AGI - Cinque provvedimenti cautelari e un sequestro di 385 mila euro. Al vertice della struttura c'era Maricetta Tirrito, presidente dell'associazione 'Laboratorio Una Donna' e attiva nella lotta alla violenza sulle donne e alla mafia. La donna è finita in carcere.
A eseguire l'ordinanza di custodia cautelare a carico dei cinque, è stata la polizia, coordinata dalla procura di Velletri. Si tratta di quattro donne - di cui due destinatarie della misura della detenzione in carcere, una degli arresti domiciliari, un'altra dell'obbligo di firma e dell'interdizione per un anno dalla professione medica - e un uomo, sottoposto agli arresti domiciliari.
Le accuse agli indagati sono, a vario titolo, quelle di omicidio con dolo eventuale, circonvenzione d'incapace, esercizio abusivo della professione medica, falso ideologico e materiale, aggravati dall'aver commesso il fatto per conseguire il profitto delle condotte delittuose consumate. Inoltre, è stato disposto dal gip di Velletri, su richiesta dei pm, il sequestro preventivo di circa 385 mila euro a carico della Tirrito.
Quest'ultima, nel corso delle indagini, si è palesata quale promotrice e organizzatrice di un "collaudato sistema di spoliazione e appropriazione del patrimonio, economico e immobiliare, di soggetti anziani affetti da gravi patologie psico fisiche", si legge nelle carte.
Le attività investigative, condotte dalla polizia, hanno permesso di raccogliere anche gravi indizi di colpevolezza nei confronti di ulteriori quattro persone, tra cui un medico, che hanno collaborato con l'indagata affinché le vittime effettuassero atti di disposizione patrimoniale a vantaggio della donna mediante la sottoscrizione di carte prepagate, di fatto gestite da quest'ultima, in cui far confluire le somme delle pensioni delle vittime.
In un caso è stato anche accertato che, grazie alla complicità dell'esercente la professione medica, sia stata falsamente certificata una capacità d'intendere di un 85enne, al fine di consentire che quest'ultimo sottoscrivesse una procura speciale a vantaggio della principale indagata per un immobile di pregio ubicato ad Anzio.
Le indagini sono state avviate dal commissariato di Anzio/Nettuno, in seguito alla segnalazione ricevuta da alcuni conoscenti di una delle vittime, a dire delle quali l'uomo era vittima di condotte di circonvenzione messe in atto nell'ambito di una struttura apparentemente destinata al 'cohousing' (un modello di assistenza in grado di differenziare l'offerta in base alle esigenze degli ospiti sostenendone l'invecchiamento attivo e la conservazione dell'autonomia), in realtà, è stato accertato, si trattasse di una residenza sanitaria assistenziale per anziani priva di autorizzazione nella zona di Ardea.