AGI - Sognare, rincorrere un songo, morie per un sogno. È la storia di Fatim Jawara. Una promessa del calcio femminile. Gioca in porta nella nazionale giovanile del Gambia. Sui polverosi campi africani ha imparato a tuffarsi da un palo all’altro, ma anche i valori della lealtà, dell’amicizia, della libertà, perché in Gambia il pallone non è solo gioco: per molte donne è l’unico modo per emanciparsi da una società patriarcale segnata dall’infibulazione e dai matrimoni forzati.
Con le Red Scorpions di Banjul, Fatim ha trovato un gruppo di ragazze che sono diventate sorelle, ha parato rigori, vinto trofei, ha accarezzato il sogno del professionismo. Ha partecipato anche ai Mondiali Under 17 in Azerbaijan. Un giorno, però, decide di partire. La madre e i fratelli la credono impegnata in una trasferta, le compagne di squadra si interrogano stupite. Solo tempo dopo scopriranno la verità.
Fatim ha preso la backway per risalire il Continente africano, ha affrontato un’odissea nel deserto ed è stata in Libia, dove i migranti vengono trattenuti in condizioni disumane, per poi imbarcarsi su un gommone alla volta della Sicilia. Troppo forte la voglia di cercare fortuna, di rincorrere un sogno, sui campi verdi europei, troppo grandi i sogni che in Africa, nel suo paese, non avrebbe mai potuto realizzare.
Come migliaia di migranti, Fatim ha incontrato la morte nelle acque del Mediterraneo. Come migliaia di migranti che hanno perso la vita nell’attraversata della speranza poteva rimanere un’anonima ragazzina che ha perso la vita, che è stata sfortunata. Dall’anonimato, invece, la tolta Mariangela Maturi, giornalista e scrittrice, che ha ripercorso le sue tracce, ha incontrato i parenti, le amiche e i compagni di viaggio, ha osservato da vicino i luoghi in cui è cresciuta indossando la divisa da calcio sotto gli abiti tradizionali.
Maturi ci ha restituito un volto, un nome, una storia, attraverso il suo libro “Solo un passo per spiccare il volo”, storia di Fatim, il sogno spezzato di una promessa del calcio (Piemme, pag.208, euro 17,90).
“Quella di Fatim Jawara - scrive Maturi nell’introduzione - è una soltanto fra le migliaia di storie di figli e figlie del Gambia che non riescono a raggiungere l’Europa, perché a loro non è permesso di arrivare all’abbraccio degli italiani-brava-gente per vie legali e sicure. Tutte storie che hanno un’unica tragica conclusione, e vengono quindi amalgamate nel singolo, freddo numero dell’ennesimo naufragio, l’ennesima strage di migranti annegati nel Mediterraneo”.
Questo libro unisce narrazione e reportage per raccontare il sogno tragicamente spezzato di Fatim, per ricordarla e soprattutto celebrare il suo coraggio e la sua gioia di vivere.
“Ho cercato Fatim in ogni minimo granello di informazione – scrive ancora l'autrice – per scoprire che la ricostruzione puntuale dei fatti non bastava comunque a ridarle voce. Allora, forse con un azzardo, ho cercato di immaginare la sua voce basandomi sempre sulla descrizione che mi ha regalato chi l’ha conosciuta davvero […] Ho tentato in definitiva di salvaguardare la sua memoria, e anzi di portarla un po’ lontano, magari su quelle sponde italiane a cui sarebbe dovuta approdata se il mare non l’avesse fermata. A impedirle di arrivarci non è stato il destino – come sarebbe forse più facile credere – ma politiche migratorie ben precise, la mancanza di visti e la chiusura delle nostre frontiere. Quello che amaramente posso cercare di donarle per raggiungere il nostro Paese, anche se è troppo tardi, è racchiuso nelle pagine di questo libro”.
Mariangela Maturi ha cercato di immaginare la voce di Fatim basandosi sempre su ciò che le veniva raccontato da chi l’ha davvero conosciuta. “Gli occhi sono puntati su di te, parte il tiro e tu sai che non avranno pietà, per sopravvivere puoi solo parare. C’è quell’istante preciso in cui spicchi il volo: fai un passo prima, soltanto un piccolo passo per darti la spinta, e poi ti lanci verso la palla. Lo scarto fra vivere e morire è tutto lì, nell’istante che cambia il corso delle cose”.