D a Roma a Hollywood, fino al prestigioso festival di Tribeca. Giulio Marantonio, produttore italiano che da 10 anni vive e lavora a Los Angeles è Executive Producer di 'Kicks', il film che ha aperto il Tribeca Film Fest. Una pellicola che ha conquistato anche Robert De Niro che ha detto che "è film da non perdere". In un’intervista all’Agi da New York, Marantonio, 32 anni, racconta il suo percorso professionale, e offre alcuni consigli ai giovani appassionati di cinema che sognano di approdare a Hollywood.
Partiamo da Tribeca. De Niro ha presentato Kicks come un film sul “ritratto di un giovane uomo che sta annegando nelle aspettative del machismo”. Com’è andata la premiere?
E’ stata una serata bellissima, cinema gremito. Il film è stato recepito molto bene, il pubblico sembrava entusiasta. Si tratta dell'opera prima del regista Justin Tipping. E' un giovane filmmaker di talento, il suo corto, Nani, è stato nominato per un Academy Award. Kicks e' il suo primo lungometraggio. Per questo film abbiamo deciso di affiancare attori emergenti come Jahking Guillory, Christopher Meyer, Christopher Jordan Wallace, Kofi Siriboe, ad attori di esperienza quali Mahershala Ali. Sembra che la scelta abbia pagato.
La storia segue Brandon, un giovane di colore che vive nelle desolate periferie di Oakland. Subisce una rapina brutale e gli vengono rubate un paio di scarpe Jordan's, che ha comprato per essere accettato nel gruppo. Dopo la rapina, Brandon decide di riprendersi le sneakers e vendicarsi, innescando una catena di eventi.
Ci ha fatto molto piacere che a Robert De Niro sia piaciuto il film. È un riscontro importante da parte di uno degli attori di maggior calibro al mondo. Apprezziamo tantissimo sia lui che il Tribeca Film Festival per averci dato questa opportunità.
Come nasce Kicks?
La sceneggiatura, scritta da Tipping e Joshua Beirne-Golden, la lessi anni fa, mentre lavoravo alla Warner. Me ne innamorai perché ricordava Ladri Di Biciclette e il cinema neorealista, ma in chiave moderna. Provai a opzionarla ma era già indisponibile. Anni dopo entrai in contatto con David Kaplan di Animal Kingdom, già produttore di pellicole indipendenti di rilievi quali It Follows, Short Term 12, Obvious Child. David controllava i diritti, si creò da subito intesa e ci accordammo per produrre assieme il film.
Parliamo del mestiere del produttore, ai più sconosciuto.
E’ un lavoro che ha molteplici sfaccettature e molti ruoli. Siamo a tutti gli effetti dei developers, degli sviluppatori di storie. Arrivano da ogni parte, da articoli, libri, sceneggiature già sviluppate o da raffinare, alle volte da nostre idee, sperando che queste ultime non siano pessime... Da produttori ci impegniamo appunto a condurre queste storie attraverso le varie fasi di sviluppo, pre-produzione, produzione e post-produzione, accompagnandole fino ad affidarle alla distribuzione, affinché arrivino sullo schermo dei cinema, quando siamo fortunati, in quanto oggi purtroppo la sala viene quasi completamente cannibalizzata dai colossal delle grandi major.
Il nostro è un lavoro di intuito e d'azione, produrre deriva da pro ducere, portare avanti. La soddisfazione del regista, ma soprattutto quella del pubblico sono la nostra priorità. Cerchiamo di interpretarne i gusti, di capirne le esigenze, di scovarne i desideri. Quando vi si riesce la soddisfazione è grande. Un'altra parte del lavoro e' quella che riguarda la parte finanziaria, quella del reperimento dei fondi per far fronte al budget del film, nonché quella legata agli accordi di distribuzione volti al recupero del finanziamento e alla proficuità del film da un punto di vista economico. Pensate al produttore come a un genitore del film che lo segue e lo guida dall'Alfa all'Omega, dalla sorgente al suo estuario naturale.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Ho in mente di seguire la distribuzione di Kicks, che farà la Focus, e quella di un altro film che ho prodotto, Shangri La Suite, con Luke Grimes, Emily Browning, Ron Livingston e Ashley Greene, che distribuirà la Universal.
Sarò di nuovo sul set la prima settimana di Maggio su un film drammatico incentrato sul mondo delle frodi assicurative. Verrà interamente girato nel quartiere di Brighton Beach, a poche fermate di metro da Manhattan, ma quasi interamente popolato da Russi. Insomma un posto surreale.
Dopo questo film ne farò un altro assieme a Nicola Giuliano della Indigo Film, già produttore de La Grande Bellezza e La Giovinezza. Si tratta del remake del thriller italiano La Doppia Ora, che all'estero e' stato molto apprezzato. A questo film abbiamo lavorato a lungo e finalmente si è creata una opportunità con Courtney Hunt alla regia e un'attrice americana di rilievo, di cui però non posso ancora parlare.
Girerò poi anche un thriller in lingua inglese in Italia, Goat of Mendes, per la regia d'esordio di Mauro Loverre.
Sempre con Nicola (Giuliano) abbiamo infine altri tre film in sviluppo che stiamo preparando per il 2017.
Parliamo dei suoi esordi, dell’arrivo giovanissimo a Los Angeles.
La scelta dell'America è stata ed è una bellissima avventura, che mi ha portato a conoscere persone straordinarie, delle nazionalità e provenienze socioeconomiche e culturali più disparate, da cui ho imparato e con cui ho condiviso moltissimo. E' un'esperienza che continua ad essere inaspettata, sorprendente, come la trama di un film. Sono partito dall'Italia dieci anni fa, a ventidue anni, per fare l'università negli Usa, con il desiderio di lavorare un giorno a Hollywood. Da piccolo mi trovavo a passare molto tempo da solo, così diventai un vero e proprio divoratore di film. Mi appassionavano maggiormente i thriller e i grandi film di azione, e da lì credo sia nato il desiderio di far parte del mondo di Hollywood. Mi affascinavano poi molto le leggende del mondo del cinema, delle grandi star, dei registi e produttori di un tempo, ed avevo voglia di scoprire un mondo, una cultura diversa dalla mia. La scelta del mestiere di produttore invece deriva dal desiderio di coniugare impresa e creatività, e di lavorare su molteplici progetti simultaneamente. Prima di lavorare come indipendente, ho avuto le opportunità di lavorare come assistente per Fred Roos, il produttore di Francis Coppola, poi all'agenzia William Morris Endeavor e infine per il produttore di Seven e 300, Gianni Nunnari alla Warner Bros.
Dell'America mi piace il suo ottimismo, il grande senso di libertà e di possibilità, lo spirito di squadra e di condivisione, la praticità e la calma, e infine la sua capacità di spianare le strade a coloro che vogliono fare. Credo poi che queste caratteristiche della vita americana si sposino bene con molte delle nostre qualità italiane, quali l'estro, la creatività e l'originalità che ci rendono famosi nel mondo, e che le mettano in risalto ancora di più, liberandole da molto impedimenti, favorendone l'espressione; e' come se fornissero degli argini a un fiume in piena, dandogli direzione, concretezza.
Com’è l’Italia vista dagli Usa?
Penso che in Italia ci sia purtroppo ancora un forte e ingiustificato pregiudizio sull'America, e questo mi dispiace. Ha stridenti contraddizioni, e' vero. Ma è in continuo divenire, e scommette sui suoi giovani. Gli americani poi ci apprezzano molto. Per molti versi mi sono sentito accolto, valorizzato. Los Angeles ora è casa, tanto quanto lo è rimasta Roma. Divido il tempo principalmente tra queste due città straordinarie. Ho necessità di entrambe le anime.
Un consiglio per i giovani che stanno pensando di trasferirsi negli Usa?
A coloro che pensano di intraprendere un percorso analogo, all'estero e nell'imprenditoria, dico solo di credere fortemente in se stessi, di prepararsi sì, ma poi di buttarsi. Per me il rischio più grande è quello di non rischiare.
Credo che un'esperienza all'estero, anche di breve durata, sia molto positiva. Sono convinto che uscire dal proprio acquario aiuti a valutarlo meglio dall'esterno. Aiuta senz'altro anche a farci capire che molti, se non tutti i limiti che ci poniamo, sono immaginari, e che ciò che pensiamo sia impossibile invece è possibile.