AGI – Negli ultimi sei mesi la popolazione carceraria è aumentata di 3041 unità, solo nell’ultimo mese di 728 considerando che a fine settembre si contavano 58987 reclusi e a fine ottobre 59715. Spingendosi più indietro, si osserva che dal 2020 a oggi dietro le sbarre ci sono circa 6mila uomini e donne in più tenendo presente che durante la stagione Covid si è incentivato lo svuotamento per l'emergenza sanitaria.
“E’ una crescita imponente avvenuta in un tempo molto rapido in un momento in cui peraltro la riforma Cartabia dovrebbe aumentare le misure alternative – commenta all’AGI Valeria Verdolini dell’associazione Antigone -. E’ vero che è una dato che va a flussi ma la situazione in questo momento è grave se consideriamo anche che il sovraffollamento in inverno crea più problemi, per esempio a causa della mancanza di acqua calda. Le sofferenze per i detenuti non possono che inasprirsi con questi numeri intollerabili”.
Sono cifre che rendono necessario spesso il ‘terzo letto’, un indicatore lampante delle difficoltà di gestione.
“Significa che in celle di nove metri con un letto a castello si aggiunge una branda pieghevole destinata a una terza persona estratta a sorte”. Lombardia e Puglia sono le regioni con le celle più colme. Il sovrafffollamento è del 116,5% in Italia. Sui 59715 attuali, i detenuti stranieri sono 18803. Quali le ragioni? Secondo Verdolini, “può avere un’influenza anche il cambio di governo con un esecutivo che incentiva il carcere”.
L’istituto col record di celle zeppe è quello di Lodi (45 posti per 93 detenuti, tasso del 207%). Seguono Brescia, Busto Arsizio, Monza e Bergamo e anche a San Vittore, a Milano, è stata superata la quota d’allarme di mille (ora sono 1074). La Lombardia col 141% è la regione con la situazione più critica.
“L’aumento dei detenuti sta diventando esponenziale – afferma Valentina Alberta, presidente della Camera Penale di Milano -. A questo ritmo presto supereremo la soglia di 60mila. Gli effetti del sovraffollamento crescente sono amplificati dalla progressiva riduzione dell’orario di apertura delle celle per via di una recente circolare la cui applicazione è molto discutibile. Significativo è che in un anno l’aumento dei condannati definitivi segna un +4mila, quasi tutti con pene brevi, se non brevissime”. In 10mila hanno pene inflitte fino a 3 anni che, dice Alberta, “non ha senso che entrino in carcere. Presto la Corte Europea potrebbe tornare a occuparsi dell’Italia e occorre sforzarsi sulle misure alternative per le pene brevi che funzionano molto meglio per evitare le recidive altrimenti si deve inevitabilmente ipotizzare un provvedimento di clemenza”.