L a prima foto è del novembre 1939: un papa, Pio XI, sta per rimettere piede al Quirinale per la prima volta dopo lo schiaffo di Porta Pia. L’ultima è del 7 giugno 1944: a Roma sfilano da due giorni gli Alleati. Il nuovo papa, Pio XII, li riceverà al Vaticano mentre il Quirinale è vuoto e dal balcone di Palazzo Venezia nessuno si affaccia più.
Tutto immortala nelle sue lastre Vitullo, ‘scattino’ di quella generazione di fotografi che prepararono la strada ai paparazzi della Dolce Vita. Chi fosse con esattezza non si sa, e una foto forse sua ce lo restituisce con una scriminatura disegnata quasi con la matita in mezzo ai capelli impomatati. Il suo lavoro però è lì, a ricordare e rammentare l’ultima stagione in cui Nannarella non aveva ancora scoperto la musica americana e la Capitale viveva con i ritmi raccontati nel Pasticciaccio Brutto di Via Merulana.
Subito dopo sarebbe sì arrivato il bellissimo Valzer della Toppa, ma la Roma di Pasolini è tutt’altro rispetto a quella di Vitullo.
Oggi gli scatti di Vitullo tornano alla luce grazie ad un lavoro di digitalizzazione e valorizzazione voluto dall’Agi, che ne è proprietaria dai tempi in cui l’archivio venne acquistato da Enrico Mattei, negli anni dei paparazzi e dello splendore di Via Veneto.
A selezionarli Riccardo Luna e Marco Pratellesi. Per presentarli un evento presso il Cinema The Space Moderno di Roma. Non una iniziativa isolata.
Nel segno di Fellini
Si inserisce, l'idea, nell’ambito delle celebrazioni dei 100 anni della nascita di Federico Fellini, che ricorreranno nel 2020, e in due serate eccezionali al Cinema The Space Moderno a Roma, Videocittà in partnership con Eni proietta “Roma” del maestro riminese nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, insieme alle prime immagini in movimento realizzate sulla Capitale da fine '800, fra cui anche una rarissima sequenza girata dai Fratelli Lumière.
Proiettati anche il Corto inedito sulla prima edizione di Videocittà, realizzato dagli studenti dell’Istituto Rossellini, con l’amichevole supervisione di Pappi Corsicato e il Making de “Il Primo Re” di Matteo Rovere.
Tantissimi gli ospiti all’inaugurazione condotta da Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano- Premi David di Donatello. Tra gli altri Luca Bergamo, Vice Sindaco e Assessore alla crescita culturale di Roma, Eleonora Giorgi, attrice e comparsa nel Roma di Fellini, Matteo Rovere, regista e sceneggiatore de “Il Primo Re” e Francesco Rutelli, Presidente Videocittà
Un capolavoro, quello del Maestro riminese, che racconta la Città Eterna in un geniale caleidoscopio di episodi dove l’Italia dell’epoca fascista è confrontata a quella dei primi anni Settanta, in luoghi e riti emblematici.
Come ricorda Riccardo Luna: “L’archivio Vitullo dell’Agi è un pezzo della storia che da oggi entra nella storia. Grazie al digitale, esce dall’oblio per diventare patrimonio di tutti. La prima foto è del 28 novembre 1939. L’ultima è del 7 giugno 1944, due dopo l’arrivo degli Alleati a Roma. Sono in tutto 14.594 scatti, quasi tutti su lastre di vetro più diverse centinaia di negativi alla gelatina. Ancora qualche anno e non ne sarebbe rimasto nulla: la chimica e il tempo sanno essere implacabili”.
Lo scattino che conservava tutto, anche quando il Duce sbagliava
Ma chi era Vitullo? Per la verità conosciamo solo il suo cognome. Aveva lo studio vicino a Fontana di Trevi e casa sua i fotografi erano più di uno. Nell’archivio è conservata la foto di un certo Vittorio Vitullo: giovane, papillon a pois bianchi, doppio petto abbottonato e gelatina per dividere i capelli scuri con una riga netta.
Chissà se è lui il nostro Vitullo: era un fotografo del Popolo di Roma, ma non famoso come Adolfo Porry Pastorel che in quegli anni passa alla storia come il “papà dei paparazzi”.
Era uno scattino, un fotoreporter d’assalto. Nell’archivio ci sono molte foto in un certo senso già viste, perché magari scattate da altri fotografi che erano accanto a Vitullo; ma ci sono anche moltissime foto non ufficiali, quelle scartate, quelle dove il Duce non era venuto abbastanza bene, quelle dove si vedeva che la propaganda era fatta di cartapesta. Sono le migliori.
Non sappiamo cosa ne sia stato di Vitullo dopo la Liberazione. Ma sappiamo che il suo archivio, completo dei registri autografi con le didascalie, è stato acquistato nel 1961 dal fondatore dell’Eni Enrico Mattei.
“Da allora le foto sono rimaste al sicuro in un magazzino ma di fatto inaccessibili. Fino ad oggi”, sottolinea ancora Luna, “Un appassionato lavoro di digitalizzazione le ha riportate alla luce. Non sono solo reperti del passato. Sono foto vive perché ciascuna di esse racconta una storia, un’altra storia”.