AGI - Il settore zootecnico europeo rappresenta il 38,5% dell’intero comparto agricolo per un valore di 206 miliardi di euro con circa 4 milioni di addetti. Questa la fotografia scattata durante l’evento che si è tenuto martedì al Parlamento europeo dedicato alla sostenibilità del settore zootecnico in Ue in occasione della pubblicazione in inglese del volume “Carni e salumi: le nuove frontiere della sostenibilità”. Abbiamo parlato a margine dell’incontro uno degli autori del volume, Giuseppe Pulina, professore di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti all’Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili.
Pulina durante l’evento ha presentato l’utilizzo di nuove metriche per calcolare le emissioni proposte dal team di fisici dell’atmosfera dell’Università di Oxford con diverse pubblicazioni su riviste scientifiche del gruppo Nature.
Il nuovo sistema rivedrebbe sensibilmente l’impatto del settore agricolo “Così ricalcolate le emissioni dell’intero settore agricolo europeo - spiega Pulina - peserebbero non l’11,8% (o il 4,6% se compensate dai riassorbimenti), del totale, ma diventerebbero addirittura negative”.
Da dove nasce la necessità di usare nuove metriche per calcolare le emissioni del settore zootecnico?
Dalla constatazione che il metano, il principale gas climalterante emesso dai sistemi agricoli, e l'anidride carbonica si comportano diversamente in atmosfera. Il primo dimezza la sua concentrazione in circa 10 anni e scompare in 50, mentre la seconda permane per secoli e si accumula progressivamente. In tal senso, la comunità dei fisici dell'atmosfera chiede ai decisori politici di adottare per le valutazioni di impatto climalterante due metriche separate per i gas a vita breve, quali il metano, e quelli a vita lunga quale è la CO2.
Cosa emerge esattamente con le nuove metriche?
Se un sistema produttivo (dalla singola impresa all'intero comparto, dipende su quale scala si effettua le valutazione) riduce le emissioni di metano di appena lo 0,33% all'anno, allora invece che riscaldare l'atmosfera, la raffredda; viceversa, se questo sistema aumenta le emissioni di più del 1% per anno, allora il riscaldamento che ne deriva è di gran lunga maggiore rispetto a quello attualmente calcolato. In altri termini, le metriche in uso trattano allo stesso modo chi stabilizza o riduce le emissioni di metano e chi invece le aumenta in quanto puniscono pesantemente chi si impegna a emettere meno e premiano coloro che invece aumentano queste emissioni.
Come si concilia l’allevamento con la sostenibilità? Una via è possibile?
L'allevamento animale è una attività agricola che emette gas climalteranti (oltre il metano, protossido di azoto e CO2) e questi ultimi gas devono essere ridotti al pari delle emissioni di metano. Tuttavia, l'agricoltura è l'unico settore che emette e assorbe gas serra nello stesso luogo e allo stesso tempo, per cui quando parliamo di filiere del cibo occorre fare il bilancio fra quanto emesso e quanto assorbito dall'agroecosistema. Nel caso dell'allevamento animale italiano, i dati ufficiali (ISPRA e ISTAT) ci dicono che le emissioni dirette degli animali allevati nel nostro paese sono inferiori agli assorbimenti dei sistemi agricoli-pastorali e silvani impegnati dall'allevamento animale, con un sequestro netto di 1,5 milioni di tonnellate nella media dell'ultimo quinquennio.
A livello europeo come si sta muovendo il settore?
Anche in Europa le emissioni di agricoltura e zootecnia sono in calo (-18% negli ultimi 30 anni). Il sequestro di carbonio, invece, sta aumentando, tanto che l'Ue prevede di passare dalle attuali 230 milioni di tonnellate di CO2e alle 310 milioni di tonnellate nel 2030 con l'implementazione delle cosiddette carbon farming. In sintesi, gli agricoltori che dimostreranno di sequestrare carbonio nei suoli e nelle piante saranno incentivati a farlo con sostegni finanziari e con l'apertura di un mercato dei crediti di carbonio credibile e duraturo.