AGI - "A Turetta non interessa se prenderà l'ergastolo" per l'omicidio di Giulia Cecchettin, detta ai giornalisti il suo avvocato Giovanni Caruso, ma lui, professore di diritto penale all'Università di Padova, e la collega Monica Cornaviera, ci provano con tutte le frecce dell'eloquio e del diritto per convincere la Corte d'Assise a non inchiodare alla condanna più implacabile la vita di un ragazzo di ventidue anni. E lo fanno in due modi: cercando di sgretolare le tre aggravanti della crudeltà, della premeditazione e degli 'atti persecutori', sulle quali il pubblico ministero ha insistito per la più dura delle richieste di condanna, e chiedendo che vengano riconosciute le attenuanti generiche "quantomeno equivalenti" alle aggravanti.
"Oggi ho un compito non facile: difendere un imputato reo confesso di un omicidio efferato, gravissimo, e di altri reati. Assisto un giovane ragazzo che ha ucciso una ragazza meravigliosa privandola della vita, dei ricordi, dei sogni, delle speranze, dei progetti e di tutti i legami che la univano alle persone che l'amavano e avevano riposto in lei aspettative di un futuro radioso. Non dovete emettere una sentenza giusta ma secondo il principio della legalità, come impone la civiltà del diritto e non con la legge del taglione". Durante l'arringa, Caruso tiene sul banco un manuale sul filosofo Jacques Lacan che disserta su 'desiderio e godimento' ed è generoso in citazioni, anche pop, da Freud alla letteratura al cinema ai maestri del diritto, che tengono viva l'attenzione dei giudici togati e popolari. Ma sono il codice del 1930, che più volte sottolinea essere "fascista" e che rilegge con la prospettiva dei nostri anni, e la giurisprudenza, a cui si aggrappa per mettere in dubbio le aggravanti.
"La premeditazione non c'è sul piano ideologico nel senso che in Turetta non si osserva la persistenza di una costante volontà di uccidere. Perché ci sia occorre il mantenimento fermo del proposito criminoso dal momento della sua insorgenza alla sua realizzazione". E Turetta secondo lui non sarebbe proprio stato in grado di fissarsi un obbiettivo, qualsiasi obbiettivo: "Non è Pablo Escobar. Chiunque è in grado di percepire che se c'è una personificazione dell'insicurezza e della mancanza di personalità è Filippo. Non sa se fare egli esami universitari, non sa se uscire con gli amici, non sa perché Giulia non gli si siede accanto: Turetta ha un'incapacità strutturale di premeditare alcunché. Non voglio fare lo psicologo, questo emerge dagli atti".
E si chiede: "Siamo proprio sicuri che quella lista delle 'cose da fare' prima del delitto non fosse invece la fantasia di un agito violento e denoti un proposito chiaro e lucido?" Per convincere la Corte delle sue argomentazioni, il penalista evoca alcuni brani dei verbali di interrogatorio e del memoriale in cui lo studente afferma che il suo intento era quello di sequestrare Giulia. "Avevo fatto la lista delle cose da fare per rapirla, la cosa che volevo di più era tornare insieme" è una delle risposte, letta in aula, che diede l'imputato agli inquirenti.
Per il pm, Turetta ha straziato il corpo della ragazza con 75 coltellate anche sul volto e le lesioni da difesa testimoniano con quanta brutalità abbia agito. "Un omicidio commesso con tanti colpi di pugnale non necessariamente è crudele nel senso previsto dalla legge. Turetta colpisce alla cieca, chi non è un killer professionista è difficile che prenda al primo colpo la giugulare. Anzi, chi non ha mai usato un'arma bianca comincia con colpi di 'assaggio', di taglio e di punta. È un omicidio efferato ma non c'è crudeltà".
Anche lo stalking, dato per assodato dalla Procura già un anno prima dell'omicidio, per Caruso va messo in discussione. "La legge richiede la reiterazione delle condotte ed è indubbio che quelle di Turetta fossero ossessive, quasi da spettro autistico, come si evince dalle sue annotazioni, petulanti e insopportabili, ma occorre anche che nella vittima si ingenerino stati perduranti d'ansia e di paura che in questo caso non vedo". Giulia "non aveva paura di lui tanto è vero che è andata all'ultimo appuntamento. Lei non ha cambiato stile di vita, ha fatto gli esami, stava per laurearsi, andava con lui ai concerti e uno di questi era in programma anche in una data successiva all'omicidio. Giulia va dallo psicologo ma non risulta che gli dica di avere paura di Filippo, va per altre ragioni. Quando lei dice 'Filippo mi fai paura' lei intende che ha paura che lui si faccia del male".
E ancora una volta il legale interpreta nel presente il codice Rocco. "Il legislatore fascista ha escluso che le 'tempeste emotive' determinate da un legame sentimentale possano escludere la capacità di intendere e di volere ma questo non significa che l'amore non produca anche sul piano chimico gli stessi effetti delle patologie mentali. Dobbiamo allora capire se gli stati emotivi e passionali possano incidere ai fini della commisurazione della pena. Filippo ha agito in preda all'emotività". Il legale sottolinea, che in base ad "acquisizioni ormai certe", si sa che la maturazione completa della corteccia prefrontale, che governa il controllo degli istinti, avviene solo a 25 anni e Turetta ne ha 22.
"Quando si dice che la pena va commisurata in relazione alla giovane età, si dovrebbe considerare anche questo dato comprovato dalle neuroscienze". Quanto al contesto, Caruso in un certo senso sembra rispondere al pm che aveva enfatizzato "la libertà di scegliere" di Turetta, studente brillante di buona famiglia, osservando la sua totale immaturità affettiva "a proposito dei corsi all'affettività di cui spesso si parla". L'avvocato Cornaviera prova a ribattere al pm Petroni che ha dichiarato di essersi sentito "preso in giro" da Turetta per le sue bugie e omissioni valorizzando alcuni elementi.
"Ha dato indicazioni utili alle indagini, ha rinunciato all'udienza preliminare consentendo un processo veloce, si è fatto interrogare subito dopo il suo arresto, ha chiesto scusa appena è stato fermato in Germania. E nemmeno si può dire che fosse reticente. È vero che in aula ha mostrato un eloquio titubante ma quello è per la sua perenne insicurezza e timidezza". Inoltre, "non ha precedenti penali, è sempre stato un ragazzo tranquillo".
Nella richiesta messa a verbale, i legali non quantificano una pena ritenuta equa. Chiedono in via principale che le tre aggravanti non siano riconosciute e la concessione delle attenuanti generiche o quantomeno l'equivalenza delle aggravanti e delle attenuanti. Che non meriti l'ergastolo non lo sostengono in modo esplicito ma Caruso è chiarissimo nella sua idea generale: "L'ergastolo è da molto tempo ritenuto una pena inumana e degradante, il tributo che lo Stato di diritto paga all'ideologia della pena eliminativa e vendicativa". Il 3 dicembre la sentenza di un processo veloce ma intenso nella dialettica a cui hanno assistito anche cittadini e giovani aspiranti magistrati.