AGI - Tutto iniziò alle ore 13:07 del 7 ottobre 1985, quando, al largo delle coste egiziane, la nave da crociera Achille Lauro con a bordo 545 persone (tra passeggeri ed equipaggio) venne sequestrata da quattro terroristi palestinesi armati di kalashnikov sovietici, che in cambio chiedevano la liberazione di 52 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Inizialmente i terroristi non erano intenzionati al dirottamento della nave, ma alla realizzazione di un attentato nel porto israeliano di Ashdod. Tuttavia, una volta scoperti dai marinai a maneggiare le armi, i quattro fedayn anticiparono l’azione, prendendo in ostaggio la nave e ordinando la navigazione verso la Siria. Nel frattempo, grazie alla richiesta di aiuto inviata dall’equipaggio, la notizia fece subito il giro del mondo e, oltre ad Israele, Egitto e Siria, i Paesi più vicini geograficamente alla nave, due altri Stati occidentali vennero subito coinvolti: gli Stati Uniti e l’Italia.
Il primo era interessato alla liberazione di numerosi cittadini statunitensi ostaggi sulla nave, ma non era minimamente disposto ad aprire una trattativa con i terroristi, mentre l’Italia, dopo aver valutato una prima incursione tramite il reparto Col Moschin, tramite l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi e il Ministro degli Esteri Giulio Andreotti mostrò subito la volontà di voler seguire la via diplomatica, chiedendo una collaborazione con il leader dell’Olp, Yasser Arafat, che nel frattempo da Tunisi aveva negato qualsiasi coinvolgimento.
Arafat inviò così due emissari: Hani El Hassan e Abu Abbas (quest’ultimo si scoprì poi il capo della spedizione terroristica) con il compito di trattare, e dopo il loro arrivo la situazione parve in via di risoluzione. Infatti, il 9 ottobre, ai dirottatori, a patto che a bordo non fossero stati commessi dei crimini, venne promesso un passaporto diplomatico e i quattro si consegnarono così alle autorità egiziane, con l’Achille Lauro che il 10 ottobre alle ore 15:30 attraccò a Port Said.
Tuttavia, concluso il sequestro, le voci che iniziavano a circolare sull’ipotesi di un passeggero morto vennero confermate. Leon Klinghoffer, un cittadino statunitense ebreo, disabile ed in sedia a rotelle, era stato, infatti, ucciso e poi gettato in mare, facendo così venire meno le condizioni imposte dal governo italiano. Così, fu lo stesso Craxi ad ordinare all’Egitto la predisposizione delle carte per l’estradizione dei terroristi. Ma Quando il Boeing 737 con all’interno i membri del commando terroristico decollò direzione Tunisi, gli F-24 statunitensi lo affiancarono e lo costrinsero a dirigersi verso Sigonella, aeroporto militare composto da un lato da una base militare italiana, dall’altro da quella della Nato. Il governo italiano inizialmente non era avvertito dagli americani di questa operazione. Solo a dirottamento iniziato, Bettino Craxi venne avvisato e dopo un colloquio telefonico con il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, diede l’ok.
Così l’aereo poco dopo mezzanotte, precisamente alle 00:16, atterrò sul suolo italiano e il governo di Roma rivendicò immediatamente il controllo di tutta la situazione, senza permettere alle forze statunitensi di prendere in consegna i terroristi ed i mediatori dell'Olp.
Bettino Craxi si rifiutava, infatti, di consegnare i palestinesi, perché i crimini erano stati da loro commessi sulla nave italiana, e di conseguenza, sul territorio italiano. Gli americani la pensavano diversamente, essendo statunitense l’unica vittima del dirottamento.
Iniziava così la “notte di Sigonella”
Una volta atterrato, il 737 venne circondato da 30 avieri VAM e 20 carabinieri, a loro volta accerchiati dagli uomini della Delta Force scesi da due Lockheed C-141 e comandati dal generale di brigata aerea Carl W. Stiner. Questi però vennero a loro volta circondati da un secondo cordone di carabinieri, che nel frattempo erano giunti dalle caserme di Catania e Siracusa. Per tutta la notte dell’11 ottobre la tensione tra i due Paesi rimase altissima. Da un lato Reagan chiedeva la consegna dei terroristi per estradarli e farli processare in America, dall’altro Craxi non ne voleva sentire: la competenza spettava all’Italia.
La situazione si sbloccò solamente all’alba, quando da Washington venne ordinato alle forze statunitensi il ritiro, e i quattro terroristi, una volta fatti scendere ed arrestati dalle forze dell’ordine italiane, vennero trasportati nel carcere di Siracusa. Negli anni successivi verranno poi processati e condannati. Ma la situazione non era risolta, perché gli americani volevano anche la consegna dei due membri dell’Olp inviati da Arafat e rimasti sull’aereo egiziano, in quanto consideravano Abbas colpevole, mentre per Craxi era stato un mediatore e non un complice.
Dopo una trattativa con l’ammiraglio Martini, il velivolo con a bordo i due palestinesi ripartirà per Roma nella notte tra l’11 e il 12 ottobre atterrando a Ciampino. Lì, dopo altre ore di tensione e un ulteriore “scontro” tra l’Italia e gli Usa, l’aereo fu fatto partire verso Fiumicino, e successivamente, sotto falso nome, Abbas e al-Hassan vennero fatti salire su un altro aereo diretto a Belgrado.