AGI - Il gup del tribunale di Palermo Paolo Magro ha condannato a undici anni e 4 mesi Laura Bonafede, maestra di Campobello di Mazara (Trapani) e amante del boss Matteo Messina Denaro. La donna era imputata per avere assistito e fiancheggiato durante la latitanza il capomafia di Castelvetrano (Trapani), legandosi a lui anche sentimentalmente; imputata in un altro processo anche la figlia, Martina Gentile. Messina Denaro, catturato il 16 gennaio 2023, è morto il 25 settembre successivo per gli effetti di un tumore al colon. Oggi il giudice ha accolto le richieste dei pubblici ministeri Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, del pool coordinato dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido.
"Io sono nata in una famiglia purtroppo mafiosa e ho vissuto fin da bambina con questo clima". A dirlo è Laura Bonafede, l'amante del boss Matteo Messina Denaro, condannata oggi a 11 anni e 4 mesi dal Gup del tribunale di Palermo Paolo Magro: la donna aveva reso dichiarazioni spontanee nel corso di un'udienza tenuta l'11 giugno, ma oggi si è appreso del contenuto di ciò che aveva detto nel corso del processo, che si è svolto col rito abbreviato e dunque in camera di consiglio. Figlia del boss Leonardo Bonafede, scomparso nel 2020, la donna, oggi riconosciuta colpevole di associazione mafiosa, aveva detto di essere "cresciuta cosi, abbiamo frequentato anche persone dello stesso ambiente, mio padre parlava delle sue cose anche a casa", ma "noi figlie e nemmeno mia madre, abbiamo mai fatto parte di questa vita, di nessuna associazione". La conoscenza con Messina Denaro risale agli anni '70, "eravamo entrambi bambini, ci vedevamo con le famiglie, andavamo a trovarli a Zangara".
La donna, originaria di Campobello di Mazara (Trapani), ha detto di aver avuto poi Messina Denaro vicino nei momenti difficili, l'arresto del padre e del marito, ergastolano a causa di un omicidio ordinato proprio da colui che poi sarebbe diventato l'amante della moglie. Che ha negato di aver mai vissuto con il superlatitante e ha detto di averlo incontrato "nel gennaio del 2008, mentre io mi trovavo nella cartoleria Giorgi a Campobello, cioè lui si è fatto riconoscere".
I due sarebbero andati insieme in una strada isolata e avrebbero parlato delle proprie vite. Da quel momento in poi, incontri regolari, a cadenze quasi fisse, per evitare occhi indiscreti "e le mie conoscenze", perché il "paese è piccolo, mi conoscevano tutti e io mi trovavo in una posizione anche particolare, una donna sposata, una donna sola, e cosi' mi sono nascosta". Comunque col boss il rapporto all'epoca fu ottimo, proseguendo nel tempo, "perché lui a quanto pare girava tranquillamente nel mio paese, ma io non me lo aspettavo ed era lui a farsi riconoscere". Una relazione tra alti e bassi, divenuta epistolare negli ultimi anni della latitanza e della vita di Messina Denaro, catturato il 16 gennaio 2023 e morto in carcere, all'Aquila, il 25 settembre successivo.
Il pm Gianluca De Leo, che nell'udienza in cui la Bonafede aveva reso le dichiarazioni aveva chiesto per lei 15 anni, aveva osservato che in fondo lo stragista del '92-'93, dalle dichiarazioni dell'amante, veniva fuori come una "figura buona, spiritosa ed educata" e comunque con "un buco nella storia, ci siamo spostati dal '92 al '96, quindi sono spariti degli anni in cui, non so se la signora (Bonafede, ndr) se n'è accorta, in Sicilia e in Italia saltavano autostrade, chiese, gallerie d'arte, sono morti magistrati e anche donne incinte, tante donne incinte, anche nel Trapanese". Un riferimento preciso ad Antonella Bonomo, compagna di Vincenzo Milazzo, uccisa con lui ad Alcamo (Trapani) e finita proprio da Messina Denaro. "Pero' dal '92 al '96 - ha chiosato De Leo - non sappiamo cos'è successo e non lo sa nemmeno la signora".