli di ‘Fargo’ (più la prima serie che il film) e ‘Non è un paese per vecchi’ e il cocktail micidiale e vincente è fatto. Il tutto, naturalmente, da servire con un buon sushi.
Il thriller dell’estate è senza dubbio ‘I sette killer dello Shinkansen’ di Isaka Kotaro, libro pubblicato nel 2010 che arriva oggi in Italia edito da Einaudi (collana Stile libero Big, pagg. 542 . euro 21) con un titolo italiano più accattivante e significativo dell’originale, ‘Maria Bitoru’, in occasione dell’uscita del film da cui è tratto, ‘Bullet Train’ di David Leitch con Brad Pitt e Sandra Bullock, in sala dal 25 agosto.
Il romanzo si svolge su un treno partito da Tokyo e lanciato a trecento all’ora nella campagna giapponese. Durante il tragitto fino alla stazione di Morioka, tempo di percorrenza due ore e mezza (perfetto per una sceneggiatura), gli avvenimenti si susseguono tra colpi di scena, piccoli e grandi drammi, attese tradite e momenti di tensione. Una valigia piena di soldi nascosta in una delle carrozze. Una coppia di criminali (Mikan e Lemon, gli Agrumi) che devono portare la valigia e un ragazzo a casa del padre, un terribile boss famoso per uccidere le persone dopo averle torturate crudelmente..Ma non sono questi due gli unici assassini presenti sul treno. Ce ne sono infatti altri pronti a entrare in azione: Coccinella, il Lupo, Kimura Yuichi, il Calabrone. Forse anche il 14enne Oji (il Principe). Altri saliranno alla fine del viaggio per un epilogo memorabile in cui l’influenza di Tarantino su Kotaro sembra evidente.
Ed è un po’ un testacoda artistico quello che avviene, con un genere cinematografico che influenza la letteratura e torna poi (nel film di Leitch in arrivo) al cinema,
Quello dello scrittore giapponese è comunque un meccanismo narrativo micidiale, in cui tensione e adrenalina si susseguono senza sosta. E la seconda parte del libro, dopo che i vari personaggi sono stati descritti, raccontati e sono entrati nel cuore del lettore – che li ama o li odia, non ci sono vie di mezzo - è un susseguirsi di colpi di scena, ammazzamenti, tentati omicidi e omicidi veri. Come nel romanzo di Agatha Christie i protagonisti iniziano a morire e non si sa bene chi resterà vivo. fino all’ultimo, straordinario, colpo di scena e l’entrata in campo (sul vagone) di due nuovi inattesi personaggi, più un terzo, sempre presente sullo sfondo, a cui viene affidato il compito di chiudere la storia. Ovviamente in maniera estrema.
Il lettore non potrà non odiare e desiderare tutto il male possibile per Oji, lo studente delle medie con la faccia innocente di ragazzino per bene che in realtà è un pericoloso psicopatico. È lui ad aver mandato in ospedale il figlio di Kimura Yuichi, Kimura Wataru che ora si trova sullo Shinkansen – il treno proiettile – per vendetta e sadismo. C’è poi Nanao, detto Coccinella, a suo dire l’assassino piú sfigato del mondo per cui non si può non fare il tifo, e la letale coppia di killer professionisti formata da Mikan e Lemon, ingaggiati per riportare a casa il figlio del boss Minegishi e una valigia piena di soldi. Due killer che ricordano quelli creati da Tarantino in ‘Pulp Fiction’ e interpretati da John Travolta e Samuel L. Jackson: logorroici, eccentrici, fuori di testa, strampalati, talvolta addirittura surreali. Infine c’è la figura di Maria che dà il titolo originale al libro, che compare davvero solo alla fine e la cui importanza non è rivelata nel romanzo.
Un mistero che forse indica che sia più di una semplice messaggera e ‘guida’ per Nanao. ‘I sette killer dello Shinkansen’ arriva in Italia probabilmente sulla scia del film, ma questo romanzo del 2010 merita di essere tradotto perché rivela davvero un autore di alto livello. Isaka Kotaro infatti riesce a tenere sulle spine il lettore per tutta la durata del romanzo e non concede mai tregua, neppure quando racconta le vicende personali dei protagonisti distogliendo l’attenzione dal normale fluire della narrazione a trecento all’ora.