L ondra - Quattrocento anni dopo la sua morte, avvenuta il 23 aprile 1616, il mistero sulla vera identita' di William Shakespeare non smette di appassionare studiosi e 'cospirazionisti'. Teorie e dubbi sul Bardo hanno attraversato i secoli, con lo stesso, incrollabile interrogativo: fu davvero quell'oscuro mercante di Stratford upon Avon, figlio di un guantaio e vissuto nel piu' completo anonimato, l'autore dei 73 testi teatrali e degli oltre 150 sonetti ufficialmente attribuiti al genio della drammaturgia inglese.
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Che William Shakespeare possa esser stato solo un prestanome di qualcun altro e' idea sostenuta nel tempo da un'illustre 'banda di scettici': da Walt Withman a Charles Dickens, da Mark Twain a Sigmund Freud. Anche perche' a collegare l'uomo di Stratford alle sue opere teatrali non vi e' lo straccio di un documento: non un manoscritto, ne' una lettera ne' qualsiasi altro incartamento. Le prime commedie, per di piu', non portano nemmeno la sua firma. Ne' gli impresari teatrali del tempo, che pure si dilettano ad annotare nomi e dettagli, accennano mai a lui che soggiorna a lungo nella Londra fervente di attivita' e cultura. E c'e' da dire che questo signore piuttosto attaccato alle scellino, che non esitava a trascinare in tribunale disgraziati debitori per somme esigue, non si preoccupo' - alla stesura di un lungo e dettagliato testamento il 25 marzo 1616 - di menzionare o dare disposizioni su alcuno dei suoi capolavori teatrali, che di certo avrebbero fruttato parecchio denaro ai suoi eredi.
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Per non parlare della fine conoscenza degli affari di corte, delle faccende politiche, del diritto e delle lingue straniere, della ricchezza di vocabolario - circa 29mila parole diverse -, della "tale meravigliosa testimonianza imperitura di genio e cultura" di cui il figlio di un guantaio analfabeta riesce straordinariamente e misteriosamentea a dare prova nelle sue opere. Infine il 'giallo' del monumento funebre: la statua presente a Stratford risale al 1720 - oltre un secolo dopo la sua morte - e lo raffigura mentre tiene in mano una penna e un libro. Nella scultura originale, tuttavia, il 'vero' Will appariva come un mercante che si appoggia a un sacco di grano.
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Gli anti-stratfordiani, neanche a dirlo, si sono sbizzarriti nel cercare l'autentico padre di Amleto, Giulietta e Romeo e degli altri. Le candidature avanzate sono state le piu' disparate: cosi' Shakespeare e' stato di volta, in volta, il filosofo Francesco Bacone, l'eterno rivale Christopher Marlowe, il conte di Oxford Edward de Vere, persino la stessa regina Elisabetta. Non e' mancata nemmeno la 'pista' italiana: secondo questa tesi il Bardo sarebbe stato il frate toscano, convertito al protestantesimo, Michelangelo Florio, o l'erudito e poliglotta figlio di questi, Giovanni. O entrambi avrebbero collaborato con l'attore Shakespeare per scrivere a sei mani le opere. In tempi piu' recenti il professore Martion Juvara, reinterpretando l'ipotesi 'floriana', ha ipotizzato che il Bardo fosse in realta' un messinese, figlio di un medico e di una nobile siciliana, Guglielma Crollalanza. Costretto a riparare in Inghilterra a causa della sua fede calvinista, dalla madre avrebbe tratto ispirazione per il nome de plume, William Shakespeare.
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(AGI)