C’è “un accadimento straordinario”, per quattro giorni atteso ma che non arriverà. Un accadimento che Napoli, torturata da una pioggia implacabile, aspetterà come Godot forse per sempre. C’è uno scrittore che immagina e racconta d’urgenza quest’attesa (mette giù l’opera in una quarantina di giorni), veste i pensieri di voci e prosa incantate e una spanna più su di chiunque. Intitola “Malacqua” questa collettiva, realistica fiaba vesuviana. Italo Calvino la legge affascinato e la fa pubblicare, giusto quarant’anni fa da Einaudi, trovando nel libro “un senso e una forza e una comunicativa”.
L’autore si chiamava Nicola Pugliese.
Ma un ”accadimento straordinario” arriva comunque e molto più tardi: così la settimana scorsa – sì, trascorsi quarant’anni da quel ’77 – ‘The Wall Street Journal’ si accorge del libro, che in Italia solo alcune migliaia di entusiasti lettori conoscono, e gli dedica la lunga recensione dell’autorevole critico Toby Lichtig, il quale esalta lo stile “lirico, caustico e fantastico” di Pugliese, “talentato ritrattista” che pittò caratteri “meravigliosamente vividi” e “sorprendentemente toccanti”. Un riconoscimento internazionale che arriva come annuncio della (prima) pubblicazione in lingua inglese: ecco “Malacqua: Four days of Rain in the City of Naples, Waiting for the Occurrence of an Extraordinary Event”, traduzione di Shaun Whiteside, appena uscito per l’editore britannico And Other Stories, che conta in catalogo fra gli altri Enrique Vila-Matas e Fleur Jaeggy.
Nella bottiglia del tempo
Alla voce del WSJ si aggiunge quella di ‘The Spectator’, con la critica Anna Aslanyan, per la quale si tratta di “un piccolo capolavoro”, nonché del “libro più strano e seducente di quest’anno”.
E’, questo, il raro caso di un autore italiano che non arriva all’estero spinto dai successi di vendita nazionali o per determinazione di un grande editore, ma per la mera qualità dell’opera. Né Pugliese spinse mai per se stesso: esaurita la tiratura, “Malacqua” finché visse lo scrittore non fu più ristampato. Chi non riusciva a reperirlo s’accontentava di leggerlo in fotocopia, mentre la cerchia (crescente) del suo pubblico si chiedeva dove fosse finito l’autore. E più è passato il tempo, più giornalisti, critici e studiosi (resi dal tempo, forse, più galantuomini) hanno valutato “Malacqua” un'opera unica: di minor fortuna editoriale, ma di qualità perlomeno pari a “Ferito a morte” di Raffaele La Capria. “Libro stupendo” per Roberto Saviano: Pugliese “non volle farlo tornare in libreria per timidezza, pudore e malinconia, forse”.
E’ che intanto lui, Pugliese, se n’era andato: abbandonando il giornalismo – aveva a lungo lavorato al quotidiano ‘Roma’ – scelse come luogo di fuga Avella, paese assai antico e ameno nella provincia di Avellino, lontano da quelle relazioni letterarie che sempre gli spiacquero, come persona e come autore. Per spiegarlo con le parole sue, che riportò Marco Ciriello in una intervista essenziale al 'Mattino': “Ho raggiunto il massimo della libertà consentita in una società come la nostra. Sono un re senza l’incombenza delle cerimonie”. E poi: “Mi piace partecipare ma senza esagerare, preferisco quelli che – in generale – ci credono poco”.
Dalla redazione al Bar Pasquino
Per la sua volontaria sottrazione a un genere di vita che non gli assomigliava, o in cui reputava inutile spesa rimanere presente, sui giornali lo definivano “il Salinger napoletano”: come l’autore di Holden, ricordato per un libro e distante dalle luci. Da ragazzo, Pugliese avrebbe voluto fare teatro o il marinaio e fu anche un promettente calciatore dilettante nella 'Salvator Rosa' assieme a Ciccio Cordova, futuro capitano della Roma, però il padre lo voleva giornalista - come lui. Come Andreoli Carlo (cognome-nome, nello stile dei mattinali di Questura), il cronista scelto a protagonista o meglio a testimone di “Malacqua”.
Il “Salinger di Napoli” trascorse gli ultimi anni nel posto che amò più di una redazione: il piccolo Bar Pasquino di Avella, con il titolare Carmine Guerriero e vari fedeli amici come Pellegrino Palmieri e Lucio Belloisi, che conservano tuttora nel locale un gran ritratto di Nicola (di Fabio Mingarelli) e la scacchiera su cui si sfidavano. Pugliese scrisse ancora una raccolta di racconti, “La nave nera” (Compagnia dei Trovatori, 2008), ma restava sempre “quello di ‘Malacqua’”.
Il Bar Pasquino con il ritratto di Pugliese
Morì a 67 anni, il 25 aprile 2012. Poco tempo prima, su un’idea ch’era stata del giornalista Giuseppe D’Avanzo, il critico Giuseppe Pesce gli dedicò un video documentario che è anche testimonianza su Napoli. Per La Capria è città che “ti ferisce a morte o ti addormenta”; per Pugliese, città di “molte primavere cui non ha fatto seguito alcun tipo di estate”. E l’attesa di un “accadimento straordinario? “Ma forse l’attesa è sempre un’attesa di morte…”.
Fu nel maggio 2013, oltre un anno dopo la scomparsa dell’autore, che il napoletano Tullio Pironti (già editore di Nagib Mahfuz, Don DeLillo, Joe Marrazzo) finalmente ristampò “Malacqua”.
La città di cartone
Quarant’anni dopo la prima pubblicazione, quanto risulta quella storia figlia del suo tempo? Poco o pochissimo, perché potrebbe essere trasferita a oggi o a prima e il libro sempre funzionerebbe. Eppure tanto o tantissimo, perché descrive la Napoli fra gli anni Sessanta e Settanta, quella succeduta a “Le mani sulla città”, con la tragedia dei crolli stradali e delle morti (“e cazzo questa città davvero è di cartone, possibile che qualche ora soltanto di pioggia? eh possibile, possibile, cosa vuoi farci?”). Con l’assenza amministrativa e l’iperpresenza burocratica (scompigliata dalle grida misteriose di una bambola nella sala consiliare comunale). Con le minute storie di giovani, vecchi, uomini e donne fino alla magia di un mare che sale per ritrovare gli scugnizzi cui il sindaco ha vietato il bagno, o delle monete da cinque lire che alle orecchie dei bambini e alle loro soltanto riproducono tutte le melodie cui gli adulti restano sordi. E c’è il giornale di Andreoli Carlo, con le perplessità di sempre di ogni redazione (“Dentro nel ristorante si parla del giornale: occorre certo e quanto prima cambiarlo tutto, tutto da cima a fondo. Abbandonare la Politica con la maiuscola e ridiscendere dentro la vita, la cronaca, i fatti e fatterelli della gente”).
"Malacqua" è insomma un affresco con tanta gente quanta nei quadri di Micco Spadaro, ma l’obiettivo scende sui dettagli dei volti e sulle rughe di ciascuno. E' tutto un bianco e nero. Non è ‘o paese d’’o sole né quello tenebroso di camorra e neanche forse è necessariamente Napoli, ma una città-universo che i perfetti tempi narrativi e quelle voci rendono senza tempo.