AGI - L’”ignoto”, che sia nello spazio, nell’universo, nella vita, nel nostro corpo “abitato da miliardi di batteri di cui non sapevamo l’esistenza”, declinato e interpretato in tutte le forme, insieme a quello che “non sappiamo di non sapere”, è il tema su cui sono stati chiamati a interrogarsi gli oltre 400 artisti, designer, architetti, provenienti da più di 40 paesi, che con le loro opere danno vita alla 23 esima Esposizione internazionale di Triennale, dal titolo "Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries", che per 5 mesi, dal 15 luglio all’11 dicembre apre le sue porte al pubblico.
Corposa più che mai, e quasi inaspettata in un periodo pandemico come l’attuale, la componente estera: sono 23 le partecipazioni internazionali, con una forte presenza del continente africano, rappresentato da 6 padiglioni nazionali (Ghana, Kenya, Lesotho, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda e per la prima volta del Burkina Faso). Inedito anche il padiglione ‘sinti e rom’ e un focus sull’Ucraina per far emergere la cultura di quel paese in questo difficile momento. Come ha ricordato il presidente Stefano Boeri, questo “ha comportato anche scelte dolorose all’inizio, quando abbiamo ritirato l’invito al governo russo a partecipare”.
C’è da prendersi almeno una giornata di tempo, ma meglio due, per visitare il concentrato di bellezza e originalità, che si trova diviso su due piani, dell’esposizione promossa da Triennale in collaborazione con il Bureau International des Expositions (Bie) e il Ministero degli Affari Esteri. Come ha osservato, in conferenza stampa, il presidente Boeri, “c’è un arcipelago di mostre, dove ognuno ha avuto lo spazio per esprimersi in totale autonomia”.
Con Unknowns si esplora l'universo
Centro nevralgico dell’Esposizione è la mostra curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer all’Agenzia Spaziale Europea. Un percorso che presenta più di cento tra opere, progetti e installazioni di artisti, ricercatori e designer internazionali che si confrontano con l’ignoto. Si parte dalla considerazione che la “gravità è il primo e più grande designer della storia”, e si ammirano dipinti del 1609 come ‘fuga in Egitto’ realizzato nella Roma del Caravaggio prima della pubblicazione delle osservazioni di Galileo, dove si ritrae la via Lattea per la prima volta.
Poi c’è il bosco di Sodi che lavora in simbiosi con l’argilla plasmandola in corpi primari imperfetti quanto unici.
E ancora, una biosfera in vetro, corallo, sabbia e gamberi: un sistema ecologico in miniatura che la Nasa ha sviluppato all’inizio degli anni 80, come strumento di ricerca testando la mancanza di gravità nello spazio. C’è un censimento completo della Via Lattea realizzato dall’European space agency, nella missione Gaia. E infine l’opera di Refix Anadol che propone una concettualizzazione estetica della collisione tra la galassia Andromeda e la nostra Via Lattea prevista tra circa 4 miliardi di anni. Sarà un abbraccio o uno scontro? La risposta ai posteri.
Nell’ottica del riuso e della sostenibilità, l’allestimento della mostra tematica, progettato da Space Caviar e realizzato da Wasp, è stato interamente creato attraverso la stampa 3D e prodotto negli spazi di Triennale da grandi stampanti, utilizzando solo materiali di origine naturale, in gran parte derivati da sottoprodotti dell’industria agroalimentare. Si tratta della prima volta che un allestimento viene completamente prodotto all’interno di spazi museali.
Con Mondo Reale si atterra sul pianeta
Se la mostra Unknown Unknowns si allontana dalla Terra per esplorare il mistero dell’universo, la mostra “Mondo Reale” curata dalla Fondation Cartier, è immaginata come un atterraggio sul nostro pianeta per portare l’attenzione sulle meraviglie che lo compongono attraverso film, dipinti, fotografie, installazioni e sculture. Concepita da Hervé Chandès, Direttore Artistico Generale di Fondation Cartier, è una riflessione sui concetti di mistero e ignoto, attraverso il lavoro di 17 artisti internazionali.
Tra loro Patty Smith e David Lynch. Il regista si collega ogni giorno alle 19, e si trasforma in meteorologo: fornendo informazioni sul clima a Los Angeles. E partecipa anche con il cortometraggio “What did Jack do?”. Partecipa anche con un cortometraggio che si chiama What Did Jack do? del 2017.
Entrando nelle ampie sale l'impatto visivo è affascinante: ci si ritrova a passare in rassegna gli eventi più clamorosi degli ultimi 2 anni della nostra vita: alla parete ci sono le splendide copertine del New York Times, realizzate da Sho Shibuya, dal 2020 al 2022.
In mostra "La tradizione del nuovo"
Nel Museo del Design Italiano di Triennale Milano, diretto da Marco Sammicheli, per l’occasione trova posto la mostra “La tradizione del nuovo”, che raccoglie opere, installazioni, processi creativi e sperimentazioni che hanno contribuito allo sviluppo della società tra il 1964 e il 1996. Con autori come Liisi Beckmann, Claudio Salocchi, Roberto Sambonet, Exhibition Design Group, Fiorucci Dxing, Alberto Meda, Clino Trini Castelli, l’allestimento della mostra, progettato da Zaven, mette in scena materiali, metodi del design e della cultura del progetto tracciando nuovi percorsi formali e creativi.
Progetti speciali come il Corridoio Rosso
L’Esposizione Internazionale comprende una serie di progetti speciali commissionati da Triennale ad alcune personalità del mondo della cultura. Gli storici dell’arte Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa curano la mostra Il “corridoio rosso”, su progetto di allestimento di Margherita Palli, un’esposizione che ricostruisce in modo estremamente realistico l’interno di una casa borghese del primo Novecento, dove il mistero si cela dietro a ogni porta chiusa. A spaventare i visitatori c'è anche l'Automa Settala, il demone in legno.
Francesco Bianconi, scrittore, cantautore e musicista, presenta l’installazione Playing the Unknown, che riflette sul concetto di ignoto come spazio meraviglioso e abitabile, evocando le profondità degli oceani.
L'Africa di Kéré
All’ingresso del palazzo della Triennale il primo approccio è con una grossa torre, alta 12 metri, decorata con interpretazioni contemporanee di motivi tradizionali dell’architettura del Burkina Faso. Si tratta di uno dei 4 progetti di Francis Kéré, premio Pritzker per l’architettura, che ha realizzato installazioni sulle immagini e le voci del continente africano che scandiscono il percorso di visita, dall’esterno all’interno di Triennale.
Il filo conduttore delle 4 installazioni, come spiega Kéré, è l’invito ai visitatori a usare tutti i sensi, ricordano che esiste una conoscenza troppo spesso trascurata che dovremmo riscoprire per affrontare gli Unknown Unknowns che ci attendono. Per esempio, nella Torre, dove si consiglia di entrare, “bisogna dimenticare i fardelli che ci portiamo dietro, spostando lo sguardo verso l’alto per rendersi conto che tra noi e il cielo c’è unno spazio per l’immaginazione”.