AGI - Esce oggi in libreria “Matteo Messina Denaro – latitante di Stato”, scritto da Marco Bova, giornalista, per i tipi di “Ponte delle Grazie”.
Un libro che traccia un profilo dell’ultimo protagonista vivente della stagione stragista di Cosa nostra e attraverso documenti e analisi cerca di capire per quale motivo, sia ancora a piede libero. Uno scopo certamente non facile e scomodo per qualcuno, probabilmente per molti.
Matteo Messina Denaro, come è scritto nella presentazione del libro, “pare un fantasma inafferrabile: in questi 30 anni, innumerevoli sono state le piste seguite, colossale lo sforzo profuso dallo Stato mentre gli annunci di una cattura imminente continuano a susseguirsi. Depistaggi, indagini inquinate, prove scomparse".
"Tantissimi depistaggi – spiega Bova - per prendere quello che è considerato ormai il capo indiscusso della mafia. I depistaggi sono il cuore di ogni latitanza prolungata, nel libro però ho provato a raccontare gli sgambetti subiti da chi ha indagato sulla sua fuga. Ci sono guerriglie tra pm e sovrapposizioni investigative, alimentate anche da invide personali e questioni di carriera e causate dalla mancanza di un coordinamento autentico. Ho deciso di lavorare a questo libro due anni fa, in cui ho elaborato documenti e fatti conosciuti negli ultimi sei/sette anni. È stato un lavoro lento, durante il quale mi sono posto molti interrogativi, alcuni dei quali tuttora in piedi.
Ho deciso di scrivere questo libro per raccontare cosa sta accadendo in questo piccolo pezzo del nostro mondo, in cui da trent'anni si cerca una persona senza alcun successo, ma si continuano a celebrare maxiblitz e perquisizioni a tappeto. Ho conosciuto persone che darebbero la vita per catturarlo e voltare definitivamente pagina nelle indagini antimafia, ma a dare il senso a questo libro è il racconto degli sconfitti della caccia a Messina Denaro, penso all'appuntato della Finanza Carlo Pulici, assistente del procuratore aggiunto Teresa Principato, che dopo trent'anni in Procura è stato allontanato con accuse strampalate, che hanno finito per stroncare il lavoro della pm”.
"Nella caccia a Messina Denaro - aggiunge l’autore - c'è tanta confusione, questo lo hanno capito soprattutto alcuni investigatori che bramano dalla voglia di mettergli le manette”. Ma a chi fa comodo che il boss non venga mai catturato?
“La caccia a Messina Denaro, per quanto è costosa, andrebbe inserita tra le voci del bilancio del nostro Stato. Le sue ricerche da decenni assorbono gli investigatori più capaci, distogliendo risorse essenziali per capire la nuova mafia e individuare i boss insospettabili dietro una lunga schiera di manager e professionisti”.
C’è un momento in cui inizia la storia di Messina Denaro, da cui è dipeso tutto: “La sua latitanza – dice l’autore - è iniziata nel 1993, ma lo Stato ha iniziato a cercarlo sul serio soltanto dopo l'arresto di Bernardo Provenzano, catturato nell'aprile 2006. Nel libro si racconta la storia del professore Antonio Vaccarino, morto pochi mesi fa in condizioni discutibili (dopo aver contratto il covid in carcere, nonostante i legali chiedessero il trasferimento ai domiciliari per questioni di salute), con cui avevo registrato un'intervista poco prima che fosse nuovamente arrestato. La sua storia rocambolesca è raccontata nel Prologo e nell'Epilogo del libro, compresa la corrispondenza che aveva intrattenuto con lo stesso Messina Denaro: capire davvero questa operazione può aiutare a comprendere la sua fuga interminabile”.
Quando sarà possibile porre fine alla sua latitanza? “Mi auguro che la sua latitanza finisca domattina, saremo pronti a raccontarne ogni aspetto: fino ad allora non ci resta che tenere le dita incrociate e sperare che lo Stato cambi approccio. Mi piace pensare che Messina Denaro - conclude Marco Bova - sarà arrestato dall'intuito di chi, in questi anni, non ha mai smesso di cercarlo senza alcuna ritrosia e dal coraggio di chi deciderà di andare fino in fondo”.