Il 'Giardino dei Tarocchi' dalla Toscana sbarca al MoMa
AGI Ci sono voluti 17 anni per realizzare, pezzo su pezzo, il suo capolavoro, il ‘Giardino dei Tarocchi’ in Toscana, e altrettanti dalla sua scomparsa per ottenere la definitiva consacrazione artistica sul palco internazionale.
Ma alla fine la poliedrica artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle ce l'ha fatta, riuscendo a portare anche un pezzetto di Italia in uno dei musei più importanti al mondo. Da oggi, infatti, la sua produzione artistica è al centro di una retrospettiva al Moma di New York dal titolo ‘Niki de Saint Phalle: Structures of Life’.
Una riscoperta dell'eredità artistica che passa attraverso lo studio della sua opera principe a Capalbio, nel cuore della Maremma Grossetana, dove per più di un ventennio de Saint Phalle ha lavorato e vissuto. Un parco nel verde di oltre due ettari con 22 strutture ispirate alle carte dei Tarocchi di Marsiglia, alte fino a 15 metri e ricoperte di mosaici, in grado di rivaleggiare con Parc Guell di Gaudì a Barcellona.
“Un oasi segreta rimasta di nicchia – spiega Lucia Pesapane, critica d’arte di stanza a Parigi, tra le maggiori conoscitrici dell’artista – un po’ come lei, salita alle luci della ribalta solo negli ultimi anni. La sua forza è essere popolare ma con messaggi impegnati”.
Tanto che anche il Comune di Capalbio, che ha conferito a Saint Phalle la cittadinanza onoraria nel 2006, insieme alla fondazione del territorio ha deciso di rendere omaggio all’artista con una grande esposizione, dal luglio a novembre, dedicata alla storia del parco e al suo rapporto con la Toscana. La mostra è curata proprio da Pesapane che era stata invitata anche al Moma per il lancio della retrospettiva.
“Nell’arte ci sono sempre andate e ritorni, questo è il suo momento – commenta Maria Concetta Monaci, presidente della Fondazione Capalbio - siamo orgogliosi di ospitare una delle sue opere più famose e poterle dedicare una grande esposizione”.
A unire con un filo rosso la retrospettiva a New York e la mostra in Toscana con più di 100 opere tra sculture, disegni e pitture anche inedite c’è infatti il ‘Giardino dei Tarocchi’, frutto di un lavoro ventennale e di una storia leggendaria. Nel 1979 all’apice del successo, la cinquantenne Saint Phalle, ispirata da Parc Guell a Barcellona e dal giardino di Bomarzo, si trasferisce a Garavicchio dove inizia da zero la costruzione del parco insieme al marito. I lavori, interamente autofinanziati con 10 miliardi di lire, terminano nel 1996.
“Frequentava la Factory di Andy Warhol ed era protagonista della scena americana, poi per un ventennio è scomparsa dai radar – racconta Pesapane - La mostra di Capalbio ripercorre la lunga realizzazione del parco, un lavoro immenso e costoso, sviluppato in piena libertà e con tanta passione perché era il suo sogno. Basti pensare che ha dormito e mangiato 4 anni dentro la prima struttura costruita, l’Imperatrice, senza porte né riscaldamento”.
Il parco, inaugurato nel 1998 ma rimasto sempre di nicchia per volere della creatrice che non lo ha mai pubblicizzato, è una miniera di storie e dettagli curiosi. A partire dall’assenza di regole: nel parco si può fare tutto, non ci sono barriere, descrizioni o percorsi. Ognuno può perdersi tra il verde e le rappresentazioni dei Tarocchi, per trovare una sua interpretazione. Il giardino è ricco di colori e curve, disegni e sculture, in grado di riunire tutte le fasi artistiche attraversate da Saint Phalle.
“La sua arte è vitale e i messaggi ancora attuali – spiega la critica d’arte Pesapane – emerge il tema dell’emancipazione femminile, il superamento delle differenze razziali, l’attenzione verso l’ambiente e il sogno di una società inclusiva”.
E la mostra a Capalbio, assicura Maria Concetta Monaci, cercherà di rilanciare tutti gli spunti: “Costruiremo una serie di eventi collaterali: spettacoli con il teatro di Roma, esposizioni nelle cantine vinicole con giovani artisti, talk su femminismo e discussioni sull'ambiente, sarà variegato e vivo, come la vita di Niki Saint Phalle.