AGI - In Italia l’impunità per i reati contro i giornalisti è scesa del 4,7% in tre anni, passando dal 96,7% del 2019 al 92% del 2022, un tasso che resta tremendamente ancora alto, pur migliorando. Lo segnala l’associazione ‘Ossigeno per l’informazione’, onlus che monitora intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani, in particolare contro i cronisti impegnati in prima linea nelle regioni del Mezzogiorno. Ossigeno (acronimo di OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate) ha reso noti questi dati alla vigilia della Giornata mondiale dell’Onu per il contrasto all’impunità dei crimini contro i giornalisti che si celebra ogni anno il 2 novembre.
Il tasso di impunità fornito da Ossigeno – si legge su una nota dell’associazione - è calcolato sul numero degli operatori dell’informazione che hanno subito intimidazioni, e per i quali l’osservatorio ha verificato e certificato che hanno agito nel rispetto della legge e della deontologia professionale. Nel 2022 l’associazione guidata da Alberto Spampinato e Giuseppe Mennella ha censito in questo modo 322 cronisti minacciati. Minacciati di morte, di violenze fisiche ma anche intimiditi dalle tante querele ‘temerarie’ o ‘calunniose’, strumento sempre molto diffuso per spaventare o dissuadere chi denuncia il malaffare o cerca la verità in città o aree del Paese controllate dalla criminalità.
La piaga delle querele temerarie
La percentuale di cronisti che hanno visto processare e condannare il loro aggressore o autore di minacce (fisiche, verbali, legali), o che hanno ottenuto scuse o il ritiro di una querela per diffamazione a mezzo stampa è pari all’8%, si legge ancora nella nota di Ossigeno: ovvero 27 giornalisti minacciati (su 322), che hanno ottenuto una qualche forma di giustizia. Nello specifico, le condanne riguardano il pagamento delle spese processuali, l’arresto o la reclusione dell’autore dell’attacco ingiustificato.
Ad oggi – dunque - non hanno ottenuto giustizia le restanti 295 vittime. Tra queste, 85 (il 26% del totale dei minacciati) ha avuto notizia di indagini in corso da parte delle forze dell’ordine o di avvio di procedimenti giudiziari per l’intimidazione subita. Queste iniziative giudiziarie ancora in corso non possono essere considerate come una punizione dei responsabili, spiega Ossigeno, ma vengono considerate ai fini statistici come una impunità relativa.
L’impunità assoluta, invece, risulta per 210 operatori dell’informazione (66% del totale) per i quali nessuna accusa è stata rivolta formalmente a chi li ha ostacolati. “Il giornalismo in Italia vive molte difficoltà a causa del dilagare di querele per diffamazione che costringono i giornalisti a difendersi in processi penali che nella maggior parte dei casi si concludono con il loro proscioglimento, lasciando tuttavia a loro carico spese e sofferenze”, spiega l’avvocato Andrea Di Pietro, che coordina lo sportello legale di Ossigeno. “Tra le pressioni indebite subite dai giornalisti ci sono, appunto, le querele bavaglio o le cause civili temerarie con richieste di risarcimento danni esorbitanti, azioni legali promosse da chi vuole spegnere le luci dell’informazione per continuare ad agire nell’ombra. Spesso ci chiediamo e altri ci chiedono: il singolo giornalista può fare qualcosa contro le querele bavaglio? La risposta non è semplice da dare, in questo contesto. Ovviamente, scendendo nei dettagli, bisogna fare numerose precisazioni giuridiche. Ma in breve si può dire: sì, in determinati casi e a certe condizioni il giornalista accusato di diffamazione da una querela presentata con la consapevolezza dell’innocenza altrui ha la possibilità di reagire presentando a sua volta una querela per calunnia”.
Aggiunge Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l’informazione e fratello di Giovanni Spampinato, ucciso 51 anni fa a Ragusa con sei colpi di pistola: “In Italia ci sono giornalisti che per anni devono difendersi in tribunale, per anni, da accuse false, che prima che sia provata la loro innocenza devono sopportare sofferenze personali e spese che in molti casi nessuno rimborsa neppure dopo che la loro innocenza è stata sancita da una sentenza. Le procure potrebbero avere un ruolo più vigile e più attivo di fronte a calunnie evidenti contenute nelle querele che trattano: potrebbero reagire procedendo d’ufficio contro i querelanti ogni volta che la malafede emerge dagli atti, dalle indagini, dallo svolgimento di un processo. Questo è possibile senza dover attendere una modifica legislativa. È possibile, accade, ma accade raramente, come mostra il numero di queste vicende processuali”.