AGI - "Ho deciso di raccontare la verità perchè soffro ogni giorno per Saman e perchè sia fatta giustizia". Lo ha detto il fratello della giovane pachistana uccisa nel 2021 nel Reggiano perchè avrebbe rifiutato un matrimonio forzato, rispondendo alle domande di un avvocato nel processo per l'omicidio in corso a Reggio Emilia.
"Da quando è morta ho tenuto dentro di me tutto - ha chiarito -. Ora voglio liberarmi: ogni giorno soffro, la notte non dormo. Guardo le foto di Saman che ho appese in camera e sbatto la testa sul muro. E' una cosa che mi porterò dentro tutta la via e penso che se c'è una cosa che mi può aiutare è sfogarmi e dire la verità. E voglio dirla anche perchè voglio che sia fatta giustizia per mia sorella".
Incalzato dalle domande dell'avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio Danish, il fratello di Saman ha assicurato di avere detto "tutta la verità" su quanto raccontato nella scorsa udienza sull'omicidio della sorella. "Sei sicuro che, visto che eri distante dalla scena 28 metri, hai raccontato quello che hai visto coi tuoi occhi e non quello che hai visto nei filmati in tv?", gli ha chiesto il legale. "Sono sicuro", è stata la risposta.
"Ero sull'uscio della porta di casa e la luce che illuminava la scena era quella della casa gialla in fondo - ha aggiunto -. Ho visto bene mio zio e i miei cugini". Il ragazzo, da poco maggiorenne, aveva riferito che lo zio Danish "prese per il collo" Saman. "Hai anche visto che le tappava la bocca?", domanda Cataliotti. Il giovane risponde prima di sì e poi dice di non averlo visto ma di pensarlo "perchè se no lei avrebbe urlato e si sarebbe sentita la voce".
Invitato a spiegare alcuni comportamenti che avrebbero potuto far pensare a una riprovazione da parte sua nei confronti della sorella per i tentativi della ragazza di essere più libera, il fratello di Saman ha affermato: "Io ora mi sento italiano, prima ragionavo in un altro modo perchè ero cresciuto nella cultura della mia famiglia".
Gli è stato chiesto, poi, perchè mandò la foto, diventata virale, del bacio tra Saman e il suo fidanzato ai parenti e per quale ragione definì "cani" i carabinieri parlando con una zia materna. "Io da piccolo ero cresciuto in questa cultura e avevo lo stesso modo di pensare dei miei genitori - è stata la giustificazione -. Mi dicevano che le foto non dovevano essere messe su interntet perchè poi la gente parlava in Pakistan".
"Da piccolo - ha proseguito il fratello di Saman - mi hanno insegnato che non potevo nemmeno fare amicizia con le ragazze perchè era vietato. Non volevo che il mondo vedesse la foto del bacio. Ce l'avevo coi carabinieri, con gli assistenti sociali, col mio avvocato per le stesse ragioni. E' cambiato tutto da quando sono andato in comunità. Oggi penso che i miei familiari hanno fatto una cosa sbagliatissima".
Riferendosi alle responsabilità di Nomanulhaq Nomanulhaq e di Ijaz Ikram, i due cugini imputati per omicidio assieme al padre Shabbar Abbas, alla madre Nazia Shaheen e allo zio Danish Hasnain, il fratello di Saman ha detto che "Noman e Ikram hanno fatto questa cosa per rispetto dello zio che li picchiava".
Il giovane invece ha puntato il dito nei confronti di altri due parenti, Arfan e Fakar, "che hanno forzato tantissimo i miei genitori all'omicidio. Loro dicevano che se avessero avuto una figlia che si comportava così l'avrebbero punita". In questo senso,per il ragazzo questi familiari "sono più colpevoli" rispetto ai cugini che sono imputati.
Ad un certo punto della lunga deposizione, il fratello di Saman ha sollecitato una pausa quando gli è stato domandato se avesse mai visto il padre "fare del male" alla madre. Il ragazzo è apparso scosso alla richiesta di parlare dei rapporti tra i genitori. La presidente del collegio, Cristina Beretti, ha così disposto una sospensione del processo per pausa pranzo dopo avergli chiesto, ottenendo un silenzio come risposta, se avesse paura del padre, presente in aula, da cui lo separa solo un paravento.