AGI - Una sfumatura che parte dal nero e passa per l’azzurro del cielo, fino al bianco dell’universo, con le costellazioni di Mirò. Tre stelle soltanto: quelle di Barbara Rizzo e dei suoi gemelli Salvatore e Giuseppe Asta, vittime innocenti della mafia, della strage avvenuta il 2 aprile 1985 a Pizzolungo, sul litorale di Trapani.
È questo il murale realizzato sulla parete più grande della villa comunale “D’Amely Melodia” di Binetto, nel Barese, dai bambini delle scuole della città, guidati da Enza Rutigliano, docente al liceo “Einstein” di Cerignola (Foggia) e presidente dell’associazione foggiana StornaraLife. “Il nostro paesino non offriva molto: Stornara (da cui prende il nome l'associazione) è una cittadina agricola, di 5 mila abitanti che negli anni ha perso un po’ ciò che aveva di storico – ha raccontato la professoressa - La voglia di fare qualcosa per il nostro paese, ci ha portati a far emergere la voglia di cultura e bellezza. Dopo l’esperienza a Stornara, dove abbiamo realizzato oltre 100 murales, ci siamo spostati anche in altre città”.
L’attività a Binetto è partita a dicembre quando “abbiamo consegnato agli studenti dei colori per creare delle bozze su carta – ha spiegato il sindaco Vito Bozzi -. Ora, dopo tre mesi, abbiamo raggiunto l’obiettivo di consacrare il nostro parco alla spensieratezza e all’innocenza dei bambini”. Quella dei gemelli Asta “è una storia che spesso si tende a dimenticare e noi non volevamo farlo – ha aggiunto il primo cittadino - C’è tanto bisogno di legalità e volevamo che i ragazzi conoscessero e comprendessero, come ad altri loro coetanei sia stato negato il diritto a essere fanciulli”.
Il ricordo di Pizzolungo
Un mucchio di lamiere accartocciate, la strada trasformata in un enorme cratere, "mio fratello era una macchia sul muro". Il ricordo atroce di Margherita Asta è l'unica cosa che resta della memoria dei fratelli gemelli Giuseppe e Salvatore che, il 2 aprile 1985, persero la vita a Pizzolungo assieme alla loro mamma 30enne, Barbara Rizzo, vittime innocenti della mafia.
Quella mattina, poco dopo le otto e mezza, l'obiettivo di Cosa Nostra era il magistrato Carlo Palermo: sul ciglio della strada provinciale, che attraversa la cittadina nel trapanese, era stata posizionata un'autobomba pronta per l'attentato al sostituto procuratore. Quella era la strada che percorreva ogni giorno, a bordo di una Fiat 132 blindata, per dirigersi verso il palazzo di Giustizia di Trapani.
La mattina del due aprile, però, l'auto di Palermo sorpassa la Volkswagen Scirocco guidata da Barbara che si trova tra l'autobomba e la 132. La vettura piena di tritolo viene fatta esplodere comunque. La macchina con a bordo la famiglia Asta finisce per fare da scudo sia a quella dov'era il magistrato, sia alla Fiat Ritmo dov'era la scorta, composta da Rosario Maggio, Raffaele Di Mercurio, Antonio Ruggirello e Salvatore La Porta. Questi ultimi e Palermo rimasero feriti, mentre non c'era quasi più traccia dei corpi di Barbara e dei piccoli Salvatore e Giuseppe. Il boato fu avvertito a chilometri di distanza.