AGI - Anche il migliore degli scenari, che vede l’arresto definitivo del riscaldamento globale, non basterà a fermare lo scioglimento dei ghiacci: secondo le stime, entro il 2050 il volume del ghiaccio nelle Alpi europee subirà una riduzione dl volume del 34%. Se invece la tendenza osservata negli ultimi 20 anni continuasse allo stesso ritmo, quasi la metà del volume del ghiaccio andrebbe persa.
È questa la previsione di un nuovo modello computerizzato sviluppato dagli scienziati della Facoltà di Geoscienze e Ambiente dell’Università di Losanna, in collaborazione con l’Università di Grenoble, l’ETHZ e l’Università di Zurigo, pubblicata su Geophysical Research Letters. Lo scenario, che riflette la fine del riscaldamento globale, sviluppato utilizzando algoritmi di apprendimento automatico e dati climatici, è l’ipotesi più ottimistica e ben lontana da una realistica prospettiva futura, poiché le emissioni di gas serra continuano ad aumentare in tutto il mondo.
Una proiezione più realistica dello studio mostra che, senza cambiamenti o misure drastiche, se la tendenza allo scioglimento degli ultimi 20 anni continuerà, quasi la metà, circa il 46%, del volume di ghiaccio delle Alpi sarà effettivamente scomparsa entro il 2050. Questa cifra potrebbe addirittura raggiungere come picco il 65%.
A differenza dei modelli tradizionali, che proiettano le stime alla fine del secolo, la ricerca prende in considerazione gli effetti a breve termine, incoraggiando così un’azione rapida e mirata. Le stime offerte dallo studio sono importanti in quanto la scomparsa di chilometri di ghiaccio avrà notevoli conseguenze sulla popolazione, sulle infrastrutture e sulle riserve idriche.
“I dati utilizzati per costruire gli scenari si fermano al 2022, un anno seguito da un’estate eccezionalmente calda”, ha spiegato Samuel Cook, ricercatore dell’UNIL e primo autore dello studio. “È quindi probabile che la situazione sia ancora peggiore di quella che presentiamo”, ha aggiunto Cook. Le simulazioni sono state effettuate utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale. Gli scienziati hanno impiegato metodi di apprendimento profondo per addestrare il loro modello a comprendere i concetti fisici e lo hanno alimentato con dati climatici e glaciologici reali.
“L’apprendimento automatico sta rivoluzionando l’integrazione di dati complessi nei nostri modelli”, ha dichiarato spiega Guillaume Jouvet, del FGSE e coautore dello studio. “Questa fase essenziale – ha concluso Jouvet – in passato notoriamente complicata e costosa dal punto di vista computazionale, sta ora diventando più accurata ed efficiente”.