AGI - È stato chiesto dalla procura di Caltanissetta, nel corso dell'udienza preliminare, il rinvio a giudizio dei poliziotti Maurizio Zerilli, Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi e Angelo Tedesco, accusati di avere depistato le indagini sulla strage di via D'Amelio. "Questo è un processo su false dichiarazioni e reticenze", ha detto il pm Maurizio Bonaccorso davanti al gup David Salvucci che ha rinviato al 13 novembre quanto potrebbe essere presa la decisione. Il pubblico ministero ha parlato di "inquinamento" delle prove e di "reticenze".
"C’è una proporzionalità diretta tra i non ricordo", ha aggiunto il rappresentante dell'accusa, secondo il quale ci sono state delle dichiarazioni progressive nel tempo in un "atteggiamento di malafede dei testimoni al Borsellino quater e al processo depistaggio. Nei primi tre processi abbiamo dei testimoni che sono tranquilli, sereni. Poi ci sono le dichiarazioni di Spatuzza e i nervi saltano".
Il gup, intanto, respingendo la richiesta dell'Avvocatura dello Stato, ha accolto la citazione quale responsabile civile del ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio. Un dato significativo nel procedimento.
"Il depistaggio è iniziato alle ore 17 del 19 luglio del 1992", un attimo dopo la strage di via D'Amelio, ha accusato l'avvocato Fabio Trizzino che rappresenta i figli di Paolo Borsellino, nell'associarsi alla richiesta avanzata dalla procura sul rinvio a giudizio dei quattro poliziotti del gruppo "Falcone Borsellino" della Squadra mobile di Palermo.
"Che Scarantino fosse antropologicamente inadeguato ad avere un ruolo nella strage di via D'Amelio - ha proseguito - era chiaro. Quando l'impostura si è disvelata dovevate dirci quello che avete visto e i vostri colleghi hanno commesso. Spiegateci cosa è successo. Alcuni hanno mentito in maniera spudorata".
E ancora: "Ci sono tanti modi per umiliare i superstiti, con il vostro atteggiamento avete umiliato la memoria dei vostri colleghi. Voi il lavoro lo sapevate fare e non potevate non accorgervi che tutto era eccentrico. Chi ha partorito il depistaggio lo ha fatto nel momento in cui ha deciso di accelerare la strage. L'agenda rossa è stata fatta sparire da chi temeva qualcosa. Non ci avete aiutato, ci avete umiliato. Mi piace pensare che dentro di voi vi siete resi conti che qualcosa di più grande è passato dalla vostra testa".
A inizio udienza, il poliziotto in pensione Maniscaldi, rispondendo alle domande del difensore Giuseppe Panepinto, aveva raccontato della sua attività nell'ambito della squadra speciale. La procura contesta all'ex responsabile dell'ufficio intercettazioni di aver detto il falso in merito alla denuncia effettuata da Giuseppe Orofino per il furto della Fiat 126 utilizzata per la strage. Ha visto un documento del mese di agosto del '92. "Al processo Borsellino quater non sono mai stato sentito. Io non ho mai nascosto e travisato nulla", ha assicurato.
L'ex poliziotto ha parlato del lavoro che lui ha svolto nell'estate del 1995 quando ha raggiunto la località di San Bartolomeo al mare in cui c'era Scarantino. Rispondendo alle domande dell'avvocato Trizzino, ha confermato che l'ex pentito era intercettato, ma di fatto non c'era alcuna attività investigativa: "Veniva intercettato per evitare che i familiari lo convincessero a ritrattare".