AGI - È entrato nella fase operativa il protocollo Italia-Albania che prevede la creazione di Centri per migranti in Albania: dopo diversi rinvii, i siti di Shengjin e Gjader sono agibili ed è qui che potranno essere svolte le procedure accelerate di frontiera o di rimpatrio per chi non ha diritto di entrare nel nostro Paese. Come anticipato sabato scorso dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ("partiremo la prossima settimana", aveva detto in un intervista), oggi su nave "Libra" della Marina Militare è stato imbarcato un primo gruppo di bengalesi ed egiziani, soccorsi la notte scorsa in acque Sar internazionali.
Arriveranno a destinazione tra domani sera e mercoledì mattina. In fase di imbarco, come da protocollo, è stato effettuato lo screening dei requisiti: in Albania possono essere condotti infatti solo soggetti "non vulnerabili" (quindi non minori, minori non accompagnati, donne, anziani, disabili, etc) e provenienti da Paesi "sicuri". In realtà, proprio questo è uno dei nodi che rischia, in prospettiva, di ostacolare l'intera operazione.
Una recente sentenza della Corte di giustizia Ue considera infatti non conforme alle direttive vigenti il concetto di Paese sicuro cosi come applicato dall'Italia: in sostanza, un Paese o è sicuro per tutti o non lo è per nessuno. Nel frattempo, la notizia del primo trasferimento come prevedibile che riacceso le polemiche politiche.
"I Centri per migranti in Albania rappresentano una pagina buia per il nostro Paese - attacca il deputato del Pd Matteo Orfini - perché rappresentano una palese violazione dei diritti umani". "Al Consiglio europeo si parlerà anche di questioni economiche e noi domani incalzeremo la presidente del Consiglio anche sulla manovra per dirle, ad esempio, che il miliardo speso per i Centri in Albania poteva essere speso per mettere più risorse sulla sanità", sottolinea il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia.
Per il segretario di Più Europa Riccardo Magi "non è vero come dicono Meloni e Piantedosi che portiamo l'Europa in Albania perché stiamo portando l'Italia fuori dall'Europa e fuori dal diritto europeo. Il fatto che anche altri Paesi siano tentati da questa strada non solo rappresenta un macabro esempio al resto del mondo, ma è anche il segno della crisi profonda delle democrazie occidentali". "Quei Centri sono destinati a diventare degli infernali centri di detenzione - prevede Nicola Fratoianni, esponente Avs - peraltro con uno sperpero gigantesco di risorse pubbliche che potevano essere utilizzate in modo diverso e per scopi migliori".