AGI - Sabato di manifestazioni in tutta Italia sotto lo slogan "Fermiamo le guerre, il tempo della pace è ora" per chiedere lo stop della guerra in Medio Oriente e Ucraina.
A Roma, il corteo è partito da Porta San Paolo attraversando il centro della Capitale. L'appuntamento è stato promosso Europe for Peace, Rete italiana Pace e Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, AssisiPaceGiusta, Sbilanciamoci e "sostenuta da oltre 350 organizzazioni della società civile", come spiegano gli stessi promotori. "In un contesto internazionale sempre più militarizzato e segnato da guerre - affermano - sofferenze e scelte politiche senza investimenti reali in diplomazia, è essenziale dire insieme: basta con l'impunita', basta con la complicità, basta con l'inazione".
I manifestanti hanno sfilato sotto gli slogan "no al riarmo, no all'aumento delle spese militari, no alla produzione e diffusione delle armi nucleari, no all'invio di armi ai paesi in guerra", e spiegano di essere "insieme per buttare fuori dalla storia tutte le guerre, le invasioni, le occupazioni, i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità, i genocidi, i terrorismi".
Tra i manifestanti anche il segretario della Cgil, Maurizio Landini che ha affermato "Con una crisi della diplomazia e della politica di questa natura è il momento che il popolo della pace riprenda voce" e ha aggiunto "bisogna che il governo italiano e tutti i governi diano voce a chi oggi dice 'cessate il fuoco' e fermi quelli che oggi stanno massacrando persone, penso in particolare a quello che sta facendo il governo Netanyahu, che sta addirittura dicendo che l'Onu è inutile e attacca anche le sue basi".
Bonelli-Fratoianni, Avs in piazza per fermare le guerre
"Il nuovo ordine mondiale si sta costruendo sulla base della supremazia militare: i conflitti hanno preso il posto del dialogo e dell'iniziativa diplomatica, sono aumentate in modo scandaloso le spese per nuovi armamenti a scapito degli investimenti per l'istruzione, per la salute delle persone e per la difesa del Pianeta dall'inquinamento e dalla crisi climatica. Il dramma continuo che vivono i civili a Gaza o in Ucraina o in Libano in questi tempi terribili ci dice che siamo ben oltre ogni dignitoso livello di guardia". Lo affermano Nicola Fratoianni ed Angelo Bonelli di Avs. "È per questo - proseguono i due leader dell'Alleanza Verdi Sinistra - che la mobilitazione di centinaia di associazioni del nostro Paese va nella giusta direzione: fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora. Per questo anche Avs, così come ci impegniamo in Parlamento ogni giorno per la pace e contro le spese militari, sarà nelle piazze di Torino, Cagliari, Firenze, Palermo, Bari e Milano. Per questo noi saremo al corteo di Roma da Porta San Paolo", concludono.
A Firenze 10 mila per la pace
Circa diecimila persone hanno sfilato questo pomeriggio per le vie di Firenze per la manifestazione "Fermate le guerre, il tempo della pace è ora". Partito da Santa Maria Novella, il corteo, aperto dalla sindaca di Firenze Sara Funaro, con accanto padre Bernardo Gianni, priore della basilica di San Miniato, a cui ha preso parte anche l'imam del capoluogo toscano Izzedin Elzir, ha percorso i lungarni da entrambe le sponde, attraversando i ponti, proprio a segnare l'idea dei ponti di pace. Tante le bandiere arcobaleno, ma anche gonfaloni di comuni della Toscana e dell'Anpi. "Firenze è sempre stata la città della pace e continuerà a esserlo - ha dichiarato la sindaca Funaro - Noi dobbiamo fare di tutto per lanciare messaggi di pace, Firenze ha sempre avuto questa vocazione e deve continuare ad averla ancora oggi, e i sindaci, le associazioni e le organizzazioni possono tenere alto l'attenzione". La manifestazione si sta concludendo pacificamente in piazza Santa Croce, dove sul palco si alternano momenti di musica e intrattenimento.
La Rete pacifista si mobilita a Palermo
"Una risoluzione non violenta delle guerre e una politica estera italiana ed europea di pace", "no al riarmo, all'aumento delle spese militari e all'invio di armi ai Paesi in guerra": con questi slogan un migliaio di manifestanti sono scesi in piazza a Palermo per la giornata di mobilitazione nazionale per la pace in 7 città italiane promossa da Europe for Peace, Rete Italiana Pace Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, Sbilanciamoci e Coalizione AssisiPaceGiusta. Il corteo, con tanti striscioni contro le guerre, è partito da piazza Croci e ha raggiunto piazza Verdi. A sfilare sono stati studenti, esponenti politici e sindacalisti che chiedono "una conferenza di pace Onu, per il rispetto e l'attuazione del diritto internazionale, dei diritti umani, del diritto dei popoli all'autodeterminazione, per il riconoscimento dello stato di Palestina, per risolvere le guerre con il diritto e la giustizia".
Emiliano: "Il governo si attivi per il cessate il fuoco"
“La rivoluzione la facciamo soprattutto noi: siamo il futuro e speriamo che grazie a queste manifestazioni si fermino queste maledette guerre, dove nessuno vincerà”. La bandiera della pace sventola tra le mani di studenti, pensionati, grandi e piccini. Questa mattina in duemila hanno manifestato a Bari per la giornata di mobilitazione nazionale “Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora”, organizzata dalle cinque Reti promotrici: Europe for Peace, Rete italiana Pace e Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, AssisiPaceGiusta, Sbilanciamoci.
In piazza Massari, dalla mattina, sono giunti manifestanti da Puglia, Basilicata e Calabria per “gridare alla necessità di un impegno per la costruzione della pace: non basta dire che siamo contrari alle guerre, bisogna costruire la pace. La pace si costruisce con la politica, con le scelte economiche e finanziarie”, ha dichiarato Gigia Bucci, segretaria regionale di Cgil.
"Oggi siamo circondati da un clima di guerra. Siamo immersi in un'economia di guerra che attacca i diritti fondamentali delle persone. La pace per noi significa giustizia sociale, uguaglianza: credo che le piazze di oggi, non solo quelle della Puglia e di Bari, ma quelle di tutta Italia siano un grido di dolore e di speranza”. “Se c’è un popolo che ha bisogno di pace, è sicuramente il popolo palestinese, che vive una situazione drammatica da quasi un secolo”, ha affermato Mohammed Afanih, rappresentante della comunità palestinese di Puglia e Basilicata. Voi avete paura? “La paura è un sentimento umano. Ma abbiamo anche tanta speranza e tenacia come popolo palestinese – ha proseguito Afanih – perché vogliamo la nostra libertà e autodeterminazione, per vivere sulla nostra terra, in libertà”.
Condivide questo sogno Sofia Orr di Mesarvot: “Ho 19 anni, sono molto giovane, e il mio auspicio è che tutte le persone della mia terra, dal fiume al mare, possano vivere insieme con uguali diritti e senza violenza. Questo futuro è ancora lontano: noi ci stiamo impegnando, ma abbiamo bisogno di voi, del vostro supporto internazionale, e di fare pressione sui vostri governi affinché smettano di finanziare l'invio di armi e l’appoggio incondizionato allo Stato di Israele”. Le ha fatto eco Tarteel Al Junaidi, di CPT Palestine: “Spero in un futuro dove i palestinesi non subiscano più le umiliazioni quotidiane inflitte da soldati e coloni, e abbiano libertà di parola, espressione e movimento. Questo è ciò che vogliamo: i nostri diritti”.
Potranno mai i vostri popoli convivere in pace? “In teoria, tutti i popoli possono convivere, ma non è facile: la maggior parte dei palestinesi non ha il privilegio di sognare un futuro di convivenza, e molti israeliani non desiderano ancora questo futuro – spiega Sofia –. Stiamo cercando di cambiare la nostra società dall'interno, ma abbiamo bisogno del vostro sostegno. Le persone devono vedere che le cose cambiano davvero sul campo, ponendo fine a questa violenza, all’apartheid, a questa uccisione insensata di migliaia di civili. Solo allora si potranno costruire pace e riconciliazione”. Anche Tarteel risponde: “Prima di tutto, bisogna fermare questa guerra, il genocidio che sta avvenendo ora a Gaza, e poi porre fine all'apartheid e alle violenze contro i palestinesi, affinché possa avviarsi un vero processo di pace”.
La guerra in Medio Oriente non è però l’unica: attualmente, nel mondo sono in corso 59 conflitti. “Non sono pezzi di guerra, ma, come dice Papa Francesco, un'unica guerra mondiale combattuta a pezzi”, ha confermato Vito Micunco, coordinatore dei Comitati Pace di Puglia. “Chiediamo che dalla nostra Puglia, da sempre attenta al mondo mediterraneo, non partano né transitino aiuti militari. Chiediamo che i porti siano chiusi alle armi e aperti all'accoglienza, al dialogo e alla cooperazione internazionale”. Anche il governatore pugliese Michele Emiliano ha lanciato un appello: "Serve un’immediata iniziativa del governo italiano e dell'Unione europea per un cessate il fuoco che consenta, nei teatri di guerra in Ucraina e Medio Oriente, di riprendere il dialogo per un accordo di pace. Cessare il fuoco è l'unico modo per obbligare tutti a sedersi al tavolo”.
“Oggi certo che c'è paura”, ha detto Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale dell’Anpi.
“Ma i nostri governanti, invece di reagire a questa paura con una politica di pace, preparano l’Italia e l’Europa a un'economia di guerra. Tant'è vero che nel nostro Paese la produzione industriale è in calo da diciotto mesi. In Germania siamo in recessione. Non si parla più di welfare, di sanità, di scuola, di case popolari, solo di armamenti. Non se ne può più. Dobbiamo opporci in ogni modo al ritorno della guerra”. Il sostegno è arrivato anche dall’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Giuseppe Satriano, che ha ricordato come a giugno scorso i vescovi della Chiesa Cattolica di Puglia abbiano invitato i leader del G7 “ad essere audaci nel promuovere la speranza a vantaggio dei più sofferenti della terra a causa della guerra. Ma, come al solito, il potere politico ed economico sembra sordo e indifferente”.
Ha concluso: “Si fermino i flussi di armi e si aprano gli spazi del dialogo e dell'accoglienza; la diplomazia ritrovi la strada del confronto, del diritto e della riconciliazione. Il popolo della pace non è un popolo di illusi, ma di indignati: non è più sopportabile la perdita di consistenza che la vita umana va registrando ovunque nel mondo”.