AGI - Si toglie la vita in carcere Giuseppe Santoleri: l'anziano stava scontando nel carcere Castrogno di Teramo 18 anni, in concorso con il figlio Simone, per l'omicidio della pittrice Renata Raposelli, sua ex moglie e madre di Simone. Nella notte, secondo fonti del carcere, Giuseppe Santoleri, 77 anni, avrebbe deciso di farla finita, soffocandosi nel suo letto. L'anziano era detenuto dopo la condanna definitiva per l'omicidio avvenuto il 9 ottobre 2017 a Giulianova (Teramo).
Il cadavere fu ritrovato dopo tre mesi nelle campagne di Tolentino, nel Maceratese. Giuseppe Santoleri era stato condannato in primo grado a 24 anni di reclusione, pena poi ridotta a 18 anni in secondo grado. Secondo i giudici, l'esecutore materiale del delitto della pittrice testina era stato il figlio Simone, condannato a 27 anni di carcere.
Secondo quanto ricostruito dal sindacato di Polizia penitenziaria Sappe, alle 7, il compagno di cella ha subito chiamato il poliziotto di servizio. Immediatamente sono scattati i soccorsi nel disperato tentativo di salvargli la vita, ma a nulla sono valsi gli sforzi profusi. "Per quanto si è potuto apprendere, - si legge in una nota - si tratta di un soggetto ristretto che non è mai stato protagonista di intemperanze ed ha sempre osservato diligentemente le regole penitenziarie. Pertanto, nulla poteva far presagire una condotta autolesiva da parte sua".
Giuseppe Pallini, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, evidenzia che "episodi simili, in un certo modo, portano con sé il fallimento del sistema penitenziario, talvolta incapace di intercettare il disagio dei più fragili che vedono nell'estremo gesto l'unica via d'uscita. Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea".
Per il Segretario Generale Donato Capece, si rendono sempre più necessari gli invocati interventi urgenti suggeriti dal Sappe per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: "Si potrebbe ipotizzare un nuovo sistema penitenziario articolato su tre livelli: il primo, per i reati meno gravi con una pena detentiva non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale è l'istituto della "messa alla prova"; il secondo livello è quello che riguarda le pene detentive superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all'operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell'utilizzo della custodia cautelare. Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l'obiettivo prioritario".