AGI - "Sono affranto per la tragedia che ho causato. Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità. Voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata": sono le parole che incidono la svolta nell'inchiesta sull'omicidio di Giulia Cecchettin.
Nel carcere di Verona, davanti alla giudice Benedetta Vitolo, le pronuncia l'ex fidanzato Filippo Turetta, ammettendo di averla uccisa, come già rivelò agli agenti della polizia stradale tedesca che lo avevano arrestato nella notte tra il 18 e il 19 novembre su un'autostrada a braccia alzate, quasi ad 'arrendersi' dopo una fuga di mille chilometri.
Ma stavolta le dichiarazioni del quasi 22enne, descritto come "molto provato", hanno ben altro peso: perché quelle rese ai tedeschi non rivestivano nessun valore nel procedimento italiano mentre queste sono la 'pietra miliare' sulla quale sarà costruita l'accusa della Procura di Venezia in vista del processo e perché Turetta si assume, anche dal punto di vista umano, le sue colpe, esprimendo il desiderio di 'pagarle'. Una strategia di 'collaborazione' che certamente potrà avere un risvolto, se confermata, anche per evitare l'ergastolo, entrando nel delicato bilanciamento tra aggravanti e attenuanti.
Intanto, c'è da registrare la scelta di confessare, pur senza entrare nei dettagli del racconto dell'omicidio, cosa che farà probabilmente molto presto in un interrogatorio davanti al pm Andrea Petroni. Scelta che non sorprende visto che Turetta è affiancato da un avvocato, Giovanni Caruso, esperto e profondo conoscitore del diritto penale, materia che insegna all'università di Padova, e che sta dando un'impronta molto sobria e tecnica alla sua difesa.
Prima di pronunciare le poche ma cruciali frasi, Turetta si era avvalso della facoltà di non rispondere, proprio perché non è ancora pronto, dato anche il poco tempo per il suo legale di studiare le carte, ad addentrarsi in quello che accadde tra Vigonovo, Fosso' e il lago di Barcis quando, secondo gli inquirenti, sequestrò la laureanda in ingegneria biomedica e la aggredì in due fasi, per poi abbandonare il corpo inerme vicino al lago di Barcis.
Poi, la fuga, che Turetta spiega così al giudice: "Da subito era mia intenzione consegnarmi. Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera". Turetta afferma anche di dover scavare nella sua anima: "Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera".
Ed è qui che, forse, può inserirsi una difesa basata anche su un 'black out', un abisso da cui solo ora starebbe riemergendo. Di fatto però il legale non ha al momento presentato nessuna richiesta di perizia o consulenza di parte per consentire a un esperto di 'entrare' nella psiche del giovane. Allontanandosi dalla stanza dell'interrogatorio, secondo quanto riferito da fonti qualificate all'AGI, Turetta avrebbe pianto e si sarebbe definito "pentito" agli agenti penitenziaria.
Il detenuto continua a chiedere quando potrà vedere i genitori, col via libera scontato della Procura. L'autopsia sul corpo di Giulia è prevista per il primo dicembre. Solo dopo il grande amore per la ragazza e l'ansia di papà Gino e del fratello e della sorella Elena potranno accompagnare Giulia verso il cielo, come nella fotografia sull'altalena esposta sul municipio di Vigonovo sommerso da fiori e messaggi di affetto.