AGI - Accompagna i più piccoli al nido. Rispondi alle domande della più grande. Rimbocca le coperte a tutti e tre la sera. È la quotidianità di Giacomo Cofano, padre pacato e affettuoso, costretto a diventare anche “mammo” da quando, il 22 dicembre 2022, sua moglie Viviana Delego è morta nel dare alla luce due gemelli all’ospedale Perrino di Brindisi.
Emilia ed Edoardo oggi hanno quasi un anno e sorridono con la sorella più grande nelle foto insieme al padre che, da quando è rimasto vedovo, ha iniziato a raccontare sui social la sua “nuova vita” con tre bambini piccoli.
Viviana invece in quegli scatti non c’è più e Giacomo non smette di chiedere giustizia, soprattutto dopo che la Procura di Brindisi ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale per omicidio colposo a carico di ignoti, aperto a seguito del decesso dell’insegnante fasanese.
Come si è sentito quando ha appreso dell’archiviazione?
Molta delusione. E per un motivo preciso. Fin da subito, sia io che la mia famiglia, ci siamo sempre mostrati pacati e non abbiamo mai accusato nessuno. Io stesso scrissi anche ai reparti che avevano curato mia moglie e i miei figli per ringraziarli ma, poi, in una relazione interna all’ospedale, furono loro stessi a sollevare il dubbio che qualcosa non fosse andato in modo adeguato.
All’epoca si mosse un’intera regione e anche il resto del Paese per sostenere quanto il caso fosse complesso. A distanza di quasi un anno ricevere la notizia che il procuratore, pur riconoscendo questa complessità, ha chiesto l’archiviazione, lascia veramente di sasso.
L’avvocato ha annunciato istanza. Che cosa non ha funzionato in ospedale?
Depositeremo a giorni l’istanza di opposizione. All’epoca avevamo prodotto, con l’ausilio di un esperto della materia, un documento per chiedere chiarimenti in merito a determinati momenti intercorsi fino al 17 dicembre, quando arrivammo all’ospedale di Brindisi in condizioni critiche, ma quelle risposte non sono arrivate.
Crediamo che ci siano i presupposti per mettere su un’opposizione e speriamo che un giudice terzo la accolga, così da discutere in un’aula di tribunale quello che ha scritto il procuratore rispetto a quello che chiediamo noi.
Ha ancora fiducia nella magistratura?
Sì, mi fido ancora. Sono fatto così, riconosco il lavoro di tutti. Così come all’epoca non ho messo in discussione la buona volontà dei medici, non lo faccio adesso con il procuratore.
Non sono nessuno per dire “tu hai sbagliato”, dico solo “valutiamo meglio”. Ritengo che non sia stato fatto abbastanza. Sono un lavoratore, ormai un ex ristoratore, e rispetto il lavoro di tutti.
Ha dovuto lasciare il lavoro per seguire i tre bambini?
Sì, ho dovuto lasciare il lavoro. Ero titolare di una mia attività di ristorazione con un marchio. Gli orari del ristoratore non combaciavano con il mio nuovo stile di vita e con il desiderio di dedicarmi a pieno ai miei figli. È chiaro che l’aiuto di genitori, nonni e zii è fondamentale, ma non ho mai pensato di affidare tutto a loro.
Ho pensato che, questa cosa ci sta pagando col tempo, ritornare alla normalità il prima possibile sarebbe stata la cosa più giusta da fare, soprattutto per Emma che ha sette anni e comprende, in parte, alcune cose.
Com’è la vita da ‘mammo’? Come si organizza la quotidianità?
È molto complicata. Ma è bellissima. Vederli crescere quotidianamente è una cosa fantastica. Ho scoperto tantissime cose di cui prima si occupava mia moglie. Certo, ci sono anche momenti di sconforto personali. Si è così stanchi a fine giornata che vorresti ci fosse qualcuno ad aiutarti ma, allo stesso tempo, non vorresti vedere nessuno.
Poi arrivano le domande di Emma che, ovviamente, cambiano perché sta crescendo e io, a volte, faccio scena muta perché non so cosa rispondere, visto che sono le stesse domande che mi faccio anche io. Ci sono alti e bassi, quindi.
Mi preoccupa pensare che, tra poco, quando saranno un po’ più grandi, dovrò raccontare tutto anche ai gemelli, Emilia ed Edoardo. Loro adesso naturalmente non comprendono, metabolizzeranno quello che è successo un domani, in maniera diversa rispetto alla sorella più grande.
Qual è la cosa che le dà la carica e la motivazione per affrontare ogni giornata?
Il sorriso di Emma. È una bimba eccezionale, che ha vissuto per 6 anni la mamma e, dalla sera al mattino, non se l’è più ritrovata. La mia carica più grande è vederla sorridere. Ma sorridere sul serio.
A volte riguardo fotografie in cui eravamo ancora tutti insieme, nelle quali si vede che il sorriso viene da dentro, dal cuore, è spontaneo. Ogni tanto vedo in Emma sorrisi forzati ma, a volte, li vedo come erano prima e quelli sono i momenti che mi rendono felice.
Gli italiani non fanno più figli per varie difficoltà, economiche e sociali. C’è qualcosa che si sente di dire?
Che bisogna fregarsene delle difficoltà. La gioia che portano i bambini è esageratamente grande. Allo stesso tempo però, alla luce di quello che ci è successo, dico anche che non bisogna mai dare per scontata una gravidanza, soprattutto per una donna, perché ci sono aspetti che ti cambiano la vita da un momento all’altro.
Ho messo su una mostra fotografica itinerante che sta girando la Puglia intitolata ‘Il coraggio di diventare mamma’, erano scatti che avevo fatto a mia moglie per raccontare la sua gravidanza e che le regalai nella sua prima festa della mamma, raccolti in un album che si chiamava proprio come la mostra. Un titolo che, purtroppo, non poteva essere più azzeccato.